Stadia è morto, il cloud gaming no

Il recente fallimento di Stadia, il grandioso progetto di cloud gaming di Google, ci offre l’opportunità di riflettere su questa branca dell’industria videoludica, fenomeno emergente degli ultimi anni.

Stadia

A meno che non abbiate vissuto sotto un metaforico sasso, avrete sicuramente sentito come di recente Google abbia reso noto che il 18 gennaio 2023 il suo servizio di cloud gaming Stadia chiuderà definitivamente, rendendo inaccessibili tutti i giochi acquistati sulla piattaforma. C’è un risvolto positivo per gli utenti, che vedranno risarciti in pieno tutti i loro acquisti, hardware incluso; la triste fine di Stadia non è però certo una notizia sorprendente. Dopo una roboante presentazione tenutasi il 28 ottobre 2018, che sembrava senza troppi mezzi termini voler porre Google come un nuovo grande nome del mercato alla pari di Sony, Microsoft e Nintendo, il lancio effettivo andò incontro a qualche perplessità, principalmente per problemi di latenza, non gravi ma in ogni caso difficilmente tollerabili quando entrano in gioco titoli multiplayer o FPS dal ritmo serrato. Leggere difficoltà iniziali, però, non necessariamente pregiudicano il successo finale di un prodotto, specie quando dietro c’è un colosso dell’internet come Alphabet.

LA CHIUSURA DEGLI STUDI INTERNI È STATO UN FORTE SEGNALE CHE NON TUTTO ANDAVA LISCIO, NEGLI UFFICI DI STADIA

Il vero punto di svolta, quello che ha fatto sorgere i primi seri dubbi sul cloud gaming secondo Google, è arrivato a febbraio 2021, quando gli studi di sviluppo interni di Stadia sono stati chiusi senza aver prodotto nulla di nota. Che per infilarsi nel mondo del gaming in maniera rilevante non basti avere carriole di soldi da spendere lo abbiamo ben visto negli ultimi anni – basti pensare ad Amazon, con l’insuccesso di Crucible e la cancellazione di un MMO basato sul Signore degli Anelli – e, a quanto pare, lo ha scoperto anche Google con il fallimento del suo particolare approccio. Da lì in poi per Stadia i segnali poco rassicuranti si sono ripetuti; a inizio 2022, Google ha anche declassato la sua piattaforma a progetto di secondaria importanza per poi arrivare, a dispetto delle rassicurazioni dell’epoca, all’annuncio della sua chiusura pochi giorni fa.

Stadia

Se non altro chi ha fatto la sottoscrizione Pro ci ha guadagnato un controller a prezzo zero, visto che anche l’hardware verrà rimborsato.

In questi giorni, del fallimento di Stadia si è parlato e si può parlare sicuramente ancora molto. È interessante, per esempio, osservare quanto anche all’interno dell’industria videoludica sia prevalente il cosiddetto failing upwards non solo fra gli executive ma anche fra gli stessi grandi nomi dello sviluppo (in che modo Marcus Lehto sia riuscito ad approdare su Battlefield dopo Disintegration me lo dovrà spiegare qualcuno). È altrettanto interessante osservare come i colossi tech, con tutta la loro esperienza e supposto know-how, sembrino stranamente proni a colossali errori; di Amazon e di Google abbiamo già parlato, ma molti lettori sicuramente ricorderanno il disastroso debutto di Xbox One (memorabile Don Mattrick che, alla domanda “scusi ma se uno non ha una connessione a internet come farà a giocare con la vostra nuova console?” risponde “Beh per loro abbiamo la Xbox 360”), e la generazione prima fu Sony quella che ebbe serie difficoltà al momento del lancio di PS3 (da qualche parte ho ancora i numeri di PSM dove il CELL viene definito come la cosa più straordinaria mai vista nel mondo del gaming, Ualone io non dimentico!!). E nome in comune al management di PS3 e quello di Xbox 360 è proprio Phil Harrison, cioè la firma in calce al messaggio che annuncia la prossima chiusura di Stadia.

E OLTRE A STADIA?

Quello di cui voglio parlare io, però, è che la fine di Stadia non significa la fine del cloud gaming. Lo ammetto: nell’ottobre del 2018, quando Google presentò la sua piattaforma per il cloud, non riuscì a fare a meno di pensare che l’idea di poter giocare ad Assassin’s Creed Odyssey sul mio browser, senza necessità né di installazione né di un PC dall’hardware adatto, fosse una figata clamorosa. L’assenza di una linea in fibra all’epoca e vari upgrade al mio PC poco tempo dopo assicurarono che non prendessi mai davvero in considerazione la sottoscrizione a un servizio simile, ma oggi guardo al mercato delle schede video e non posso fare a meno di ripensarci. Siamo in una fase di recessione dei prezzi e comunque, a due anni dal lancio, trovare una RTX 3070 nuova a meno di 550€ (cioè essenzialmente il suo prezzo al lancio) è difficilissimo. E il futuro non sembra nemmeno particolarmente sorridente: NVIDIA ha di recente presentato le prime schede della sua serie 4000, e per una 4080 12GB Founder’s Edition (quindi minimo 100€ meno cara delle molto più facili da reperire third party) dovremo sganciare 1100€; ricordiamo che la 3080 Founder’s Edition partiva da un prezzo base – ben presto diventato irrealistico, per carità, ma pur sempre quello era il prezzo giusto secondo NVIDIA – di circa 730€.

Momento nostalgia: con il prezzo di una 4080, non troppi anni fa ci assemblai un PC che per i tempi era ben più che rispettabile.

LA SITUAZIONE DEL MERCATO DELL’HARDWARE NON PUÒ CHE PORRE IN UNA NUOVA LUCE L’OPPORTUNITà OFFERTA DAL CLOUD GAMING

In un’ottica del genere, come si fa a non guardare con favore a servizi come xCloud o GeForce Now, che al prezzo di una quindicina di euro al mese ti permettono di giocare senza doverti preoccupare del tuo hardware, senza necessità di stare dietro ai trend del mercato, senza bisogno di informarti su quale ultima novità è la più efficiente, e senza bisogno di iscriverti a tre canali di offerte su Telegram? Certo, questo genere di servizi non sono accessibili a tutti, chi non ha una buona fibra difficilmente potrà utilizzarli con successo, ma intanto è un’opzione in più che diventa sempre più fruibile mano a mano che l’infrastruttura migliora. E che non vale solo per il gaming: servizi come Shadow o Paperscape, per esempio, mettono addirittura un intero PC a nostra disposizione, permettendo dunque di aggirare i limiti legati agli altri servizi sopracitati (GeForce Now non è compatibile con tutto, ma tramite Shadow posso installare i giochi che voglio io, finché ne ho regolare licenza). Perché Stadia sarà forse stato l’esponente più in vista del cloud gaming, ma di sicuro non l’unico.

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