World War Z - Recensione

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Il nome di World War Z è “tornato in vita” già ben due volte nell’arco di tredici anni. Il film ispirato al romanzo di Max Brooks arrivò nel 2013, prendendo un po’ della sua ambientazione generale e cucendoci sopra la classica avventura da eroe di film d’azione americano, interpretato con dedizione da Brad Pitt. È proprio alla pellicola, in realtà, che si è successivamente ispirata Saber Interactive per la realizzazione dell’omonimo videogioco, prendendone in prestito solamente qualche fattore caratteristico per unirvi alcuni degli elementi fondamentali di un grande “classico videoludico” del filone zombie: Left 4 Dead. World War Z è una strana creatura, anacronistica e non molto originale, che tuttavia riesce incredibilmente a ritagliarsi uno spazio tutto suo e a risultare piuttosto divertente la maggior parte del tempo, specialmente se giocato con amici.

VALANGHE DI CADAVERI

Il modo migliore per prendere confidenza col gameplay e fare i primi passi in questo mondo apocalittico è quello di portare a termine gli undici scenari co-op (ai quali se ne aggiungerà a breve un dodicesimo) con degli NPC al nostro fianco o con altri tre giocatori. Vestendo i panni di uno dei sopravvissuti all’epidemia – che vanno dall’ex pompiere alla giovane atleta di biathlon – è possibile scegliere una tra le sei classi disponibili, ciascuna dotata di proprie armi e consumabili, nonché di abilità passive. Le missioni – ambientate in mappe piuttosto lineari nelle città di New York, Gerusalemme, Mosca e Tokyo – sono abbastanza semplici (come escort e difesa di un punto), ma il gameplay è reso interessante dall’arrivo di più o meno improvvise orde di zombie. Centinaia di non morti famelici sono pronti a lanciarsi di corsa su di noi e sul nostro gruppo e, esattamente come nella pellicola di Forster, si riversano con furia su veicoli e barriere, saltano dai tetti delle case e si arrampicano gli uni sopra gli altri per tentare di raggiungerci non appena si fa troppo rumore.

Centinaia di non morti famelici sono pronti a lanciarsi di corsa su di noi e sul nostro gruppo

Nonostante la grafica del gioco non sia niente di troppo spettacolare, l’effetto finale è davvero convincente e dona alle partite dei bei momenti di ritmo incalzante, che spingono spesso il giocatore a recuperare armi migliori lungo la strada, ad alternarle con gli attacchi corpo a corpo e a ricorrere a utili strumenti di difesa sparsi in punti strategici. In alcuni momenti è possibile infatti appellarsi a vari tipi di barricate da posizionare preventivamente prima dell’attacco delle orde, che vanno dalle reti elettriche ai rotoli di filo spinato per rallentarne l’avanzata; un’aggiunta interessante che avrebbe meritato effettivamente di essere sviluppata meglio e più a fondo. A metterci i bastoni fra le ruote, esattamente come in Left 4 Dead, non è comunque solo la mera quantità di nemici da affrontare. È necessario tenere gli occhi aperti nel caso ci si imbatta in uno o più zombie dalle abilità speciali, particolarmente aggressivi e molto più difficili da abbattere e, allo stesso tempo, bisogna fare attenzione al fuoco amico: scegliere tra uno dei cinque livelli di difficoltà disponibili aiuta a bilanciare il danno inflitto ai nostri alleati così come quello subito dai non morti, ma è sempre bene evitare di sparare all’impazzata su qualsiasi cosa si muova sullo schermo.

LA LEGGE DEL PIÙ FORTE

Oltre che nel co-op, è possibile cimentarsi nel PvP o, per meglio dire, nel PvPvZ (players vs players vs zombies). In questo caso si può scegliere tra dieci classi differenti, ciascuna dotata di quattro tipi di armi e consumabili. È possibile sfidarsi, sempre in team da quattro giocatori, in una sorta di cattura la bandiera in versione vaccino, in modalità deathmatch, king of the hill, controllo e approvvigionamento. In tutte è necessario, come sempre, fare i conti con temporanee invasioni delle orde di zombie, che attaccano indistintamente entrambe le fazioni e creano scompiglio per una manciata di minuti.

A donare un po’ più di profondità c’è anche un semplice sistema di progressione.

Le mappe di gioco, seppur di piccole dimensioni, permettono una certa varietà di approccio al PvP, da quello più spregiudicato e spericolato a quello più tattico. Purtroppo, però, non tutte le armi danno un feeling piacevole e, a meno che non si colpisca l’avversario con due fucilate o un headshot da lunga distanza, sono sempre necessari parecchi proiettili per metterlo KO. A donare un po’ più di profondità a World War Z c’è anche un semplice sistema di progressione. Con ogni missione co-op o multiplayer completata si guadagnano punti esperienza per la classe utilizzata e un numero variabile di token per il proprio account. Questi ultimi sono spendibili per acquistare armi migliori e per sbloccare le passive di ciascuna classe, ottenibili a ogni nuovo livello (30 per la modalità PvE e 13 per quella PvP).

PROBLEMI ALL’INFERNO

Chiariamo subito una cosa: il punto forte di World War Z non è sicuramente la narrativa. Le missioni co-op sono l’unico modo per racimolare qualche dettaglio in più sulla storia di un mondo al collasso, nel quale la popolazione è stata letteralmente decimata da un misterioso virus, e non sono tuttavia abbastanza per donare spessore al racconto. Le premesse e i contesti sono fin troppo generici per permettere al giocatore di immedesimarsi negli sfortunati sopravvissuti in bilico tra la vita e la morte, e non c’è quasi differenza nel vestire i panni del militare navigato o del giornalista del New York Times. Il background dei vari protagonisti viene inoltre relegato in piccoli trafiletti che fungono da biografia e in brevissimi video sbloccabili al termine delle missioni. Un vero peccato trattandosi, in fin dei conti, di una sorta di hero shooter.

Il background dei vari protagonisti viene inoltre relegato in piccole biografie

Anche dal punto di vista tecnico il titolo di Saber Interactive ha i suoi alti e bassi. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da un gioco che inonda lo schermo con centinaia di zombie in movimento, i frame sono risultati sempre piuttosto stabili. Purtroppo, nonostante il buon lavoro in termini di stabilità, World War Z non è comunque immune da problemi più o meno fastidiosi che affliggono la modalità PvE. Si va da quelli più leggeri e divertenti da osservare, come decine di non morti che si affannano a scavalcare una barricata invisibile, a quelli più irritanti, come l’arrivare in una missione già in pieno svolgimento e ritrovarsi chiusi fuori da porte e cancelli, ed essere così impossibilitati a raggiungere i propri compagni. Anche la connessione e il matchmaking non sono sembrati sempre perfettamente funzionanti e non è raro trovarsi faccia a faccia con personaggi di livello massimo (quindi probabilmente equipaggiati con tutte le passive e con armi migliori) anche quando si prova per la prima volta una nuova classe.

World War Z sembra un gioco uscito un po’ fuori tempo sia rispetto all’omonimo film che ai titoli ai quali si è palesemente ispirato. Forse però è stato proprio questo il suo vero punto di forza. Familiare ma allo stesso tempo fresco, questo adrenalinico sparatutto si propone di colmare quel vuoto creatosi negli anni nel cuore dei fan di Left 4 Dead, offrendo al contempo un buono svago per un gruppetto di amici. Nonostante sia lontano dall’essere ben rifinito e alcuni bug rendano la progressione nel gameplay decisamente faticosa, questo nuovo lavoro di Saber Interactive riesce a reggersi sulle proprie gambe e a regalare qualche ora di divertimento senza troppe pretese agli amanti del PvP e a quelli del puro PvE.

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Pro

  • Divertente da giocare, specialmente in gruppo.
  • Le orde di zombie sono riprodotte in maniera incredibile.
  • Semplice ma efficace sistema di progressione.

Contro

  • Storia poco sviluppata.
  • Alcuni bug fastidiosi nel PvE.
7.1

Buono

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