l’istinto che batte lo schema, pensando alla prossima azione in anticipo di una battuta sul ritmo partita, scandendo le distanze per ampie falcate, svuotando barre dello Spirito e caricando quelle del tiro

Hyuga è un attaccante devastante e, pad alla mano, dimostra la potenza del Tiro della Tigre con una percentuale di realizzazione altissima.
Un fondamento di gameplay che fa di coreografia virtù, soprattutto se si affida la palla ai fenomeni come Tsubasa, Hyuga, Misugi, Nitta e alle loro special esplosive, scoprendo poi tutta una serie di sotto-meccaniche, come gli uno-due in velocità, i cross super-calibrati che tagliano fuori mezza difesa e invitano a nozze chi fa del gioco aereo uno stile di vita; e poi le combinazioni tra giocatori affini che sbocciano in giocate da cirque du soleil, e viene da sé l’esempio dei fratelli Tachibana (Derrick, per dio!) con la loro Catapulta Infernale. Tutta questione di tempismo, di visione di gioco e consapevolezza delle posizioni, per cui diventa fondamentale sapere quando iniziare l’azione e avere idea di dove andrà a finire.
Per questo arrivare al gol, dopo aver fiaccato a dovere le velleità del portiere avversario, come un pugile alle corde, è un’esperienza di godimento ludo-sportivo

A livello ambientale non gli si può dire nulla, c’è l’atmosfera, c’è il rumore, e la concitata telecronaca è un tocco di classe.
Il ritmo di gioco è infatti convulso, folle, non c’è tempo per il giro-palla; 12 minuti effettivi che sfiniscono con un’intensità a cui non siamo abituati, spezzanti gloriosamente ogni manciata di secondi da qualche giocata incredibile, prendendosi a pallonate e scivolate, attivando la Zona-V in Zona Cesarini e portando tutti su, all’arrembaggio, dando fondo a tutte le energie (anche nervose) accumulate, senza una strategia ma col sacro intento di buttare in porta palla e portiere. Poi magari, a mente fredda, tra una partita e l’altra ci si rende conto di essere portati a fare un po’ sempre le stesse cose, che un calcio senza (o con poca) tattica spegne un po’ la fantasia in favore della forza bruta, ed è vero, ma diluire un’azione così straripante sarebbe stata la morte di ciò che rende così appassionante l’epica di Captain Tsubasa: il dramma, il pathos.
LO SPIRITO DEL CAMPIONE
La modalità Viaggio, quella prettamente narrativa e finora nascosta, ma soprattutto quella che presentava più incognite. Perché andava adattato lo spirito del manga al videogioco, riuscendo a gestire fasi narrative e calcistiche, presentando in maniera adeguata le partite, le rivalità, la posta in gioco. Lavorando per sottrazione, rispetto alla mole di dialoghi di un anime, per mantenere un ritmo serratissimo anche fuori dal rettangolo di gioco, gli sviluppatori sono riusciti a proporci due episodi: uno che riprende per filo e per segno la linea narrativa del terzo campionato nazionale giapponese, con Tsubasa capitano della Nankatsu, durante l’ultimo anno delle medie, e l’altro, che da quegli avvenimenti prende una strada che porterà alla selezione dei giocatori che rappresenteranno la nazionale giapponese ai mondiali giovanili, accompagnando il nostro giocatore creato da zero (per un totale di circa 25-30 ore in tutto).
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