La storia di questo gioco affonda le proprie radici in un celebre coin op degli anni Ottanta, caratterizzato – come pochi altri concorrenti dell’epoca – da una grafica interamente vettoriale. Nell’arcaico Tempest di Atari, una navicella poteva muoversi sul bordo di un campo tridimensionale e sparare ai nemici che, dal centro dello schermo, risalivano verso l’esterno con lo scopo di catturarla o distruggerla.
Nel corso degli anni, il semplice ma avvincente gameplay di Tempest è stato più volte riproposto, in conversioni e riedizioni per varie piattaforme, da diverse case di sviluppo, ma una in particolare sembra essersi in qualche modo “specializzata” in materia: la Llamasoft di Jeff Minter, una vera leggenda tra i programmatori dei videogiochi per computer a 8 e 16 bit, che nel corso degli anni ha realizzato Tempest 2000 per Atari Jaguar, Tempest 3000 per la misconosciuta piattaforma Nuon e TxK per PlayStation Vita, evoluzione priva del nome originale e del brand Atari e, per questo, oggetto di forti pressioni legali che ne hanno bloccato l’uscita su altre piattaforme.
MA IL CIELO È SEMPRE PIÙ BLU. E ROSSO. E VERDE. E GIALLO…
Fortuna vuole che Minter e Atari abbiano finalmente trovato un accordo e così, oggi, possiamo giocare a TxK anche su PlayStation 4 e PC, peraltro con il nome più adatto – Tempest 4000 – e la rassicurante scritta “ATARI Presents” nello schermo dei titoli, che sicuramente farà scendere una compassionevole lacrimuccia di nostalgia in tutti i quarantenni all’ascolto.
Grazie all’accordo finalmente trovato tra Minter e Atari, oggi possiamo giocare TxK col nome di Tempest 4000
TEMPEST SÌ MA… SOTTO STEROIDI
Nel corso degli anni, Minter ha dato a Tempest una svecchiata non solo dal punto di vista grafico, che in definitiva usa le schede 3D e le elevate risoluzioni odierne allo scopo di riprodurre, in modo estremamente fedele, la grafica a vettori dell’epoca, aggiungendole una carriolata di effetti speciali, ma anche da quello del gameplay, introducendo una serie di azzeccatissimi bonus e la possibilità di “saltare” (che si attiva in ciascun livello solo dopo un po’ di tempo), allontanandosi per una frazione di secondo dal terreno di gioco, allo scopo di eliminare più facilmente i nemici che vi insistono. I bonus prevedono invece miglioramenti al raggio di fuoco, maggiore velocità di movimento e un graditissimo ‘bot’ che può aiutarci a sforacchiare tutti gli alieni. Il risultato è ancora più incasinato e avvincente di quanto i fan del coin op possano obiettivamente desiderare e, bisogna proprio ammetterlo, dire una cosa del genere a quasi quarant’anni dal primo concepimento è cosa assai rara.
SU PICÌ È COSÌ COSÌ
La versione PC su Steam è sicuramente impeccabile dal punto di vista audiovisivo, ma sembra vittima di una certa “fretta” nella realizzazione. Ne sono testimonianza la scarsità generale di opzioni e, soprattutto, i controlli predefiniti per la tastiera.
Jeff Minter ha dato una svecchiata a Tempest da tutti i punti di vista
Le considerazioni finali non traggano in inganno: Tempest 4000 è uno shoot ‘em up incredibilmente bello e attuale ancora oggi, nonostante il suo gameplay si stia avvicinando alle 40 candeline. Jeff Minter è certamente riuscito a svecchiarlo quel tanto che basta per renderlo appetibile e interessante ancora oggi, dando una nuova attualità alla frase “ancora una partita e poi basta”, con cui in epoche passate dilapidammo paghette su paghette settimanali, sotto forma di monetine da 200 lire. Se può valere come suggerimento, l’ho personalmente giocato a lungo con mio figlio (10 anni) durante i test, anche per vedere come avrebbe reagito di fronte a uno schema di gioco tanto datato, e mai come stavolta i cuori di due generazioni tanto distanti hanno battuto all’unisono. Costa 20 euro, nemmeno pochissimo, ma li vale tutti.