Detroit: Become Human – Recensione

PS4

Che il mondo dei videogiochi sia protagonista di una costante crescita è un fatto assodato, sotto gli occhi di tutti. E non mi riferisco solo ai passi in avanti in termini di vendite o al progresso tecnologico, ma anche alla capacità di affrontare tematiche adulte. Argomenti importanti che vengono utilizzati per costruire storie che, oltre a divertire, sono concepite anche per far riflettere. Questo è il caso di Detroit:Become Human, neonato di Quantic Dream ambientato in un futuro in cui gli androidi hanno iniziato a sviluppare dei sentimenti e a rivendicare i propri diritti. Un’avventura in cui la componente fantascientifica viene utilizzata come punto di partenza per una trama dalle forti tinte sociali, in cui si parla di accettazione del diverso, di integrazione, di ricchezza e povertà. Il risultato? Decisamente interessante…

ANDROIDI CONTRO UMANI

L’incipit narrativo alla base di Detroit Become Human non è particolarmente originale. Pur partendo da premesse già esplorate, tuttavia, Quantic Dream è riuscita a sviluppare una storia avvincente, che fonde situazioni marcatamente action a tutta una serie di saliscendi emotivi in cui sarete costretti a prendere decisioni con importanti ripercussioni sulla vita dei tre protagonisti. Protagonisti che compongono un trio vario ed eterogeneo, le cui enormi differenze spiccano come ulteriore punto di interesse; le vicende di Kara, Markus e Connor presentano tratti diversi, a volte diametralmente opposti, che permettono di seguire l’evolversi dell’avventura da più punti di vista.

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La componente fantascientifica viene utilizzata come punto di partenza per una trama dalle forte tinti sociali

Con Connor entriamo in contatto con l’androide perfettamente funzionante, pronto ad agire in maniera razionale per eseguire il compito per cui è stato chiamato. Una macchina in tutto e per tutto, che contrasta con i sentimenti e le visioni di Kara e Markus: la prima rappresenta la componente più familiare, con una storia che racchiude, in un ambito più circoscritto, i temi di integrazione e diversità alla base del gioco; il secondo, invece, trasporta questi argomenti su scala globale, creando un movimento per i diritti degli androidi che può essere più o meno pacifico a seconda delle scelte. Tre strade che si sviluppano e si incrociano, seguendo le quali avrete modo di imbattervi in un cast abbastanza vario e ben caratterizzato. In bilico tra diffidenza e fiducia, altruismo e tradimenti, menzogna e verità, dovrete operare scelte ben ponderate, che serviranno per determinare i rapporti personali con i numerosi umani e androidi con cui interagire. Difficile non provare affetto per alcuni personaggi, così come è altrettanto ostico non percepire l’odio (o anche solo la ripugnanza) verso gli altri. Ed è molto probabile che vi succeda, come accaduto al sottoscritto, di trovarvi a sorridere perché “oh, quello se l’è meritata” oppure perché, a conti fatti, “per fortuna non gli è successo nulla”. Il percorso da seguire fino ai titoli di coda è abbastanza tortuoso, con qualche colpo di scena alquanto telefonato che non intacca la bontà complessiva dell’avventura. Un’esperienza coinvolgente a prescindere dalle decisioni prese, anche grazie a un sistema di causa ed effetto che funziona in maniera egregia.

FACCIO QUEL CHE VOGLIO

Detroit Become Human ripropone le dinamiche di gioco già sperimentate nei precedenti lavori di Quantic Dream. Una struttura quindi semplice, basilare, che non dispone di elementi ludici in grado di proporre alcun tipo di difficoltà, ma che racchiude tutta la sua forza intorno al concetto di libertà di scelta. Per quanto sia palese che, per ovvi motivi, il dipanarsi degli eventi segua dei binari base progettati dagli sceneggiatori, la quantità di ramificazioni disponibili è tale da garantire una notevole diversificazione. Basta dare un’occhiata ai diagrammi che al termine di ogni sequenza mostrano le scelte fatte per accorgersi di quante siano le variabili possibili, e di come anche azioni all’apparenza banali (ad esempio, aprire un cassetto) possano sbloccare nuove strade e portare a sviluppi alternativi.detroit become human recensione

La quantità di ramificazioni disponibili è tale da garantire una notevole diversificazione dei playthrough

I momenti in cui è necessario agire d’istinto, con pochi secondi per prendere una decisione, si affiancano a situazioni in cui si ha più tempo per riflettere e dare vita, così, a una storia in cui si ha davvero la sensazione di essere attori protagonisti – e non semplici spettatori guidati verso un finale tramite un percorso predefinito. Se poi, come chi scrive, appartenete alla categoria dei “giocatori curiosi”, sarete sicuramente attratti dall’idea di affrontare una seconda volta tutta l’avventura (o anche solo una porzione, grazie a un sistema di checkpoint posizionati in corrispondenza di alcune situazioni chiave) per sperimentare soluzioni differenti. Interessante la presenza di due livelli di difficoltà, soprattutto se volete introdurre qualcuno al mondo dei videogiochi. Intendiamoci, Detroit Become Human non è un titolo complicato in senso assoluto, e la sua struttura fatta di blanda esplorazione, osservazione e dialoghi non dovrebbe creare problemi a nessuno, ma agevolare ulteriormente le cose nelle poche sezioni action incentrate sui quick time event rende il tutto estremamente fruibile anche a chi non ha mai preso un pad in mano.

IN GIRO PER DETROIT

Il forte messaggio di fondo di Detroit Become Human è veicolato da un comparto tecnico efficace in ogni sua componente, da vivere e rivivere attraverso la cangiante struttura del gioco.

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Markus, Kara e Connor rubano la scena, ma in generale è tutto il cast a funzionare

Come in Heavy Rain e Beyond Two Souls, grande cura è stata posta nella realizzazione dei personaggi, caratterizzati in maniera eccellente in ogni minimo dettaglio. Markus, Kara e Connor rubano la scena, ma in generale è tutto il cast a funzionare, anche grazie a una “recitazione” in motion capture sempre convincente, naturale e mai sopra le righe. Contribuisce a creare un ottimo feeling anche la pregevole localizzazione, attenta e precisa in ogni sua parte. Merita un’ampia promozione anche la Detroit in versione 2038, una città ancora ricca di contrasti, nella quale le soluzioni avveniristiche delle zone più ricche convivono con la miseria e la povertà dei quartieri più disagiati. Un futuro non molto diverso, per certi versi, dal nostro presente, elaborato per suggerire un istantaneo senso di immedesimazione.

Detroit: Become Human è sicuramente l’opera più riuscita di David Cage. Partendo dalle dinamiche di gioco già sperimentate in Heavy Rain e Beyond Two Souls, il team di Quantic Dream è riuscito a dare vita a una storia interessante e coinvolgente, che utilizza l’ambientazione fantascientifica e gli androidi come pretesti per trattare temi di sociali di notevole rilevanza. Un paio di sequenze leggermente sottotono non influiscono più di tanto su un’esperienza di gioco decisamente appagante, in cui si ha davvero la sensazione di aver voce in capitolo, grazie alla notevole quantità di variabili a disposizione.

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Pro

  • Trama con tematiche interessanti.
  • Ottima gestione dei bivi narrativi.
  • Comparto tecnico di alto livello.

Contro

  • Qualche sequenza non pienamente convincente.
  • Sistema di checkpoint migliorabile.
8.9

Più che buono

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