Non più tardi di qualche giorno fa, il mio amichetto di merende Ualone (di casa IGN) ha intrattenuto i suoi seguaci in quel di Facebook con una videochiacchiera a proposito di un argomento che a me sta discretamente a cuore e che riprendo in toto, sperando nel suo perdono per la ruberia. Il buon Gianluca sosteneva quanto fosse fuori tempo massimo la formula dell’abbonamento annuale, elevando Netflix e Spotify (ma anche PSN e Xbox Live Gold, almeno per certi versi) a esempi virtuosi, e scagliando le ire funeste verso SKY e gli operatori telefonici in genere, rei di incastrare il consumatore in una ragnatela dalla quale è poi difficile liberarsi (a meno di non pagare penali), se non attendendo la fine del lungo periodo di legame, spesso solo per mezzo di raccomandate oppure attraverso procedure che manco il Lasciapassare A38.
Inutile dire che sono personalmente d’accordo (come spesso mi accade ultimamente) con la visione di Ualone. Trovo assurdo che, a 2017 ormai inoltrato, non venga data la possibilità di accendere e spegnere qualsiasi tipo di abbonamento con un semplice clic su un sito. E – badate bene – non si tratta per una volta di un problema solo italiano, visto che anche all’estero molti contratti telefonici o di pay-per-view prevedono un lungo periodo di matrimonio (da uno a due anni, di solito) prima che ci si possa liberare del coniuge senza dover pagare penali di qualche tipo.
Da noi il caso più noto è forse quello di SKY, che rinnova tacitamente l’abbonamento di 12 mesi in 12 mesi: se si vuole recedere prima, tocca versare l’obolo, oltre a tutte le scocciature annesse legate alla restituzione degli apparati. A proposito di hardware in comodato d’uso, il caso principe è quello di Fastweb, che viene a chiedere una discreta somma nel caso di mancata restituzione del router: mia madre, un paio di anni fa, si è vista recapitare una “multa” da 110 euro, mentre io mi sono dovuto recare ben quattro volte – con estrema scocciatura e conseguente perdita di tempo – presso uno dei centri indicati dall’operatore, prima di potermene liberare definitivamente. Farsi forte del fatto che “la legge non ammette ignoranza” è un atteggiamento che ho sempre trovato un po’ arrogante. Penso a mia madre, ma anche tutte le persone che poco ne sanno sull’argomento: utenti che di certo sono formalmente in torto per non essersi informati, ma che, al momento della disdetta, avrebbero potuto ricevere un reminder da parte di Fastweb sulla necessità di restituzione degli apparati. E invece, un po’ furbescamente, l’unica cosa che hanno ottenuto è stato un roboante silenzio.
Ci sarebbe da prendere una posizione netta e lasciare nel pantano tutti i vari operatori che non applicano una politica à la Netflix
Certo, non sono così sprovveduto da non sapere che, prima che possa succedere quanto sperato (almeno per quanto riguarda la telefonia fissa), ci sarebbero da risolvere problemi importanti a livello infrastrutturale; tuttavia, è forte la percezione dell’immobilismo strategico, che cioè non ci si voglia muovere in alcuna direzione perché è troppo più comodo mantenere le cose come stanno, placidamente sonnecchianti in una sorta di tacito cartello sul modus operandi. “E io pago”, direbbe ancora oggi il buon Totò… come dargli torto?