Abbiate pietà di un povero redattore. Sono sempre stato dell’idea, corroborata ormai da quarant’anni di “militanza”, che i videogiochi servano a divertire i loro fruitori. Poi, un giorno, arriva un programmatore un po’ filosofo di una misconosciuta software house dell’Est europeo, e mi apre gli occhi: “i videogiochi possono fare di più, che divertire”. Mi propone Pathologic 2, esempio lampante di quel “di più” che andremo (si spera) adeguatamente a illustrare nei paragrafi che seguono. Ma prima…
UN PO’ DI STORIA
Nel lontano 2005, arrivò da Ice Pick Lodge, la software house russa in questione, un gioco assolutamente sui generis, Pathologic. Il medesimo ci dava 12 giorni di tempo per “fare qualcosa” in una piccola cittadina rurale immersa nella steppa, alle prese con una fatiscente epidemia di peste. Avevamo tre personaggi tra cui scegliere: Daniil Dankovsky, detto “The Bachelor”, Artemy Burakh “The Haruspex” e Clara (“The Changeling”), una ragazzina che poteva guarire o uccidere istantaneamente le persone con la sola imposizione delle mani.
Pathologic riusciva a creare un’atmosfera pazzesca e a trasmettere un’opprimente sensazione di disagio
PATHOLOGIC “DUE”
Se l’illustre predecessore permetteva di affrontare la storia con tre personaggi diversi, questo “secondo avvento” ci mette nei panni di uno solo di loro, Artemy Burakh. Figlio del medico del paese, torna a casa dopo molti anni di assenza e viene immediatamente aggredito da tre uomini del posto, che lo hanno scambiato per un assassino. Suo malgrado, per difendersi lo diventa davvero e, da quel momento, tutti si fanno più chiusi e sospettosi nei suoi riguardi, costringendolo a dividersi fra due quest principali: riguadagnare la reputazione dimostrando di essere innocente e trovare una cura per la malattia scoppiata in città, prima che le autorità locali decidano di bombardarla.
anche questo gioco ci dà 12 giorni di tempo, e non un minuto in più, per venire a capo di tutti i problemi
COME UN SOGNO LUCIDO
La componente onirica ha un ruolo fondamentale: durante il sonno abbiamo sempre l’occasione di scoprire qualcosa di più sul protagonista e sul triste mondo malato che lo circonda. Il gioco comincia alla fine del dodicesimo giorno, quando tutto è perduto, dandoci la possibilità di tornare indietro e, forse, rimettere a posto le cose. In pratica è come se vivessimo un lunghissimo flashback dove i confini tra ciò che possiamo determinare, e ciò che è inesorabilmente scritto nel destino, sono sempre terribilmente labili. Affrontare i primi giorni dell’avventura non fornisce alcuna risposta, ma solleva mille e più domande, trasmettendo un desolante, continuo stato di abbandono. Ma non è la sola cosa che provoca: la nostra compagna di viaggio, inseparabile, per quasi tutto il gioco sarà la noia più assoluta. I ritmi sono lenti, gli escamotage per spaventare il giocatore del tutto inefficaci… insomma, un horror fatto più di fastidio che non di terrore, dove per arrivare alla fine serve soprattutto una fortissima, motivata determinazione. Pathologic, insomma, è tornato: si è cambiato d’abito, è sicuramente più moderno che nella sua incarnazione originale, ma è sempre lui, nel bene e nel male. Questo significa che se non avete mai capito dove fosse il divertimento nel predecessore di Pathologic 2, non lo capirete neanche ora, e in fondo lo avevano detto anche i suoi autori, “Un videogioco può fare molto di più che divertire”: per esempio, annoiare con stile.
Pathologic 2 è il classico lavoro di Ice Pick Lodge, quindi un gioco in cui la componente ludica e divertente è ridotta all’osso, in favore di una storia difficile da comprendere e di una cervellotica ostinazione nel voler venire a capo di ogni cosa. Un gioco molto complesso, dalle mille sfaccettature, appena passabile sul fronte tecnico (la grafica di Pathologic 2 è vecchia nel 2019 come quella di Pathologic lo fu nel 2005), ma dalla grande, grandissima atmosfera. Fatelo vostro solo se avete amato alla follia il predecessore. Altrimenti, se sono grandi emozioni e senso di soddisfazione ciò che state cercando, statene adeguatamente alla larga.