Captain Tsubasa: Rise of New Champions – Recensione

PC PS4 Switch

l’istinto che batte lo schema, pensando alla prossima azione in anticipo di una battuta sul ritmo partita, scandendo le distanze per ampie falcate, svuotando barre dello Spirito e caricando quelle del tiro

Non stiamo parlando di un gioco di calcio “con le abilità speciali”, ma di abilità speciali con intorno un contesto calcistico. È emblematica in questo senso, come già anticipato in sede di anteprima, la gestione dei dribbling/contrasti, dove diventa fondamentale saper leggere le intenzioni dell’avversario come in un beat ‘em up per poi reagire con una mossa vincente e contraria. Perché se scartare un avversario in corsa è roba facile, saltarne secco un altro (e un altro ancora) in slancio, in preda alla foga, è questione di abilità manuale e scelta di quale dorsale premere, portando ad avere un vantaggio decisivo, riempiendo la barra della Zona-V, rinvigorendo lo Spirito, aumentando le statistiche di chi riceverà il passaggio o permettendo al giocatore di caricare in un lampo il tiro dopo aver accumulato una forza cinetica devastante.

captain tsubasa rise of new champions recensione

Hyuga è un attaccante devastante e, pad alla mano, dimostra la potenza del Tiro della Tigre con una percentuale di realizzazione altissima.

Un fondamento di gameplay che fa di coreografia virtù, soprattutto se si affida la palla ai fenomeni come Tsubasa, Hyuga, Misugi, Nitta e alle loro special esplosive, scoprendo poi tutta una serie di sotto-meccaniche, come gli uno-due in velocità, i cross super-calibrati che tagliano fuori mezza difesa e invitano a nozze chi fa del gioco aereo uno stile di vita; e poi le combinazioni tra giocatori affini che sbocciano in giocate da cirque du soleil, e viene da sé l’esempio dei fratelli Tachibana (Derrick, per dio!) con la loro Catapulta Infernale. Tutta questione di tempismo, di visione di gioco e consapevolezza delle posizioni, per cui diventa fondamentale sapere quando iniziare l’azione e avere idea di dove andrà a finire.

Per questo arrivare al gol, dopo aver fiaccato a dovere le velleità del portiere avversario, come un pugile alle corde, è un’esperienza di godimento ludo-sportivo

Per questo arrivare al gol, dopo aver fiaccato a dovere le velleità del portiere avversario, come un pugile alle corde, è un’esperienza di godimento ludo-sportivo che ha pochi eguali, per drammaticità dell’azione, tensione e fatica. L’opera diventa quindi una pirotecnica esibizione, uno spettacolo acrobatico, plateale, senza interruzioni arbitrali, superflue in uno sport dove la rivalità arde negli occhi dei ventidue in campo, ma dove anche un intervento da tergo in gamba tesa è sempre pulito sul pallone. Atterrare l’avversario lanciato in porta, mentre sta caricando un tiro al fulmicotone, è atto di umiliazione sportiva e supremazia fisica, fregargli la palla in corsa è pura furbizia, consapevoli che di lì a qualche secondo gli avversari potranno ripagarci con la stessa moneta, spezzando in due la giocata e ripartendo in contropiede.

A livello ambientale non gli si può dire nulla, c’è l’atmosfera, c’è il rumore, e la concitata telecronaca è un tocco di classe.

Il ritmo di gioco è infatti convulso, folle, non c’è tempo per il giro-palla; 12 minuti effettivi che sfiniscono con un’intensità a cui non siamo abituati, spezzanti gloriosamente ogni manciata di secondi da qualche giocata incredibile, prendendosi a pallonate e scivolate, attivando la Zona-V in Zona Cesarini e portando tutti su, all’arrembaggio, dando fondo a tutte le energie (anche nervose) accumulate, senza una strategia ma col sacro intento di buttare in porta palla e portiere. Poi magari, a mente fredda, tra una partita e l’altra ci si rende conto di essere portati a fare un po’ sempre le stesse cose, che un calcio senza (o con poca) tattica spegne un po’ la fantasia in favore della forza bruta, ed è vero, ma diluire un’azione così straripante sarebbe stata la morte di ciò che rende così appassionante l’epica di Captain Tsubasa: il dramma, il pathos.

LO SPIRITO DEL CAMPIONE

La modalità Viaggio, quella prettamente narrativa e finora nascosta, ma soprattutto quella che presentava più incognite. Perché andava adattato lo spirito del manga al videogioco, riuscendo a gestire fasi narrative e calcistiche, presentando in maniera adeguata le partite, le rivalità, la posta in gioco. Lavorando per sottrazione, rispetto alla mole di dialoghi di un anime, per mantenere un ritmo serratissimo anche fuori dal rettangolo di gioco, gli sviluppatori sono riusciti a proporci due episodi: uno che riprende per filo e per segno la linea narrativa del terzo campionato nazionale giapponese, con Tsubasa capitano della Nankatsu, durante l’ultimo anno delle medie, e l’altro, che da quegli avvenimenti prende una strada che porterà alla selezione dei giocatori che rappresenteranno la nazionale giapponese ai mondiali giovanili, accompagnando il nostro giocatore creato da zero (per un totale di circa 25-30 ore in tutto).

Continua nella prossima pagina…

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Pro

  • Un travolgente action game travestito da calcistico, reso spettacolare dall’enfasi e dal ritmo delle partite / Narrazione emozionante, tesa, epica / Il multiplayer online è un valore aggiunto clamoroso.

Contro

  • IA non sempre temibile come vorrebbe far credere / Un po’ di ripetitività nell’azione si sente, alla lunga.
8.5

Più che buono

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