Se c’è un particolare che permette a Insurgency: Sandstorm di distinguersi dal resto della vecchia e nuova concorrenza, e che lo rende un titolo tanto interessante nel popoloso mondo degli FPS multiplayer, questo è lo spiccato realismo. Diciamocela tutta, non è facile attirare l’attenzione con un tema non proprio originalissimo da generica guerra in Medio Oriente tra forze militari e insurrezionalisti, specialmente se si esce a pochi mesi di distanza da giganti come Call of Duty o Battlefield. Eppure il sequel del popolare Insurgency, pubblicato più di quattro anni fa come standalone di una community mod del Source engine, riesce tranquillamente a non finire nel dimenticatoio con l’etichetta di ennesimo CS:GO-like qualsiasi, proprio grazie alla sua natura decisamente punitiva e alla quasi totale assenza di HUD.
LA QUINTESSENZA DEL PVP
L’anima hardcore e vecchio stampo del titolo sviluppato da New World Interactive potrebbe all’inizio scoraggiare i meno habitué del genere ma, fortunatamente, non rappresenta di per sé un ostacolo insormontabile. D’altronde, anche il solo fatto che le squadre abbiano al loro interno fino a sedici elementi fa sì che gli errori di troppo non pesino esageratamente sullo svolgimento complessivo delle partite. Il gameplay è un giusto equilibrio tra la coordinazione di squadra, necessaria per procedere nella conquista della mappa, e l’abilità in singolo. La letalità dei proiettili premia senza mezzi termini i migliori tiratori così come gli strateghi. I nostri avatar sono l’esatto opposto delle cosiddette bullet sponge che rendono alcuni sparatutto moderni così incredibilmente frustranti: per mettere a segno un’uccisione servono pochi colpi ben mirati indipendentemente dall’arma che si utilizza, e conoscere gli anfratti più nascosti della mappa si rivela spesso la carta vincente per mettere fuori gioco i nemici.
Il gameplay di Sandstorm è il giusto equilibrio tra la coordinazione di squadra e l’abilità in singolo
Oltre al PvP, il titolo si compone anche di una parte PvE. Purtroppo non si tratta di una campagna in single player – la cui produzione è stata cancellata lo scorso gennaio – bensì di una modalità co-op denominata “Checkpoint”. Anche in questo caso, il compito è quello di procedere alla conquista di una serie di punti d’interesse nella mappa contro un intero team governato dall’intelligenza artificiale. Checkpoint può essere un buon modo per fare pratica prima di addentrarsi nel multiplayer vero e proprio, seppur non si presenti come ideale sostituto di una story mode.
FAI LA TUA SCELTA
A regalare tante soddisfazioni su Insurgency: Sandstorm è sicuramente la scelta tra una delle otto classi disponibili. Non mancano quelle tipiche di ogni FPS, come il generico Fuciliere e il Tiratore (in sostanza, un vero e proprio cecchino), ma spiccano anche interessanti aggiunte. Il Comandante e l’Osservatore per esempio, se coordinate, possono richiamare il supporto aereo e vivacizzare ancor di più la battaglia. Oltre a un variegato arsenale di armi disponibile per ogni tipo di soldato, il cui feeling è fortunatamente ben diversificato e abbastanza realistico, ci sono una serie di attachment – dai mirini ai compensatori, fino alle pettorine antiproiettile e alle maschere antigas – da scegliere ogniqualvolta si entra in combattimento. Il limitato numero di punti a nostra disposizione ci permette sceglierne solo alcuni, costringendoci così a creare e rimescolare l’equipaggiamento per tentare di trovare le migliori combinazioni in base non solo al nostro stile di gioco, ma anche alle nostre esigenze immediate. Inoltre pistole, fucili ed esplosivi non sono le uniche risorse a disposizione: i veicoli sono spesso una valida alternativa per rompere le linee nemiche, anche grazie alle torrette montate nel retro di alcuni di essi.
Pistole, fucili ed esplosivi non sono le uniche risorse a nostra disposizione
Insurgency: Sandstorm non è esente da difetti, specialmente di natura tecnica. Nonostante questo, è estremamente coinvolgente e dotato di un fascino vecchio stile che rimanda ai vecchi FPS senza esserne necessariamente soffocato. Guardarsi le spalle dai nemici (e dagli amici!) diventa importante tanto quanto la conquista della mappa, e l’abilità negli headshot e nella lettura della mappa deve necessariamente andare di pari passo con una buona coordinazione in team.