nel corso degli anni abbiamo aiutato il generale Custer a stuprare le ragazze indiane sull’Atari 2600, ci siamo intrattenuti con le spogliarelliste di Duke Nukem 3D, picchiato a sangue neri e prostitute in Double Dragon e tanto altro ancora
Ora, però, facciamo uno sforzo e pensiamo al nostro hobby preferito. Qui, i giochi che sono andati via col vento risalgono al massimo agli anni ottanta. C’è solo da sbizzarrirsi: nel corso degli
anni abbiamo aiutato il generale Custer a stuprare le ragazze indiane sull
’Atari 2600, torturato innocenti in
Chiller, decapitato lottatori avversari in
Barbarian, picchiato a sangue
neri e prostitute in Double Dragon, aiutato quel porcellone di
Larry Laffer a soddisfare i suoi istinti, ci siamo intrattenuti con le
spogliarelliste di Duke Nukem 3D, spiaccicato pecorelle e pedoni con l’auto di
Carmageddon, commesso ogni genere di crimine con
Postal e
GTA e, qualcuno potrebbe rinfacciarcelo per l’eternità, ci siamo divertiti un sacco. Giochi che hanno destato tante polemiche, a volte giustificate, altre pretestuose, ma che ciascuno di noi ha sempre interpretato per ciò che erano:
fiction. Talvolta becera e ultraviolenta, ma pur sempre finzione.

Anche senza toccare questa o quell’opera, senza ipocrisia potremmo partire con l’evidenziare l’enorme mole di manifestazioni razziste, omofobe o sessiste al di fuori del mondi di pixel, nella realtà che gli sta intorno
Cosa potrebbe accadere se un giorno vincessero l’autocensura e l’autotutela anche nel “nostro” mondo? Probabilmente vedreste vecchi giocatori recitare
coccodrilleschi ‘mea culpa’ flagellandosi sulla bacheca di Facebook, vergognarsi come dei ladri per aver ingurgitato pillole di chissà-che-cosa tra i corridoi di
Pac Man, o giovani youtuber cercare invano di spiegare cosa fosse la guerra fredda, e perché in
Raid over Moscow gli americani tentassero pervicacemente di radere al suolo una città così bella. Eh sì, a ben pensarci, molti dei giochi di allora se lo meriterebbero, un bel dibattito. Ma, prima di pensare ai capolavori di quaranta anni fa, noi giocatori di oggi
dovremmo prestare più attenzione a quello che diciamo nelle chat di e-sport e affini. Pare, infatti, che durante le partite in multiplayer abbondino i
commenti razzisti, omofobi, sessisti, e che non si tratti di pochi casi isolati.

la differenza fondamentale tra picchiare lo zarro dalla pelle nera in Double Dragon e insultare un campione come Terrence “TerrenceM” Miller mentre gioca sta proprio nel fatto che l’uno è digitale e l’altro no
Ecco, la differenza fondamentale tra picchiare lo zarro dalla pelle nera in
Double Dragon e insultare un campione come
Terrence “TerrenceM” Miller mentre gioca sta proprio nel fatto che l’uno è digitale e l’altro no, è in carne e ossa, e ha un cuore come tutti noi. Che senso ha prendersela coi
colori dei pixel, ragionare sulle rappresentazioni delle “razze” nei film, o ancora indignarsi per la
sessualizzazione dei personaggi femminili nei videogiochi, quando gli avversari dall’altro lato del modem sono “negri” o “puttane”, quando
le ragazze impiegate nell’Industry vengono pagate meno dei colleghi maschi, e a essere sospettato per primo è sempre l’uomo nero? Per superare questi problemi bisogna cambiare la mentalità, non nascondere le parole e le immagini sotto a un tappeto:
l’ipocrisia non ha mai risolto niente.
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