Cinque anni di Switch: il successo della via ibrida

C’è un parallelo curioso che continua a rimbalzarmi in testa e riassume molto bene la “rinascita” di Nintendo dal disastroso periodo Wii U. Nel 2006 il boom di Wii fu indissolubilmente legato al bundle con Wii Sports, system seller da manuale con cui mostrare le potenzialità del controllo di movimento nei videogiochi, aprendo un mercato totalmente nuovo e attirando nella sua orbita tantissimi non-giocatori; il resto è Storia. Tra qualche giorno invece, ormai giunti (quasi) a fine ciclo, Switch Sports arriverà sugli scaffali come un accessorio di lusso in una line-up già completa, solidissima, quella di una console che ha appena superato le vendite di Wii (103 milioni di unità, una cosa quasi impronosticabile nel 2017), in una sorta di ideale passaggio di consegne tra due hardware di straordinario successo, per motivi opposti.

LUNGA VITA A NINTENDO SWITCH

Se il boom di Wii (e anche di Nintendo DS, non dimentichiamolo) fu sicuramente dettato da un’innovazione che sembrava avrebbe dovuto cambiare totalmente il modo di intendere il videogioco (cosa che non successe, aiutando però indirettamente lo sviluppo dell’attuale scena VR), quello di Switch è dettato da una serie di concause rivelate dalla sua stessa natura ibrida che riassume 40 anni di business. Nuovi capitoli delle IP più prestigiose accompagnati da remake e remaster di vecchie glorie, i controlli di movimento (invero poco sfruttati) e la fondamentale portabilità, la solidità casalinga (nonostante l’hardware perennemente indietro di una generazione, se non un paio attualmente) e una fruibilità sempre molto “casual”, tra party e gameplay adatti ad ogni età e stile di vita, con una natura di per sé basata sul rispetto del tempo del giocatore.

Cinque anni di Switch

La scena iconica con cui Switch si è presentata al mondo (curiosamente, io lo giocai invece su Wii U!)

Alla sua uscita, illuminata dal faro Breath of the Wild, ci si chiese giustamente che direzione potesse prendere, a chi potesse interessare questa roba coi controller che si staccano e riattaccano. Solo oggi è chiaro quanto il progetto abbia effettivamente tagliato in diagonale il mercato, intercettando quasi ogni categoria di giocatore. Dal “nintendaro” incallito a chi aveva necessità di una nuova console portatile dopo 3DS (smentendo anche in parte quella “cannibalizzazione” del settore da parte del mondo mobile che, in presenza di una solida alternativa, non può arrivare al monopolio, pur mantenendo un rapporto di 99 contro 1, circa). Chi l’ha battezzata come prima console Nintendo in assoluto da affiancare a un PC, PS4 o Xbox, chi aveva ignorato la poco attraente Wii U (13 milioni di unità vendute in 5 anni, una miseria), intrigando un po’ chiunque col suo aspetto giocattoloso, nuovo, ammiccante e una line-up variegata (pur mettendoci almeno un paio d’anni a raggiungere una certa solidità) che va dal goloso al top di genere con quell’allure da produzione kolossal che forse mancava da qualche anno.

IL SUCCESSO DELLO SWITCH NON È FRUTTO DEL CASO, NASCE ANCHE DA UNA RISTRUTTURAZIONE INTERNA A NINTENDO

Un risultato non casuale che nasce dalle fondamenta societarie, rimodellando la sua struttura di “research & development” in un processo iniziato durante la gestione Iwata e concluso dopo la sua prematura scomparsa, che prevedeva l’accorpamento dei team “portable” e “home console” in vista del “progetto NX”, promuovendo e responsabilizzando al contempo anche studi satellite come il canadese Next Level Games e Good-Feel, oggi responsabili rispettivamente delle serie dedicate a Luigi’s Mansion e Yoshi, oltre che credere, ad esempio, nella visione del nuovo Metroid bidimensionale portata avanti da MercurySteam dopo il buon Samus Returns (3DS). Diventando parallelamente anche un prezioso spazio per lo sviluppo indipendente, cui Nintendo ha tacitamente affidato il compito di riempire i momenti di vuoto tra le uscite delle proprie produzioni, fino a firmare vere e proprie partnership, come quella con Brace Yourself Games, autori di Crypt of the Necrodancer, per la creazione di Cadence of Hyrule, e ancora allo sfortunato Advance Wars 1+2: Re-boot Camp sviluppato da WayForward e rimandato a tempo indeterminato causa tematiche assonanti all’attuale conflitto in Ucraina.

Questo è un gesto che non avevamo mai fatto, staccare un pezzo di console per condividerla o giocare sulla TV.

Tutto questo ha permesso a Nintendo di mettere in piedi una macchina produttiva che oggi, al netto dei ritardi accumulati nel primo anno di pandemia, gira a pieno regime garantendo sempre un certo numero di uscite first party all’anno a cadenza regolare, consentendo ai team più prestigiosi di lavorare con relativa calma (non ultimo il rinvio di Breath of the Wild 2 dal 2022 al 2023). Un progetto a lungo termine che ha segnato un punto di svolta e ha permesso all’azienda di Kyoto di sopravvivere prima e poi rilanciare quando sembrava ormai schiacciata nella morsa del mercato mobile da una parta e dalla supremazia tecnologica della concorrenza PC/console dall’altra. Una “terza via” che non sembrava percorribile, sterrata, dissestata, quasi un azzardo finale, dentro o fuori, che alla fine ha visto Switch diventare una sorta di punto d’incontro di tutte le console/filosofie Nintendo, ricordando a tratti Game Boy, a tratti Nintendo 64, SNES, Wii e Nintendo DS (mentre Wii U ci si è proprio reincarnata dentro, line-up compresa); una via probabilmente a senso unico, sicuramente fin quando il pubblico continuerà a supportare questo format che sembra finalmente conciliare tutte quelle anime produttive e creative che convivono in quell’orbita.

ANCHE LA CONCORRENZA SI È TROVATA COSTRETTA A IMPARARE DAL SUCCESSO DELLE POLITICHE NINTENDO

Una formula sul cui solco si messi soprattutto Valve e Microsoft, la prima con Steam Deck, la seconda con xCloud e Game Pass, che in coppia ad un controller possono trasformare ogni smartphone o table in una minacciosa macchina da gioco (tradizionale) portatile (Google con Stadia sembra invece ormai defilata). Una concorrenza nuova che in questi anni Nintendo non ha praticamente avuto e che dovrà spingerla a puntare ancora di più su quel “fattore N” che ha sempre determinato, in sua presenza o assenza, il successo o fallimento delle sue macchine, facendo nel frattempo attenzione a rinnovare e sviluppare una nuova infrastruttura online (così come dei servizi in abbonamento offerti, partendo magari dalla recente inclusione dei DLC nel canone mensile) e sperando in un nuovo hardware abbastanza performante da permettere di non dover scendere a compromessi, almeno sulle produzioni interne, che oggi mostrano ovviamente il fianco a livello di risoluzione su TV 4K e, talvolta, frame rate.

Cinque anni di Switch

Takahashi e Koizumi sono coloro che hanno raccolto il testimone di Iwata come “facce” di Nintendo al pubblico, spesso presentatori dei Direct, rispettivamente general manager e vicedirettore di Nintendo EPD, entrambi in passato con le mani in pasta nello sviluppo.

Il vero vantaggio che Nintendo ha però costruito sulla concorrenza, dalla disastrosa presentazione di Wii U all’E3 2011 e ancora grazie alle idee di Iwata, è tutto nella comunicazione, nel modo di raccontare le sue eccellenze, con i Direct ad assottigliare clamorosamente la distanza tra consumatore e azienda, con gli stessi dirigenti a metterci la faccia, a volte un po’ impacciati e buffi ma per questo capaci di creare un’empatia particolare. Un esempio seguito ormai da tutte le major, tra alti e bassi (il caso degli ultimi State of Play di Sony è emblematico del fatto che non sia comunque un tipo di comunicazione “sul velluto”). Un modello che in questi anni ha contribuito alla fidelizzazione (un po’ sul pionieristico stile Apple) e alla creazione di un senso dell’hype più sano e rilassato, con informazioni sui giochi circoscritte a questi eventi e, imparando dalla lezione di Metroid Prime 4, tendenzialmente mai troppo in anticipo sui tempi di pubblicazione (anche se Bayonetta 3 lo aspettiamo da 4 anni). Un fattore determinante nel creare fiducia verso la prossima console.

Uno dei (pochi) passi falsi di questi 5 anni. L’affaire Metroid Prime 4 è stato un pasticcio, dall’annuncio al riavvio dei lavori, passati da Bandai Namco a Retro Studios. L’uscita sembra ancora lontana, fortunatamente Dread si è rivelato un gran Metroid.

Insomma, che dire, buon compleanno Switch (con qualche giorno di ritardo) e 100 di questi anni, perché un’industria in salute non può prescindere dai suoi attori protagonisti e da una concorrenza giocata a colpi di qualità. E qui sarebbe effettivamente bello chiudere con quel “clac” che è diventato l’effetto sonoro simbolo di Switch e che sicuramente leggendo questa riga vi è subito entrato nelle orecchie; missione compiuta!

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