Pathway - Recensione

PC

Se si parla di avventura e archeologia è impossibile non pensare immediatamente a Indiana Jones. Il personaggio nato dalla mente di George Lucas e portato sul grande schermo da Steven Spielberg è stato il protagonista di una fortunatissima trilogia di film (il quarto facciamo finta che non esista) che non solo ha fatto la storia cinema, ma ha anche ispirato tantissime opere videoludiche. Tra queste troviamo senz’altro i molti giochi basati sulla licenza ufficiale, ma è impossibile non chiamare in causa l’ascendente che il buon Indy ha avuto su franchise di successo come Tomb Raider o Uncharted, giusto per citare i più famosi.

C’è poi un’altra opera che ha visto la luce proprio in questi ultimi giorni, e che pesca a piene mani dai cliché del genere di cui I Predatori dell’Arca Perduta è stato – volente o nolente – il capostipite. Quel videogioco è Pathway, un tattico a turni con elementi survival e roguelike sviluppato da Robotality e pubblicato su PC da Chucklefish.

I PREDATORI DELLA TATTICA PERDUTA

Pathway ci trasporta direttamente agli inizi degli anni Trenta. Il mondo sta lentamente scivolando verso il Secondo Conflitto Mondiale, la Germania Nazista sta espandendo la sua sfera di influenza nel Nord Africa, e una frangia delle forze armate tedesche ha iniziato a volgere lo sguardo verso antiche leggende e occultismo al fine di incrementare la potenza e il prestigio del Reich. Insomma, pare proprio l’incipit di un nuovo episodio cinematografico della saga di Indiana Jones, solo che questa volta ci troviamo al comando di un manipolo di avventurieri che, attraverso cinque piccole campagne di difficoltà crescente, devono provare a fronteggiare una minaccia sovrannaturale scatenata proprio dalla scellerata ambizione dell’esercito nazista.

sempre più avventurieri possono essere sbloccati durante le varie campagne

Ogni spedizione parte quindi con la scelta dei personaggi da portare con sé: all’inizio il roster non offre chissà quanta varietà, ma sempre più avventurieri possono essere sbloccati durante le varie campagne dopo aver portato a termine determinati obiettivi secondari. L’elenco completo presenta un ventaglio di personaggi piuttosto ricco, ognuno dotato di capacità distintive, in modo da garantire un certo grado di versatilità sia negli scontri veri e propri, sia durante i vari eventi casuali in cui è facile imbattersi nel corso dell’esplorazione. O perlomeno sulla carta dovrebbe essere così, peccato che in realtà le cose non vadano esattamente in questo modo.

IL NAZISTA MALEDETTO

La struttura del gioco è decisamente semplice: ogni mini-campagna si svolge all’interno di una o più mappe di regioni da esplorare, con punti di interesse generati in maniera procedurale contenenti eventi casuali che spaziano dal semplice incontro con un mercante, il salvataggio di un personaggio aggiuntivo da includere nel team, piccole quest testuali da risolvere facendo affidamento sulle abilità dei membri della squadra, oppure scontri con i nemici. In quest’ultimo caso è possibile sia tendere imboscate ai nazisti troppo impegnati a saccheggiare tombe antichissime per accorgersi della nostra presenza, sia – viceversa – subire l’assalto improvviso dei nemici e doversi quindi difendere dall’offensiva dei crucchi o di avversari di natura sovrannaturale. Già perché tra gli ingredienti di Pathway troviamo anche il classico culto dedito all’esecuzione di rituali arcani e allo sfruttamento di forze magiche primordiali; ne consegue che non dovremo fare i conti soltanto con i più tradizionali soldati tedeschi, ma anche con morti viventi, cultisti, e potenti sciamani.

troviamo anche il classico culto dedito all’esecuzione di rituali arcani e allo sfruttamento di forze magiche primordiali

Quando arriva il momento di menare le mani, il videogioco di Robotality si trasforma nel più classico degli emuli di X-Com, laddove viene richiesto di muovere le proprie unità su una scacchiera di dimensioni tutto sommato ridotte, stando bene attenti a sfruttare i ripari e ad aggirare i nemici per avere più possibilità di centrare i bersagli con le armi da fuoco. È però nelle battaglie tattiche che iniziano a sorgere i primi problemi di Pathway. In primo luogo, l’interfaccia evita di fornire al giocatore informazioni a dir poco vitali come la probabilità di colpire il bersaglio prima di spostarsi in un determinato punto dello scenario, con l’ovvia conseguenza che ci si muove alla cieca sperando di posizionarsi nel punto giusto per massimizzare non solo le chance di eliminare il nemico di turno, ma anche di sopravvivere all’eventuale contrattacco. Per fortuna (o purtroppo a seconda dei punti di vista), l’intelligenza artificiale che governa i movimenti degli avversari è davvero deficitaria e spesso si comporta in maniera incoerente, magari evitando di sferrare il colpo di grazia ai danni di un membro del nostro team lì lì per lasciarci le penne prediligendo invece un altro bersaglio in piena salute, o allontanandosi inspiegabilmente dallo scontro per andare a nascondersi. Anche la varietà dei nemici lascia a desiderare, rendendo gli scontri fin troppo simili tra loro.

L’ULTIMA TANICA

Vi sono poi altre criticità che coinvolgono il sistema di progressione e tutto ciò che verte attorno alla componente survival di Pathway. Ogni personaggio accumula punti esperienza ed è dotato di uno skill tree univoco: al passaggio di livello è quindi possibile sbloccare un’abilità addizionale o una miglioria di una capacità preesistente; peccato che questi bonus – rigorosamente passivi – siano così esigui da non rendersi minimamente conto della differenza. Sul versante survival, invece, l’esito positivo di una spedizione dipende spesso dall’algoritmo di generazione procedurale delle mappe, il quale a volte fa diluviare munizioni e carburante (essenziale per spostarsi nel deserto), mentre in altri casi risulta davvero avaro di risorse, impedendoci di portare a termine la missione. Menomale che tutta l’esperienza e gli oggetti sbloccati durante una campagna vengono salvati e conservati per le spedizioni successive.

l’esito positivo di una spedizione dipende spesso dall’algoritmo di generazione procedurale delle mappe

Per concludere, è impossibile non parlare dello stile grafico superbo, che spicca grazie a un uso sapiente della pixel-art e a delle animazioni estremamente fluide e dettagliate. Buona anche la colonna sonora, con delle melodie che richiamano alla mente sonorità mediorientali in grado di caratterizzare ulteriormente la già ottima ambientazione. Tuttavia, l’impressione finale è che il team di sviluppo abbia voluto puntare soprattutto su una presentazione di prim’ordine, ma sotto questa superficie senz’altro sfarzosa e ben curata risiede un tattico a turni piuttosto banale e con qualche problema ludico di troppo.

Pathway gioca tutte le sue carte su un’ambientazione decisamente curata, nonché su uno stile grafico e artistico senza ombra di dubbio eccellente. Peccato che sul versante ludico ci troviamo di fronte a un tattico a turni superficiale, i cui problemi risiedono principalmente nella scarsa varietà delle situazioni poste di fronte al giocatore e in un’intelligenza artificiale davvero deficitaria. Alla fine della fiera, Pathway non può che rivelarsi una cocente delusione.

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Pro

  • Ambientazione affascinante.
  • Stile grafico fantastico.
  • Ampio roster di avventurieri.

Contro

  • Scarsa varietà di eventi e nemici.
  • Intelligenza artificiale carente.
  • Il caso gioca un ruolo di primo piano.
6.8

Sufficiente

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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