INDIKA – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Dall’Europa dell’Est arriva INDIKA, un’avventura dinamica in terza persona che ci invita a riflettere su tematiche tipicamente trattate dagli autori esistenzialisti di fine Ottocento e inizio Novecento.

Sviluppatore / Publisher: Odd Meter / 11 bit studios Prezzo: N.D. Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 16+ Disponibile Su: PC (Steam, GOG, Epic Games Store), PS5, Xbox Series X|S Data di Lancio: 2 maggio 2024

Credo di aver speso più tempo a pensare al significato di INDIKA provando a decifrare molte delle sue sequenze, piuttosto che a giocare effettivamente all’avventura di Odd Meter. D’altronde l’ho portata a termine in due sessioni in altrettante serate, per un totale di cinque ore scarse, ma le peripezie di questa suora cristiana ortodossa che dialoga con il diavolo mi sono rimaste impresse molto più a lungo.

Ancora adesso, mentre butto giù queste righe, mi tornano in mente alcune delle scene più surreali e significative del videogioco sviluppato da una manciata di esuli russi, costretti a scappare in Kazakistan per non essere perseguiti dal regime a cui hanno avuto il coraggio di opporsi dopo l’invasione dell’Ucraina. Non è dunque un caso che il loro videogioco sia ambientato in una versione alternativa della Russia di fine Ottocento, dove l’iconografia ortodossa si mescola ai manifesti con il faccione di Karl Marx e il popolo affamato dai potenti sogna la rivoluzione.

NON PUÒ ESSERCI IL FREDDO SENZA IL CALDO

Indika è una giovane suora che vive in un convento ortodosso in mezzo al nulla, nelle distese innevate della Russia profonda. Qui viene trattata con indifferenza dalle sue stesse consorelle a causa della sua goffaggine, o magari perché la sua fede non è così incrollabile come lei stessa crede. Costretta a svolgere lavori spesso ripetitivi e in alcuni casi del tutto inutili, come raccogliere l’acqua da un pozzo per riempire un barile che verrà poi rovesciato a terra. Questo è solo uno dei compiti che dovremo svolgere impersonando la ragazza per acquisire dei punti esperienza da spendere in un albero delle abilità le cui skill – chiamate come alcuni dei peccati capitali – servono solo ad accumulare più punti più in fretta.

Accumulare i punti non serve a nulla

È tutto completamente irrilevante, difatti il videogioco tiene a precisarlo spesso durante i caricamenti. Accumulare i punti non serve a nulla, eppure mi sono ritrovato a farlo spesso durante tutta l’avventura. Perché? Qui entra in gioco tutta la componente meta-ludica di INDIKA, di cui non nascondo di aver compreso il senso solo molto dopo aver assistito ai titoli di coda, dopo aver rimuginato a fondo su quel finale che inizialmente ho reputato anticlimatico. Invece, Odd Meter ha confezionato un’opera che fa dell’allegoria e delle dissonanze i binari su cui far viaggiare la narrazione. In tal senso non è molto dissimile da titoli come The Stanley Parable, per esempio nel modo in cui lo stesso videogioco tratta il giocatore, oppure Spec Ops: The Line, in quanto il sottotesto di ciò che si verifica sullo schermo diventa il punto focale dell’intera esperienza.

INDIKA Recensione 01

Alcune scene possono risultare un filo inquietanti.

In questo senso INDIKA è un’opera perfettamente coerente con il suo messaggio di fondo, che da un lato può rappresentare una critica alle istituzioni religiose, più che nei confronti della religione in sé; dall’altro punta a far riflettere il giocatore su tematiche filosofiche tutt’altro che banali, come i concetti di giusto e sbagliato, della costante ricerca della salvezza, dell’autoderminazione e del destino. Non è un caso che gli sviluppatori abbiano citato esplicitamente i romanzi di Dostoevskij tra le loro principali fonti di ispirazione, tant’è che ogni linea di codice sembra trasudare esistenzialismo.

INDIKA E IL DIAVOLO NEI DETTAGLI

Le dissonanze, scrivevo poc’anzi, sono tra i pilastri su cui si fonda l’esperienza ludo-narrativa e probabilmente anche tra gli aspetti più riusciti di INDIKA. Un’opera che può sembrare un banale walking simulator, uno di quelli in cui non bisogna fare nulla se non andare avanti in livelli estremamente lineari e di tanto in tanto interagire con qualche elemento dello scenario.

INDIKA tenta spesso di sovvertire le aspettative del giocatore

Tuttavia il videogioco sviluppato da Odd Meter è un’opera camaleontica che tenta spesso di sovvertire le aspettative del giocatore attraverso la risoluzione di enigmi surreali, o magari accostando un sottofondo musicale inadeguato a delle scene sulla carta drammatiche, o ancora tramite le descrizioni incoerenti degli oggetti collezionabili (del tutto inutili anch’essi), per non parlare delle sequenze che raccontano il passato della protagonista realizzate con uno stile completamente diverso dal resto del gioco, e qui mi fermo per non rovinarvi la sorpresa.

INDIKA Recensione 04

Non mancano semplici enigmi ambientali da risolvere per proseguire.

Gli sviluppatori di Odd Meter capitanati da Dmitry Svetlow hanno quindi sfruttato appieno l’intero ventaglio di possibilità offerte dal medium videoludico per partorire un’opera che non potrebbe funzionare in altro modo, se non come videogioco. È un’opera particolare, su questo non c’è alcun dubbio, e sono certo che in molti si troveranno a storcere il naso di fronte a INDIKA, magari chiedendosi a cosa diavolo stiano giocando. Eppure sono convinto che quello confezionato da Svetlow e compagni sia un titolo davvero particolare, un’opera non per tutti che si rivolge a un pubblico estremamente specifico. E menomale, aggiungerei, d’altronde un’opera per tutti è un’opera per nessuno, non credete?

In Breve: INDIKA è un’avventura dinamica che sfrutta le meccaniche di gameplay al servizio della narrazione, così da raccontare una storia allegorica e satirica sulle istituzioni religiose e sul potere che esse hanno sulle persone. È una storia che tratta di temi esistenziali in maniera spesso surreale approfittando di una messa in scena che vive di contrasti e dissonanze, riuscendo a veicolare un messaggio rimanendo sempre perfettamente in equilibrio tra il serio e la dissacrante (e a tratti persino blasfema) ironia.

Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, RTX 4060Ti, SSD Nvme / Steam Deck
Com’è, Come Gira: Giocato a 2560×1440. Da segnalare un po’ di stuttering all’inizio di ogni capitolo e il caricamento in ritardo di alcune texture, problema noto per i giochi sviluppati in Unreal Engine 4. Giocabile su Deck ma i 30fps sono spesso un miraggio.

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Pro

  • Ottima regia. / Matrimonio perfetto tra meccaniche e narrazione. / Non è un videogioco per tutti.

Contro

  • Qualche piccolo problema tecnico.
9

Ottimo

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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