Sea of Solitude - Recensione

PC PS4 Xbox One

Questa volta proviamo a partire dalla fine, dal giudizio che generalmente trovate in coda alle recensioni, giusto per mettere per bene le cose in chiaro: Sea of Solitude è un gioco che tutti dovrebbero completare, dal valore che va ben oltre quello classicamente ludico. Pur con le sue tantissime metafore è semplice e diretto, parla in maniera schietta di tematiche molto serie – solitudine, depressione, mancanza di comunicazione – e inghiotte il giocatore in un vortice di sensazioni, da quelle più positive (come meraviglia e commozione) a quelle infinitamente peggiori. È un altro esempio lampante – così come lo furono, per esempio, Senua’s Sacrifice o Celeste – di come il videogioco possa essere uno strumento artistico terapeutico e di arricchimento per chi se lo ritrova tra le mani e, perché no, anche per chi gli dona la vita.

FEELING LONELY. AGAIN.

Sea of Solitude, o S.O.S, come fu definito durante l’E3 2018, è il primo lavoro del piccolo studio indie Jo-Mai Games, pubblicato da Electronic Arts. Il CEO e direttore artistico Cornelia Geppert, tedesca di 38 anni, cominciò a scriverne la storia nel periodo più buio della sua vita. «Quando le persone diventano troppo sole» disse, senza celare l’emozione, sul palco di Los Angeles, «si trasformano in mostri». Ed è proprio con le fattezze di una di queste creature oscure che la giovane Kay, protagonista di questo breve ma intenso puzzle-adventure single player, si risveglia sopra una piccola barchetta.
Sea of Solitude

Mostri enormi e dai terrificanti occhi rossi, le sbarrano la strada e le nuotano accanto pronti a divorarla

Il suo viaggio attraverso le rovine di una città semi sommersa (ispirata ai luoghi dove la stessa Geppert ha vissuto) sono spinte dalla volontà di ritrovare una ragazza misteriosa che, a differenza sua, non solo non ha perso i suoi tratti umani ma brilla e volteggia per aria colma di energia e vitalità. I pericoli sono sempre in agguato. Altri mostri enormi, cupi come lei e dai terrificanti occhi rossi, le sbarrano la strada e le nuotano accanto pronti a divorarla. Kay è sola e turbata, ma esplorando questo strano oceano, sopra e sotto la sua superficie, combatterà sia loro che i propri demoni interiori nella speranza di porre fine alle tante sofferenze che l’hanno tormentata negli anni e, al contempo, di rompere questo deleterio isolamento.

ESSERE UMANI

Anche con la semplicità delle sue poche meccaniche – che consentono in fin dei conti solamente di corricchiare, arrampicarsi e interagire con determinati oggetti – Sea of Solitude riesce a essere incredibilmente immersivo e piacevole da giocare. Il merito va attribuito in particolare ai suoi colori pastello nonché a tutto il reparto sonoro. Oltre al rumore del mare in sottofondo e alle voci distorte delle bestie che parlano con Kay, spicca la toccante colonna sonora composta da Guy Jackson, resa disponibile qualche giorno prima dell’uscita del titolo su diverse piattaforme. Il lavoro degli sviluppatori di Jo-Mai è una gioia per gli occhi persino durante i suoi momenti più cupi, quando l’oscurità prende il sopravvento e si fa fatica a vedere a un palmo dal proprio naso.
Sea of Solitude

Il lavoro degli sviluppatori di Jo-Mai è una gioia per gli occhi persino durante i suoi momenti più cupi

Arrivare al termine delle circa quattro ore di storia è piuttosto intuitivo, probabilmente perché un titolo simile non nasce con la pura intenzione di offrire una sfida, quanto un’esperienza più profonda. Gli enigmi e le piccole sezioni platform non richiedono tantissimo impegno e le “boss fight” hanno più o meno tutte la stessa struttura. La parte più difficile è parsa quella totalmente facoltativa, ovvero trovare tutti i collezionabili sparsi per la mappa, tra cui messaggi in bottiglia e gabbiani da far volare in cielo. Proprio per la sua natura così particolare si può anche passar sopra ad alcuni comandi macchinosi (ogni tanto arrampicarsi su un muro o un oggetto ha richiesto più di un tentativo), anche per via della fluidità con la quale riesce a girare su PC. È indubbio che sul mercato esistano prodotti più longevi, più impegnativi e più fotorealistici di Sea of Solitude. Tuttavia, certe volte è bene andare oltre questi aspetti sicuramente pregevoli e premiare un lavoro diverso e così profondamente autobiografico, che mira a insegnare senza troppi fronzoli e a volte in modo piuttosto duro una lezione tremendamente importante: non è mai troppo tardi per tendere la mano a qualcuno in difficoltà o per cercare aiuto in caso di necessità.

La verità è che Sea of Solitude sarebbe anche potuto durare di più, avrebbe potuto avere puzzle più stimolanti e battaglie coi boss adrenaliniche. Ma l’obiettivo di Cornelia Geppert e di tutta Jo-Mai era un altro: permettere a chiunque di immergersi in una piccola ma profonda storia di sofferenza e altruismo, di luci e ombre, di errori e gesti coraggiosi e trarne i giusti insegnamenti. «Questo sta alla base di tutto quello che vedrete e, spero, proverete giocando a S.O.S.. Tutti gli esseri umani possono in qualche modo ricordare la sensazione di esser soli».

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Pro

  • Storia con un messaggio molto importante.
  • Esteticamente una gioia per gli occhi.
  • Colonna sonora toccante.

Contro

  • Arrampicarsi non è sempre facilissimo.
9

Ottimo

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