Perché non sarò mai un retrogamer

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Nel fine settimana, tra un exit poll e una battaglia a palle di neve, mi sono dedicato per qualche ora a giocchicchiare a Ion Maiden, il “nuovo” titolo di 3D Realms di cui potrete leggere un’anteprima fresca fresca, cliccando qui. Una volta arrivato ai titoli di coda – o meglio, alla schermata promozionale della versione completa – della mini-campagna del gioco mosso dallo stesso engine grafico di Duke Nukem 3D e Blood, sono stato colto da una sorta di epifania. Un pensiero che mi ha quasi travolto, nella sua assoluta semplicità: non sarò mai un retrogamer vero.

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Non sarò mai quello che passa il fine settimana a collegare il Commodore 64 al suo monitor originale e al mangiacassette per ri–giocare a The Last Ninja 2

Non sarò mai – e lo dico con una punta di invidia – quello che passa il fine settimana a collegare il Commodore 64 al suo monitor originale e al mangiacassette per ri–giocare a The Last Ninja 2, anche se al capolavoro di System 3 sono legati alcuni tra i più bei ricordi della mia vita. Non lo lancerò mai neppure con un emulatore, anche se la possibilità di farlo è a portata di clic. E lo stesso non farò con un sacco di titoli con cui sono cresciuto. Uomini come Danilo Dellafrana rimarranno per me granitici punti di riferimento e colonne portanti di questo mondo, di fronte alla cui cultura non posso che levarmi il cappello, con la consapevolezza di sapere che non sarò mai come loro, e per almeno tre buone ragioni.

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La prima, forse scontata ma comunque importante, è che esce in continuazione tanta di quella roba nuova che non riesco a star dietro a quella, figuriamoci se mi metto a rigiocare a quella vecchia. Più passano gli anni e più il tempo si fa tiranno: onestamente, potendo dedicare qualche ora a un gioco di corse, tra Gravel e Screamer Rally non ho davvero dubbi su quale scegliere.

potendo dedicare qualche ora a un gioco di corse, tra Gravel e Screamer Rally non ho davvero dubbi su quale scegliere

A questo aspetto si lega la seconda ragione: nel tempo, i miei gusti sono cambiati, si sono evoluti insieme ai videogiochi stessi, e con loro il mio concetto di divertimento. Faccio una fatica infinita, nel 2018, ad affrontare alcune dinamiche di gameplay che venti o trent’anni fa davamo assolutamente per scontate, che andavano benissimo e che ci piacevano un sacco. Per tornare all’esempio fatto all’inizio: anche solo pensare di dover cominciare The Last Ninja 2 da capo ogni singola volta che lo lancio è semplicemente impossibile, così come aspettare dieci minuti per il caricamento del gioco. Poi oh, io sono uno che apprezza alcuni tocchi “old school” nei giochi, se contestualizzati e gestiti saggiamente (vedi Wolfenstein II: The New Colossus, con la salute che non si rigenera automaticamente, per dirne una), ma ci sono cose a cui oggi faccio davvero fatica a rinunciare.

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Da ultimo, ed è sicuramente l’aspetto più importante, già affrontato dai miei amici e colleghi nei mesi scorsi, in qualche modo legato a tutto quanto detto poco sopra: più sono vecchi i giochi, migliore il ricordo che ne serbo, e maggiore la delusione a cui vado – puntualmente – incontro quando li riprendo in mano. Parlo per me, evidentemente, ma il distacco tra quel che il mio cervello ricorda di Kingpin: Life of Crime e ciò che mi ritrovo davanti quando decido improvvidamente di lanciarlo rasenta l’incredibile. E vale anche per Screamer, che pure ho adorato alla follia, o per [inserire videogioco a caso più vecchio di cinque anni].

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