Degrees of Separation - Recensione

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Ember e Rime si dividono il mondo. Sembra una di quelle frasi altisonanti che si usano solo per i grandi protagonisti della scena internazionale, per esempio “Trump e Putin si dividono il mondo”, ma nel caso dei due protagonisti di questo gioco, beh, non potrebbe esserci una frase più indovinata. Perché Ember e Rime condividono uno strano potere, quello di portare con sé due stagioni e, soprattutto, due livelli di temperatura ambientale completamente diversi, provocando il gelo istantaneo ovunque si trovi Rime, e una calda e radiosa estate ovunque ci sia Ember. Ma se i due capitano nello stesso luogo?

UN MONDO A METÀ

Degrees of Separation è l’ultimo rappresentante di un genere che, ultimamente, sta mostrando un’inaspettata vitalità, quello dei platform game collaborativi a enigmi. Così come in Golem e in Another Sight, tanto per citare due recenti rappresentanti della categoria, anche in questo caso abbiamo due protagonisti diversamente dotati e obbligati a collaborare per salvare il mondo. Un po’ come capitava in Giana Sisters: Twisted Dreams, l’ambiente cambia in base al personaggio che lo attraversa. Rime congela istantaneamente qualsiasi pozza d’acqua e può camminare sul ghiaccio, ferma i geyser e spegne le torce nelle vicinanze. Ember, al contrario, scioglie il ghiaccio e la neve, può camminare sott’acqua, riaccendere le torce e volare via come una foglia, spinta dal vapore emesso dai geyser.

Un po’ come capitava in Giana Sisters: Twisted Dreams, l’ambiente cambia in base al personaggio che lo attraversa

Nessuno dei due, da solo, può superare gli ostacoli che si parano di fronte (principalmente elementi naturali e meccanismi messi appositamente lì da qualcuno) e, per tanto, la loro collaborazione è la chiave per il successo. La novità di Degrees of Separation, però, è la contemporaneità sulla scena, divisa in un ambiente parzialmente estivo e parzialmente invernale in base alla posizione dei due ragazzi. Come attori principali dell’azione, possiamo decidere chi controllare e fare sì che l’altro/a si fermi dov’è o ci segua automaticamente. Se i due si allontanano troppo l’uno dall’altro, la linea di confine tra caldo e freddo si annerisce e lascia spazio a uno split screen, in modo che sia sempre possibile sapere dove si trovino entrambi. Di fatto, l’azione è semplicissima e naturale, ma occorrerà ragionare molto bene sulle peculiarità di Ember e Rime per ottenere lo scopo: raccogliere tutti i tappeti che un re ha disseminato, in luoghi difficili da raggiungere, lungo i livelli del gioco.

UN NOBILE PEDIGREE

La semplice, ma nel contempo elegante linearità di Degrees of Separation non deve stupire. Fra i collaboratori dello sviluppatore Moondrop figura infatti un nome di assoluto prestigio, quello di Chris Avellone: entrato nel mondo dei videogiochi nel lontano 1995 con Interplay, ha svolto il lavoro di sceneggiatore e di game designer per decine di titoli di successo, tra cui ci piace ricordare Fallout 2, Icewind Dale (I e II), Baldur’s Gate: Dark Alliance, Star Wars Knights of the Old Republic II: The Sith Lords, Neverwinter Nights 2, Prey (quello di Arkane Studios, uscito nel 2017) e molti altri ancora. Un game designer di richiamo, però, può fare ben poco da solo.

Lo stile grafico è ricco di dettagli, gradevole e molto pulito

Fortunatamente, chi si è occupato del codice e degli aspetti artistici del gioco ha mostrato grande perizia nell’uso degli strumenti a sua disposizione. Lo stile grafico è ricco di dettagli, gradevole e molto pulito: l’istantaneità con cui ogni oggetto nella scena passa da una versione estiva a una invernale – e viceversa – è a dir poco sorprendente. Non è certo la prima volta che vediamo gli shader usati in questo modo, né si tratta del primo split screen in assoluto, ma a chi ha iniziato a giocare con un Commodore 64, vedere lo schermo dividersi in due da una linea obliqua che cambia angolazione e, nel contempo, due porzioni di schermo scorrere in direzioni totalmente diverse senza l’ombra di uno scatto, o di un rallentamento, fa sempre una certa impressione: poco importa se in realtà le GPU attuali sono perfettamente in grado di fare questo e altro. È notevole anche la possibilità di giocare in multiplayer cooperativo, consentendo a due persone diverse di affrontare gli enigmi coordinando le proprie mosse. Questo platform, a suo modo, è anche narrativo: una voce fuori campo, con i sottotitoli in italiano, alle volte commenta quello che sta accadendo nel gioco come se stesse raccontando una fiaba. Perché di una favola si tratta, alla fin fine, dipinta in modo delicato ma da consumare con la materia grigia.

Degrees of Separation è un piccolo gioiellino, in un panorama che si sta facendo sempre più affollato e ricco di aspettative. Le soluzioni tecniche, semplici ma di sicuro effetto, unite a un game design intelligente, fanno di questo gioco un piacere non solo da vedere e da sentire, ma anche da giocare. Destinato principalmente a un pubblico pervicace, questo platform soffre soltanto di un po’ di ripetitività e di una poco chiara gestione dei salvataggi (i livelli sono lunghi da affrontare e si ricomincia dall’inizio dell’ultimo raggiunto), ma per il resto si dimostra una gradevole sfida, da affrontare poco per volta, meglio ancora se in compagnia. Bisogna, però, che entrambi i giocatori siano molto pazienti!

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Pro

  • Sembra un po’ di giocare una fiaba.
  • Tecnicamente ineccepibile, per grafica e suono.
  • Talvolta sorprendente e graziosamente impegnativo.

Contro

  • Ripetitivo: i livelli tendono a essere piuttosto lunghi.
  • Le azioni dei due personaggi vanno fin troppo coordinate.
8.4

Più che buono

Diffidate delle imitazioni. Il vero prototipo di tecno-nerd ce l’abbiamo noi e si chiama Paolo Besser. La CBS vorrebbe darci un sacco di soldi per un suo cameo in un episodio di BIg Bang Theory, ma il nostro rifiuto è netto e deciso: dopotutto, sapete che figura barbina farebbe fare a Leonard e Sheldon?

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