Elogio della meta-mediocrità – Editoriale

Spari, usi le abilità, ti diverti, gameplay loop, fine delle menate. E i ghirigori ludici? I fronzoli di design? Gli ammennicoli? Manco un orpello piccolino? Nada de nada. Circolare, forza

Ho apprezzato molto la presa di coscienza generale, sia della critica sia del pubblico, circa l’obiettivo principale del gioco: intrattenere. Mi sono piaciuti anche i commenti di diversi utenti sui social che, tanto lucidamente quanto serenamente, hanno sottolineato con grande onestà intellettuale quanto il gioco sappia divertirli nonostante le evidenti lacune. Nell’ultimo periodo, sbocconcellando stralci d’opinione pubblica postati a corredo di alcune recensioni, ho avuto l’impressione che la via di mezzo fosse estinta per molti individui, come se tutto si potesse sempre liquidare con pollice su e pollice verso.

mediocrità editoriale

In questo senso ricordo che mi aveva colpito l’accoglienza riservata a The Medium (75/PC), il titolo di Bloober Team: bellissimo o bruttissimo, inconcepibile un verdetto meno netto o almeno questo era ciò che, a mio avviso, traspariva da un significativo campione di pareri pop sul web (nel suddetto caso specifico ritengo c’entrasse in parte il discorso hype da next-gen, ma questa è un’altra storia). Nella sua sfilata non priva di inciampi, Outriders mi ha rammentato che al mondo non esistono solo il bianco e il nero, per fortuna ci sono innumerevoli sfumature che ci aiutano a colorare ogni aspetto della nostra esistenza e i videogiochi non fanno eccezione.

PASSIONE NELLA TERRA DI MEZZO

Il nostro medium non è composto solamente da candidati al GOTY e da titoli buoni per lo scaffale, nel mezzo si agita una sconfinata tonnara di produzioni più o meno consapevoli di chi sono, chi non possono essere e dei gusti del target di riferimento. In fondo conoscere i propri limiti è il primo passo per superarli, no? Che poi in questo vivaio sterminato si possono fare incontri inaspettatamente coinvolgenti, un po’ come quando, a dispetto di ogni previsione, scatta il colpo di fulmine con una persona che “io e te? Mai!”.

capita che la mediocrità si faccia bella e senza preavviso ti seduca mascherando abilmente i suoi limiti

Allo stesso modo capita che la mediocrità si faccia bella e senza preavviso ti seduca mascherando abilmente i suoi limiti, nascondendo i bitorzoli sotto un tappeto di feature azzeccate che aiuta a ignorare le sbavature. Naturalmente bella non significa bellissima, asperità e ruvidezze ci sono in queste proprietà intellettuali cui talvolta è particolarmente difficile assegnare un voto numerico, ma il punto è un altro: non è raro che un videogame di questa risma sappia appassionarci quanto i cosiddetti mostri sacri.

Ripensando alla generazione passata, mi sono accorto che alcuni dei giochi che più mi hanno conquistato sono – metacriticamente parlando – distanti anni luce da un pezzo da novanta+ come Red Dead Redemption 2 (93/PC). Eppure, nonostante tutto, a suo tempo ho perso la testa per Dying Light (75/PC) di Techland, ad esempio. Avete presente, no? Action-adventure in prima persona tecnicamente un po’ sporco, zombie, trama banalotta e tanto, tantissimo parkour. L’ho spolpato lentamente, con gusto e soddisfazione indicibili, quasi fossi stato io stesso uno di quei mangiacarne e l’odissea di Kyle Crane la mia vittima.

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