Siccome siamo in vena di rivelazioni scottanti, faccio la mia: non riesco a concepire le seconde run nei giochi, soprattutto in quelli narrativi. Voglio dire, non è che non mi sia mai capitato di rigiocare un titolo per il puro piacere di godermi alcune dinamiche di gameplay o alcune scene memorabili, certo, ma in linea di massima quando in una storia ci sono scelte da compiere non torno indietro. Quando un gioco è finito, è finito. Anche nei casi in cui, come in Firewatch – sì, sono ancora in fissa per il gioco di Campo Santo, ma succede quando scrivi una fucilata di caratteri – non sono completamente soddisfatto delle mie scelte, è “buona la prima”. La vicenda è chiusa, perché tornare indietro per vedere come sarebbe andata se avessi scelto altro mi sembrerebbe un tradimento. Se ho fatto determinate scelte me ne assumo la responsabilità, e le ho fatte perché ci credevo e perché non avrei potuto fare altrimenti per essere a posto con la mia coscienza. È sempre stato così: dall’impossibilità di immaginare Baldur’s Gate con un altro personaggio se non il mio ranger, fino al tentativo di non mettere mai in discussione la mia storia con Triss Merigold in The Witcher, a partire dall’affidamento del piccolo Alvin nel primo episodio. Sono scelte importanti, non posso scherzarci su, non posso tornare indietro e fare diversamente, anche a costo di rinunciare agli achievement vari e assortiti, e, soprattutto, pur consapevole di non godermi una parte del prodotto. Come in Heavy Rain, uno dei miei giochi preferiti in assoluto, che mi sono trovato costretto ad analizzare in ogni sua occorrenza per motivi accademici. Ecco, ho sofferto così tanto nel dover rigiocare alcune scene per analizzare tutti gli outcome possibili che una parte di essi ho finito per vederli sul tubo, perché la mia versione della storia era quella giusta, e ne stavo sporcando la memoria. Analogamente, quando per lavoro sono costretto a “stressare” un sistema narrativo, cerco di farlo il prima possibile, per evitare di andare a intaccare qualcosa a cui ho già dato un determinato valore.
Sì, probabilmente è un mio serio problema, ma penso che quella di offrire l’illusione dell’unicità sia anche una delle caratteristiche più potenti e incredibili dei videogiochi: possiamo convincerci che la nostra versione della storia sia l’unica veritiera.
L’offerta di un’illusoria unicità è una delle caratteristiche più potenti e incredibili dei videogiochi
Possiamo farlo perché c’è uno scarto, minimo ma importante, tra noi e i personaggi che interpretiamo, o, per meglio dire, che controlliamo. Sì, perché nella maggior parte dei casi, noi non siamo gli eroi, ma abbiamo la possibilità di determinarne le gesta: è un potere immenso, è come se i vecchi cantori avessero avuto la possibilità di sconfiggere il drago del cavaliere di cui narravano le imprese. D’altronde è Geralt di Rivia a metterci la faccia e a rischiarci la pelle, così come è una versione di Shepard a provare a salvare la galassia. Anche quando creiamo il nostro alter ego c’è una discrepanza data da fattori culturali, origini, aspetti e motivazioni, e a noi spetta il compito di agire per il meglio in ossequi al ruolo del nostro personaggio, oltre che nel modo migliore per completare il gioco. Siamo a metà strada tra mondo reale e universo narrativo, un po’ testimoni e un po’ coscienza dell’eroe. Proprio perché mi sento investito da questa responsabilità, voglio godermi il mio potere e cercare di restituire al mondo, ma soprattutto alla mia memoria, il miglior racconto possibile, attraverso un’azione onesta e trasparente. È per questo che ho un pessimo rapporto con i giochi che non hanno un sistema di dialoghi abbastanza esplicito; quelli, per intenderci, dove non hai pieno controllo di quello che fai dire al tuo personaggio. Forse, è anche per questo che ho amato profondamente Life Is Strange (giuro, basta, non lo metto più negli editoriali), per la sua capacità di integrare la dinamica del tornare indietro all’interno del gioco e farmi godere serenamente una porzione maggiore della storia, prima di prendere le mie sofferte decisioni. Ma una volta schiacciato il tasto definitivo, beh, neanche il potere di Maxine può più nulla nella mia testa. Per completare il quadro sulla mia irrecuperabile patologia, vi rivelo un altro segreto: anche quando si tratta di giochi con una narrazione molto meno interattiva, se ho deciso per qualche motivo di “platinarli”, cerco di farlo alla prima run, o al massimo caricando un salvataggio fatto appena prima l’ultimo momento possibile, per evitare di dover rivivere alcuni passaggi che, nella mia testa, erano già belli che archiviati nell’unica maniera che reputo giusta, ovvero quella del primo momento in cui li ho affrontati. Vi prego, ditemi che non sono il solo.
Nella mia personale esperienza si tratta di titoli con una trama più o meno fissa come le avventure grafiche o alcuni action game in cui il protagonista è quello e non c'è possibilità di cambiare nulla. Spesso capita anche con le Campagne single player degli strategici. Prima di poter rigiocare un titolo preferisco che passino molti anni. Un po' come per i film, non vedo il Blu-Ray di un film visto al cinema meno di 5 mesi prima o rivedo per intero una serie TV finita di vedere da qualche mese.
Ecco al momento mi vien voglia di rivedere un classico di Tarantino, la trilogia di Matrix, o tutti quei film che per vari motivi non son potuto andare a vedere al cinema. Così come ho da qualche mese rivisto per intero tutte le serie di 24 (per la gioia del Keiser) e ho da poco finito la settima stagione (al termine della quale mi son preso una pausa con i vari film targati Tom Clancy). Così come ho intensione di rivedere per intero Chuck, o The Big Bang Theory (di cui ho solo visto qualche episodio sporadico dopo la 5a serie) o Lost.
Tra i giochi il problema non si pone, ho un Backlog infinito che il sol pensiero di dire, mi rigioco un titolo già finito è pura follia. In questo caso particolare mi riesce più facile rigiocare alcuni generi particolari, un Diablo è facile riprenderlo in mano, così come un RPG dove puoi cambiare completamente il party. Diventa invece difficile, come ho già detto sopra, rigiocare uno strategico o un'avventura grafica.
La prima run, é la vera esperienza ludica, quella in cui "esprimi te stesso" e fai le scelte che faresti se il videogioco fosse un'esperienza reale.
Rigiocare facendo una seconda run per me sarebbe impersonale e meno coinvolgente. Ho amato The Witcher 3 ma non credo riuscirei a rigiocarlo nuovamente provando le stesse emozioni facendo scelte lontane dal mio sentire.
Bellissimo articolo, complimenti. :)
GIochi come The WItcher 3 ad esempio, mi sono fatto due run senza mai annoiarmi, una terza non l'ho fatta perchè il gioco è lungo e volevo dedicarmi anche ad altro. ma deus Ex per citarne un altro(il primo) non so quante volte l'ho ricominciato per finirlo. Ci sono vari fattori che mi fanno decidere se e quando riprendere un gioco. Il primo Crysis per fare un altro esempio, l'ho iniziato e finito più volte, e ancora non mi annoia. Il terzo Crysis finito una volta non l'ho più toccato....
Trovo veramente difficile rigiocare un titolo (platinare qualcosa che richieda più di una run per me è praticamente impossibile).
Estendo il discorso anche alle "nuove partite +" che spesso non hanno niente da offrire in più sulla trama, ma solo una difficoltà aumentata.
Penso che questo nasca dall'idea (personalissima, eh), che il medium videoludico sia un passatempo prettamente narrativo, una sorta di estensione interattiva del romanzo di genere. Nella mia testa, imbracciare tastiera e mouse (o joypad), significa principalmente esplorare un universo narrativo, dipanare una trama, immedesimarsi con i o i protagonisti esattamente come si farebbe con la lettura di un libro.
Non a caso, i titoli che preferisco sono generalmente gli RPG single player, dove la storia rimane comunque elemento centrale rispetto alle altre caratteristiche.
Sempre non a caso, la mancanza di una storia chiara e ben definita, di una trama più o meno profonda, è quello che mi ha sempre tenuto lontano dai titoli della FromSoftware
Diverso per i gdr o i giochi troppo lunghi, giocati una volta, il meglio possibile, è avanti il prossimo!
Ad oggi non l'ho più rigiocato e neppure acquistato per me (anche con il 40% di sconto).
- Starcraft 2, non importa quale dei due già usciti, sono sempre fra i miei strategici preferiti, e il loro gameplay non mi stanca mai, anche in single.
- Metal Gear Solid. L'ho finito almeno 15 volte. Non dimenticherò mai le paure di Otacon, i sentimenti di Meryl, la vita di Sniper Wolf e tutte quelle cose che me lo faranno rigiocare ancora.
- Deus Ex, non tanto per la storia, dato che conosco anche una manciata di scene nascoste, quanto per il gameplay e il genere. Adoro l'atmosfera e le meccaniche.
- This War of Mine, sempre per l'atmosfera, anche se ne ho fatte molte run più che altro per la sfida di farcela nelle condizioni più dure
poi ho una marea di giochi scatolati vecchissimi, per cui uno o due titoli anche la li trovo. Da notare che in 15 anni di gaming solo 4-5 giochi si fanno amare, poi ve ne sono moltissimi di cui altissima considerazione, come Far Cry 2, che aveva una storia da manuale, un ending strepitoso, ma non me la sentirei mai di rigiocarmelo. Quel momento bellissimo l'ho fatto mio, lo porto dentro, ma non sarà mai più lo stesso.
Vale per Starcraft, per TWoM, come per tutti gli altri strategici...
Se contiamo le run anche in questo senso, allora ho fatto non quante run dei titoli Total War :)
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Concordo con il fatto che sia inutile parlare di second run in titoli in cui non ci sia una campagna/storia. Sui GSG della Paradox, di recente su Medieval II total war e su Euro Truck Simulator 2 ho un sacco di ore, ma perde di senso il significato di run.