Clockwork Aquario – Recensione

PS4 Switch

I ragazzi delle meraviglie capitanati da Ryuichi Nishizawa riportano indietro Clockwork Aquario dalle nebbie del tempo, anche grazie all’auto di alcuni illustri amici. Il risultato è scontato, nel bene e nel male.

Sviluppatore / Publisher: Westone, ININ Games / Strictly Limited Games Prezzo: 19,99€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Cooperativo Locale PEGI: 3 Disponibile Su: PS4, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile

Gloriosa fu la storia di Westone, uno studio che vanta invero origini piuttosto umili, lì nell’ufficio dei custodi (no, sul serio!) di Tehkan dove inizialmente Ryuichi Nishizawa, Michishito Ishizuka e Hiromi Suzuko lavoravano fianco a fianco per dare alla luce Wonderboy, il loro primo successo.

Anni dopo, al culmine della meritata gloria, Westone (nome composto dalla translitterazione in inglese dei kanji presenti nei cognomi dei suoi due fondatori, ovvero “nishi” e “ishi”, appunto “west” e “stone”) era dislocata in due differenti uffici con circa quaranta vulcaniche menti all’attivo, ma questo non bastò a salvare Clockwork Aquario dallo spietato tribunale dei location test, ovvero game center selezionati dove versioni preliminari del gioco facevano capolino per tastare il polso degli avventori e agire di conseguenza, apportando eventuali modifiche in vista della pubblicazione ufficiale.

CLOCKWORK AQUARIO: NULLA DA INVIDIARE ALLE ARANCE

Solo che, in questo caso, i battiti del suddetto polso si rivelarono mestamente piatti. In altre parole, nel 1993 Clockwork Aquario non era riuscito a far breccia nei cuori di un pubblico oramai perdutamente stregato dai giochi di combattimento competitivi. Poco importava se la scheda System 18 di SEGA pareva spremuta fino al limite, così come era irrilevante la promessa di un’azione esplosiva per tre giocatori in contemporanea, un primato raggiunto sul medesimo hardware dal solo Alien Storm. E sì che in Aquario gli sganassoni non mancano da parte del suo colorito terzetto di protagonisti, così come abbondano testate o pestoni dall’alto come la tradizione Nintendo insegna: tutto buono e giusto se si tratta di stordire momentaneamente gli avversari, da sollevare e lanciare nelle quattro direzioni per innescare carambole e ammassare punti coinvolgendo nemici e colorati palloni. Un po’ come in Makaimura, gli eroi (l’avventuriero Huck Londo, la majokko Elle Moon e il robot Gush possono incassare un colpo prima di perdere una vita, e giocando in due ci si può allegramente aiutare o ostacolare a vicenda, saltando sulla testa del compagno per raggiungere altezze migliori o semplicemente afferrandolo per scagliarlo come un proiettile: un panorama di per sé pazzo, e solo la splendente divinità delle sale giochi potrebbe immaginare quale caos avrebbe generato una simile meccanica se fosse stata estesa a tre giocatori su un sistema che comunque era in servizio dal 1989 con Bloxeed e Shadow Dancer.

Clockwork Aquario recensione

Stordire, afferrare e lanciare. È tutto qui, semplice e divertente.

Rispetto a quanto inizialmente concettualizzato da Westone, qualcosa è andato perso nei quasi trent’anni che ci separano da quelle prove sul campo: si può giocare solo in due, non è presente una meccanica che avrebbe reso i protagonisti invulnerabili grazie a un pulsante dedicato (un po’ come il fuoco nel primissimo prototipo di LED Storm di Capcom) e questi si rivelano piuttosto simili l’un l’altro, purtroppo privi di quei tratti caratteristici suggeriti dagli artwork, vedi le braccia estensibili di Gust. Tuttavia Clockwork Aquario resta un gioco di piattaforme affascinate, grazie a una direzione artistica squisita che affianca a un uso del colore che scalda il cuore il frizzante accompagnamento sonoro dance scritto dal veterano di Westone (e anche Hudson, via!) Shinichi Sakamoto.

Le origini a gettone del gioco si fanno sentire tra un level design lineare e una longevità che si assesta attorno ai venti minuti

È un gioco molto divertente e raramente ingiusto, tanto che l’unico vero picco di difficoltà va affrontato in occasione del boss finale, ma complessivamente si tratta di un coin-op che avrei sicuramente amato nella mia adolescenza. Questa è però una considerazione a doppio taglio, visto che le origini a gettone del gioco si fanno sentire tra un level design sempre e comunque lineare e una longevità che si assesta attorno ai venti minuti per una partita completa dall’inizio alla fine dei suoi cinque livelli: un po’ poco per quella fascia demografica che non ha mai provato il piacere di cambiare una banconota da mille lire in luccicanti gettoni.

UN ULTIMO GIRO

Ci sta, perché, al netto della semplicità e dell’immediatezza che la sua natura impone, Clockwork Aquario è comunque un gioco meritevole di una seconda possibilità, spettro di un’alternativa linea temporale arcade che avrebbe preso una direzione ben diversa rispetto a quella che conosciamo, se solo Street Fighter II non si fosse rivelato un gioco così dannatamente buono da influenzare il mercato nel decennio successivo. In cambio dei vostri soldi, la prodigiosa opera di salvataggio e ricostruzione a opera di ININ Games mette sul piatto tre diversi livelli di difficoltà contraddistinti da un numero fisso di crediti con cui sconfiggere i mostri meccanici dell’ittico quanto fantozziano Dottor Hangyo, assieme a una modalità “libera” sbloccabile terminando l’avventura almeno una volta dove pasticciare allegramente con i dip switch.

Clockwork Aquario recensione

La cattiveria di Hangyo non ha freni: nell’introduzione calpesta impune il castello di sabbia di un bimbo!

Chiude il panorama l’immancabile galleria di immagini – tanto scontata quanto imperdibile nell’ottica della preservazione, visto che comprende note sulla processo di restauro – che completa egregiamente l’operazione nostalgia con l’esimia collaborazione di un sound test che permette di ascoltare un’ottima versione remixata della colonna sonora. Ah sì, ci sono gli immancabili filtri che scimmiottano la resa su uno schermo CRT, ma lo splendido affresco in chiave bitmap dipinto da Clockwork Aquario è talmente brillante da superare a testa alta la prova del tempo, mostrandosi ancora oggi bello come il sole anche su un pacchiano schermo ad alta definizione nudo e crudo, orfano della nobiltà propria del tubo catodico.

In Breve: Clockwork Aquario è un miracolo di preservazione, ma questo non lo rende un gioco adatto a tutti. I fanatici della cultura arcade lo accoglieranno con gioia, ma gli altri troveranno difficile continuare a giocarlo dopo averlo terminato la prima volta, complice anche un sistema di punteggio non particolarmente creativo. In ogni caso il prezzo contenuto dovrebbe far felici anche i semplici curiosi.

Piattaforma di Prova: Nintendo Switch
Com’è, Come Gira: Al netto di una direzione artistica sfavillante, Clockwork Aquario è pur sempre un gioco immaginato per girare su una PCB risalente al 1989. Come risultato il gioco scorre liscio come l’olio dall’inizio alla fine.

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Pro

  • Presentazione audiovisiva ammaliante / Opera di recupero e restauro encomiabile / L'ultimo arcade di Westone finalmente tra di noi.

Contro

  • Forse troppo lineare e semplice per il pubblico odierno.
7

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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