Black Mesa – Recensione

PC

Le rinnovate interazioni con gli NPC regalano micro-momenti di narrazione e battute che aumentano il senso d’immersione

Crowbar Collective non ha solo aggiunto qualche ammennicolo estetico: con un lavoro maniacale ha messo mano al level design per eliminare i punti morti di alcuni livelli ridisegnandoli da zero, ha sistemato qua e là i percorsi per renderli più intuitivi, ha inserito nuovi modelli 3D (alcuni presi direttamente da Half-Life 2) con un conseguente miglioramento delle animazioni, ha modificato alcune peculiarità delle armi rendendo gli scontri a fuoco più simili per intensità e dinamiche a quelli del secondo capitolo e, infine, ha aggiornato i soldati, ora più reattivi a ciò che succede e gustosi da abbattere (non si tratta di Einstein virtuali in mimetica armati di tutto punto, intendiamoci, ma il miglioramento nel feedback dei combattimenti si nota). Ah, quasi dimenticavo: c’è anche la modalità multigiocatore e dieci mappe in cui fare piazza pulita degli avversari.

UN REMAKE DI ALTRI, BELLISSIMI TEMPI

Tutti i momenti salienti, i puzzle e gli elementi caratteristici che hanno reso indimenticabile la prima (dis)avventura di Freeman sono presenti, i livelli sono stati fedelmente ricreati a livello architettonico e amputati delle sezioni superflue, mentre quelli davvero rivoluzionati sono i quattro capitoli alieni sul pianeta Xen, a mio parere (e di tanti altri, me compreso, ndMario) i meno ispirati nel gioco originale, ma che in questa brillante rivisitazione acquistano tutt’altra rilevanza.

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Abbrustolire l’abominio tentacolare regala le stesse croccanti sensazioni di una volta.

Nonostante tali ed evidenti migliorie, l’aspetto più riuscito della produzione resta, appunto, quello sentimentale: sono identiche le vibranti sensazioni percepite attraversando i diciannove capitoli, e questo è sintomo di un lavoro che trasuda puro amore per la magnum opus Valve. Le atmosfere tese o quelle quasi horror di alcune aree sono palpabili e, quando si sente l’abominio tentacolare sbattere ripetutamente contro le pareti del silo, il cuore sussulta allo stesso arrembante modo, facendoci provare vera goduria nel ritrovare quell’emozione intonsa.

da qualsiasi lato lo si ammiri, oggi come oggi è questo il modo migliore per giocare ad Half-Life

Black Mesa offre una riproposizione in chiave moderna di un classico che ha fatto scuola e il risultato è particolarmente apprezzabile, giacché si tratta di un FPS d’altri tempi reso più consono agli standard moderni e fruibile ma che, al contempo, riesce a salvaguardare rispettosamente tutti i pregi e il magistrale pathos dell’originale. Certo, Black Mesa appare pur sempre come una produzione stand alone “nata vecchia”, per le ragioni già citate; penso, tuttavia, che l’obiettivo iniziale sia stato ampiamente raggiunto perché, da qualsiasi lato lo si ammiri, oggi come oggi è questo il modo migliore per giocare ad Half-Life. Personalmente ho una sola vera perplessità, anche se sfocia nel soggettivo: le inedite melodie composte da Joel Nielsen cercano di far risaltare alcuni momenti di tensione, ma non sono convinto al 100% della scelta per via dello stile dei brani, a mio giudizio non sempre appropriato.

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I nuovi capitoli alieni sono decisamente ispirati, migliorati e quindi finalmente degni del resto.

Almeno, questo vale fino al pianeta alieno, dove la colonna sonora mi è sembrata calzare meglio al contesto. Per qualcuno sarà una dolorosa spolverata di sale su una ferita mai del tutto rimarginata, per altri, magari, si tratterà di un ottimo espediente per vivere una delle migliori esperienze single player di sempre, scevra delle spigolosità proprie di un’epoca remota; per moltissimi irriducibili giocatori non più di primo pelo, invece, sarà l’occasione giusta per divertirsi a trovare le differenze. Sicuramente, per ogni appassionato di videogiochi, Black Mesa rappresenta un omaggio imperdibile a un immortale frammento di storia videoludica.

IN BREVE: Black Mesa è un bellissimo e convincente atto d’amore verso un’icona che per molti rimane l’indiscusso non plus ultra dei videogiochi. L’attesa infinita è valsa la pena, perché l’esperienza riesce a far sentire il giocatore nel presente e nel passato allo stesso tempo. Che le fondamenta siano datate si sente e soprattutto si vede, ma più di un nostalgico fan troverà stupefacente la fedeltà della magia che pervade questi ricordi ripuliti da anni di polvere virtuale.

CONFIGURAZIONE DI PROVA: Intel i5-7400, 16 GB RAM, Geforce GTX 1050Ti, SSD
COM’È, COME GIRA: Sono presenti alcuni sporadici bug minori e diverse texture ruvide, ma i caricamenti che spezzano l’azione per qualche secondo sono i veri mattatori dell’analisi tecnica. Niente di grave, ma da segnalare per onestà critica.

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Pro

  • Il modo migliore per (ri)giocare ad Half Life nel 2020.
  • La versione moderna e migliorata di Half Life, senza intaccare la magia dell’originale.
  • Grazie anche al tocco sicuro ma lieve di Crowbar, resta un capolavoro.
  • Migliorati i livelli alieni.

Contro

  • Alcune lievi e ignorabili imprecisioni tecniche.
  • È un remake che può apparire fin troppo vintage (per alcuni però non è un difetto).
9

Ottimo

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