X-Out Resurfaced è il remake di X-Out, peculiare shoot ‘em up a scorrimento orizzontale uscito all’inizio degli anni Novanta.
Sviluppatore / Publisher: Kritzelkratz 3000 / Inin Prezzo: 19,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 7 Disponibile su: PC (Steam), Nintendo Switch, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S Data d’uscita: Già disponibile
Sembra spazio ma non è, serve alla claustrofobia. La citazione di Pollon combina-guai, a ben vedere, non è neanche così campata in aria giacché parliamo di X-Out Resurfaced, un gioco che affonda le sue radici in un’epoca ormai lontanissima ma, a quanto pare, ancora saldamente abbarbicata all’albero dei sentimenti e fonte d’ispirazione per i game designer di tutto il mondo.
X-OUT, IL GRANDE CLASSICO…
“Crossaut” – si pronuncia così – non era ambientato nello spazio, ma nelle profondità degli oceani: questo, però, non cambiava di una virgola il meccanismo di gioco, che prevedeva il solito slalom tra i proiettili nemici e una discreta capacità di movimento in ambienti angusti, letali al contatto. L’unica differenza con Scramble e compagni, capace di renderlo un episodio a sé nella ricca storia degli shmup a scorrimento orizzontale, era che le “navicelle” costavano parecchio e si potevano personalizzare comprando add-on prima di ogni livello.
I punti guadagnati col sudore delle mani andavano investiti in un armamento migliore o in una piccola scuderia di sommergibili e, di fatto, questo era l’unico modo per avere delle vite supplementari.
Non c’era possibilità di continuare dall’ultimo stage raggiunto: ogni errore significava tornare all’inizio, come nei vecchi cabinati da sala.
Durante la battaglia non avremmo ricevuto vite extra o bonus energetici: saremmo partiti per ogni missione con lo scafo in buono stato e avremmo dovuto farlo durare fino allo scontro con il boss finale, pena l’inesorabile game over con successivo ritorno all’inizio del primo livello. Non c’era neanche la possibilità di continuare la partita dall’ultimo stage raggiunto, il che era piuttosto seccante, anche se in fondo era considerata un’abitudine mutuata dai cabinati da sala. X-Out, in ogni caso, sapeva farsi valere anche grazie alle ottime musiche e alla grafica molto curata, due aspetti imprescindibili dopo che, pochi anni prima, Irem ridefinì completamente il genere con R-Type.
…E X-OUT: RESURFACED
Passiamo velocemente dall’epoca di Madonna a quella di Taylor Swift, e ci troviamo innanzi a un remake di questo grande classico. L’emozione è tanta, soprattutto quando vediamo ricomparire il logo di Rainbow Arts – storica software house che meriterebbe un paragrafo tutta per sé, accompagnato da quello dei nuovi sviluppatori.
Nelle prime battute del gioco possiamo rivedere anche la presentazione originale della versione per Amiga, fedelmente rippat… ehm, riprodotta dai dischetti che furono. È proprio uguale uguale, con tanto di sample grezzone del parlato digitalizzato. Non è finita qui: c’è perfino un menu trainer che riprende, graficamente, le cracktro inserite dai pirati, solo che le opzioni sono inizialmente inaccessibili e vengono “popolate” col passare del tempo e delle partite, a totale discrezione del gioco. L’uso dei trucchi, tuttavia, disabilita gli achievement, per cui forse vale la pena imparare ad affrontare i pericoli per ottenere un compenso di cui andare orgogliosi.
INIZIA LA PARTITA
Alla pressione del tasto fuoco, ci ritroviamo nella schermata del negozio, con la possibilità di scegliere fra tre setup ‘preimpostati’ dagli sviluppatori o fare da sé la propria arma da guerra, soluzione che consiglio a tutti quanti. L’interfaccia è più o meno la stessa dell’originale, solo che i menu sono stati ridisegnati in modo più moderno per sfruttare, almeno un po’, la maggiore risoluzione garantita da computer e console moderne. Per il resto, ritroviamo a muoversi sullo schermo gli stessi scenari, gli stessi sprite, gli stessi elementi della versione Amiga, ripresi paro-paro dalla loro epoca e ficcati a forza in qualche engine prefabbricato, dopo un’opera di upscaling che ne ha mantenuto artificiosamente la pixellosità. Se non altro, l’opera di adattamento ha migliorato le animazioni, aggiunto il parallasse nei fondali dove mancava e perfino qualche animazione degli stessi, rendendo il tutto ugualmente pixelloso ma decisamente più vicace.
Oggi mostriamo con orgoglio quei pixel che negli anni ‘90 cercavamo di nascondere dietro le imperfezioni dei tubi catodici.
Ironico, vero? Negli anni ‘90 cercavamo di sfruttare al massimo le risoluzioni che avevamo, sacrificando alcuni preziosi pixel per dare un primordiale effetto di antialiasing che avrebbe nascosto quei quadretti dietro alle morbide imperfezioni degli schermi a tubo catodico, oggi, invece, prendiamo quegli stessi pixel e li mostriamo con orgoglio, neanche fossero mattonelle capaci di costruire un monumento a una gloria passata. Viene spontaneo chiedersi perché non siano stati ridisegnati in modo moderno tutti gli elementi, partendo sì dallo stesso progetto, ma aggiungendo anche i dettagli che mancavano. Il trattamento riservato al sonoro, per fortuna, è ben diverso. Possiamo scegliere tra un sample della musica per Commodore 64 (che all’epoca era davvero notevole, come del resto capitava per tutti i giochi firmati Rainbow Arts), e una colonna sonora rifatta da capo, ispirata alle musiche usate nella versione per Amiga.
UN “TUFFO” NELLA NOSTALGIA
È piuttosto evidente l’obiettivo di riprodurre il grande classico così com’era, senza stravolgimenti, e gli antichi asset sono stati svecchiati con grande rispetto, al punto che i frame aggiunti alle animazioni “non si vedono”, sembrano perfettamente naturali. Nel 1990, però, non c’erano, e questo va riconosciuto. Il problema, almeno dal mio punto di vista, è che per quanto possiamo nostalgicamente amare qualcosa, gli anni passano anche per lei. Si poteva intervenire in modo più deciso sulla grafica.
Si poteva fare un X-Out del 2025 invece di impacchettare quello del 1990 con un fiocco tutto nuovo, ma non si è fatto.
Si potevano aggiungere piccole comodità come un sistema per salvare i propri setup dei sommergibili a inizio partita. Si poteva consentire al giocatore di continuare dall’ultimo livello raggiunto senza umiliarlo con un trainer sbloccato “per pietà”. Si potevano aggiungere caratteristiche moderne integrandole nel gameplay. Insomma, si poteva fare un X-Out del 2025 invece di impacchettare quello del 1990 con un fiocco tutto nuovo, ma non si è fatto: per questa ragione, per me X-Out: Resurfaced finisce con l’essere per metà un gran gioco, e per metà una delusione.
In Breve: Non ho apprezzato particolarmente X-Out Resurfaced per la stessa ragione per cui ho invece amato alla follia gli ultimi episodi di R-Type: laddove questi ultimi costruiscono qualcosa di nuovo, espandendo l’universo da cui traevano origine, il nuovo X-Out pretende soltanto di essere se stesso su uno schermo più grande. Il che è certamente una buona cosa per gli appassionati di retrogaming e giochi vintage che non lo hanno mai visto prima, ma farà presto dire “Grazie, ma io ho già dato” a tutti gli altri. Che, probabilmente, dopo 35 anni hanno anche altro da fare.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 5600X, 16 GB RAM, Radeon RX6600 XT, SSD
Com’è, Come Gira: Per nulla impegnativo dal punto di vista hardware, richiede una configurazione minima per girare decentemente e naturalmente non dà problemi sul PC usato per la prova.