Myst è un titolo calato nel suo tempo: negli anni ‘90 bisognava sperare che un amico avesse scoperto per vie traverse come risolvere quell’ostico puzzle

Tra i libri sulle mensole e le porte semi-segrete, imparerete a conoscere ogni dettaglio di questa stanza.
La struttura di tali rompicapo tende ad essere piuttosto complessa e divisa in varie parti consequenziali; una volta risolti, la logica da seguire sembra quasi lineare, ma spesso la condizione iniziale è talmente oscura che per muovere i primi passi si procede a tentoni, provando a muovere leve o schiacciare bottoni qua e là nella speranza di azzeccarci qualcosa. Si tratta in sostanza di gigantesche escape room, in cui però gli ambienti sono così vasti che contengono molti rebus contemporaneamente, e capire se un certo meccanismo fa parte di questo o quel rompicapo specifico è spesso una questione di tentativi. Dotarsi di pazienza zen in grandi quantità è quindi parte integrante del processo, ma il classico momento “eureka!” quando si è finalmente capito il meccanismo è davvero tanta roba.
CARTE BLANCHE
Si sentiva il bisogno di un’ennesima conversione di Myst per la realtà virtuale? La risposta breve è sì. Innanzitutto, se c’è per Switch, non vedo proprio perché non dovrebbe esserci anche per Oculus, e poi la qualità delle ambientazioni si prestano molto bene all’immersività della VR. A tratti, sembra di essere all’interno di un’opera d’arte moderna, a metà strada tra un Magritte e un De Chirico, e mi è successo diverse volte di girovagare per le isole per il puro gusto dell’esplorazione, momentaneamente dimentico delle sfide e dei misteri che mi si paravano davanti.
Di fronte a tale importante nota molto positiva, va comunque registrato che gli sviluppatori non hanno compiuto nessun tipo di adattamento nell’ottica della piattaforma tecnologica in questione. Gli elementi che si possono prendere in mano o manipolare sono davvero pochi, per lo più legati alle risoluzioni dei puzzle, mentre fanno da inarrivabile e intoccabile sfondo la miriade di altri oggetti che arricchiscono le tante stanze che scopriamo durante l’avventura. A tale mancanza, piuttosto banale per gli standard della realtà virtuale, va aggiunto un problema legato alla struttura stessa di Myst: spesso dovremo ricordarci simboli, codici o numeri che tornano utili in luoghi distanti da dove li troviamo inizialmente, e per chi non è dotato di memoria fotografica l’ovvia soluzione è prendere appunti.
La frequente necessità di prendere appunti causa una pesante rottura della sospensione dell’incredulità
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