Quando i manager creano i videogiochi (e falliscono) – L’Opinione

Ci sono casi in cui la puzza di flop si sente sin dall’annuncio di un videogioco, quando si nota immediatamente che un prodotto è stato ideato dai manager di una grande società alla ricerca di soldi facili, piuttosto che da chi quei videogiochi dovrebbe essere in grado di realizzarli con un certo criterio.suicide squad kill the justice league editorialeQuante volte avete visionato un trailer e vi siete chiesti perché mai uno studio di sviluppo dovrebbe buttare soldi e tempo in prodotti che chiunque abbia tenuto in mano un pad per più di cinque minuti non giocherebbe mai? Onestamente ho perso il conto di tutti quei videogiochi destinati a fallire che ho visto, soprattutto nell’ultimo periodo. L’ultimo in ordine di tempo, ma sicuramente non l’ultimo in assoluto, è Concord.

Non è una grande idea far uscire nel 2024 inoltrato un hero shooter

Diciamoci la verità: chiunque con un po’ di sale in zucca avrebbe sconsigliato a Firesprite di portare avanti un progetto del genere. Non è una grande idea far uscire nel 2024 inoltrato uno sparatutto competitivo con eroi, con una concorrenza fatta da Overwatch 2 attaccato al respiratore e Valorant che sì, funziona ma non è mai riuscito a sfondare davvero. E stiamo parlando di due videogiochi free-to-play, laddove Concord verrà venduto a 40 euro, in un mercato che vede la maggior parte dei giochi “gratuiti” faticare a sopravvivere un anno intero prima di chiudere i battenti. Ci stupiamo davvero che, date le premesse, l’open beta di Concord sia stata più vuota di una città di provincia a ferragosto?

L’open beta di Concord ha avuto un picco di appena 2.388 giocatori attivi su Steam: è un gioco che non interessa a nessuno.

Io no, e sono certo che nemmeno voi siate stupiti. L’impressione che mi sono fatto è che i manager PlayStation, Jim Ryan e Hermen Hulst in primis, abbiano deciso qualche anno fa di puntare sui live service alla ricerca della gallina dalle uova d’oro, sperando che il boom di questi videogiochi dovuto alla pandemia perdurasse anche una volta superata la contingenza sanitaria. È l’unica motivazione che riesco a darmi per gli investimenti che Sony ha fatto negli anni scorsi, tra acquisizioni mirate (vedi Bungie o la stessa Firewalk), e la messa in cantiere di una dozzina di “game as a service”. Solo che nel frattempo la bolla si è sgonfiata e mentre alcuni progetti ancora in alto mare sono stati cancellati, chiedere a Naughty Dog e allo spin-off multiplayer di The Last of Us, o rinviati a data da destinarsi (vero Marathon?), altri erano già quasi pronti e quindi tanto vale darli in pasto al mercato e provare a recuperare qualche soldo.

Ma Sony non è certo l’unica ad aver intrapreso questa strada. Qualcuno ha detto Warner Bros. Games? Chissà di chi è stata la brillante idea di mettere in cantiere un live service a tema Suicide Squad e di affidarlo a Rocksteady, uno studio che nel corso della sua lunga storia ha realizzato solo ottimi videogiochi single player. Sì perché non credo nemmeno per un secondo alla storia che Suicide Squad: Kill the Justice League sia stato voluto da Rocksteady: è molto più probabile un’imposizione dall’alto, tant’è che un report di Jason Schreir pubblicato all’inizio di giugno sembra confermare questa teoria.

Non servivano lauree e master in economia per prevedere un tonfo così pesante.

Nel frattempo Suicide Squad arriva sul mercato e – sorpresa delle sorprese – floppa, e floppa davvero male. Si stima che Warner Bros. abbia perso circa 200 milioni di dollari a causa di Kill the Justice League: uno dei flop più pesanti nella storia dei videogiochi.

La strada per il successo mirato di pochissimi è lastricata di innumerevoli fallimenti

Quella di far sviluppare videogiochi multiplayer a studi specializzati in altro non è però una moda recente: basti pensare a BioWare con Anthem, la defunta Arkane Austin con Redfall, o Creative Assembly con Hyenas (quest’ultimo addirittura cancellato a un passo dalla release). Insomma, la strada per il successo mirato di pochissimi studi è lastricata di fallimenti che molto raramente sono attribuibili agli sviluppatori, mentre spesso la colpa è di quei manager così distaccati dalla realtà e così abbagliati dai numerini da non vedere il precipizio verso cui guidano questi studi.

Come Square Enix che ancora pensa di andare avanti con la sua strategia sugli NFT, nel 2024, quando ormai la bolla è scoppiata da un pezzo. La stessa Square Enix che ha pubblicato flop su flop, come Babylon’s Fall e Foamstars, a cui probabilmente nemmeno gli sviluppatori hanno giocato.

In sviluppo dal 2017, Babylon’s Fall uscì a marzo del 2022 e chiuse dopo meno di un anno, nel febbraio del 2023.

Pensate quanto sarebbe stato bello se tutti i milioni di dollari buttati nel gabinetto per soddisfare l’ego smisurato di qualche manager fossero stati investiti in videogiochi a cui il pubblico avrebbe voluto giocare davvero. Chessò, magari quel gioco di Superman tanto vociferato, o un nuovo immersive sim sulla scia di Prey e Dishonored. Chissà cosa avrebbe potuto fare Naughty Dog se non avesse dovuto perdere tempo e risorse rincorrendo uno spin-off multiplayer che non voleva nessuno. Sono tanti i “what if?”, ma ciò che mi fa rabbia è solo una cosa: chi è stato causa di tutti questi fallimenti è ancora al suo posto, o magari si gode una pensione dorata (vero Jimbo?), mentre molti di quegli studi di sviluppo dovranno fare i conti con le conseguenze di decisioni non loro. Ammesso che non abbiano già chiuso.

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