È vero, il sabato dovrebbe essere il giorno dedicato al mio “crimitoriale”, ma questa settimana ho ricevuto troppe buone notizie e, incredibilmente, non necessito di sfogarmi gettando sale sulle ferite aperte. In aggiunta il buon Kikko, con l’editoriale di ieri, ha ampiamente colmato la mia necessità di crimine settimanale. Così, indeciso se raccontare una storiella totalmente a caso o dedicare finalmente ai mastodontici organi genitali maschili di Conan Exiles un dovuto articolo con foto, poesie e dediche, decido che non si rifiuta mai qualche aneddoto inutile. Con buona pace per il Cimmero.
L’argomento in questione l’ho già affrontato, anche se mai in maniera approfondita, diverse volte negli ultimi mesi, soprattutto nell’angolino azzurro dedicato ai titoli indipendenti che infesta la vostra rivista preferita ogni mese, e se solitamente riservo una visione fin troppo nichilistica della nostra società, questa volta c’è spazio per la speranza. Sono solito sostenere che, per non so quale strano concetto, i videogiochi sono uno dei più grandi tabù dei giorni nostri. Può sembrare esagerato, e di certo non è una regola aurea perennemente valida, eppure quando si entra nell’età “adulta”, che spesso coincide con l’ingresso nel mondo lavorativo, ci si lascia alle spalle la vita da ragazzo spensierato e, con essa, i videogiochi. Almeno in teoria.
Siamo uno zoccolo duro, noi videogiocatori: una famiglia, orari stressanti e un autotreno di responsabilità non sono certo sufficienti a farci appendere una volta per tutte il pad al chiodo. L’importante, però, è farlo di nascosto, senza sbandierare ai quattro venti la propria passione. Va bene tutto, dal cinema allo sport, ma ammettere di “perdere tempo” davanti ai giochini equivale a un suicidio sociale. Se spesso affibbio al nostro medium preferito l’appellativo di “fratello scemo” il motivo è anche questo: come possiamo pretendere rispetto da telegiornali, stampa generalista e gente a caso, se noi siamo i primi a dimenticarcene?
Poche settimane fa ho voluto tentare la fortuna durante una cena importante, di quelle in cui sei costretto a metterti la cravatta e per ripicca sotto la camicia indossi la maglietta di StarCraft. Io non sono una gran bestia sociale, o – per meglio dire – non mi trovo a mio agio a chiacchierare “obbligatoriamente” del più e del meno per passare quel lunghissimo paio d’orette in attesa della fine di un evento. Se non ho nulla da dire me ne sto zitto, e apprezzo tantissimo un trattamento inerente da parte di commensali con cui ho davvero poco o nulla da spartire. Eppure ciò era impossibile: partecipare, sorridere, annuire interessato e fare i complimenti al Gran Mascalzon., Lup. Man., Pezz. di Merd., Dottor Barambani, seduto a capotavola.
I videogiochi sono uno dei più grandi tabù dei giorni nostri
La mente si mette al lavoro. “Animali”. No, ché poi sei costretto a spiegare che hai un pappagallo chiamato Chocobo e peggiori la situazione. “Vacanza”. No, ché tocchi un tasto troppo dolente. Umh… “Animali”. No, già pensato. “Videogiochi”. No, no e poi no. Non sei pazzo. Vada per gli animali. La bocca si apre: “Vi piacciono i videogiochi?”. Merda.
Tutti sgranano gli occhi, come se gli avessi chiesto la pornostar preferita. Un paio di ragazze si guardano attorno imbarazzate, come per sottolineare che non c’è nessun legame tra loro e te, povero folle sciagurato. Il Gran Mascalzon., Lup. Man., Pezz. di Merd., Dottor Barambani aggrotta le sopracciglia, mentre tu ormai ti rendi conto di aver fatto la più grossa cavolata del secolo. Spuntano i primi commenti. “Non ho tempo per quella roba lì”. “Mah, forse li ho provati tanti anni fa”. “Non siamo mica ragazzini”. “Io gioco abitualmente a FIFA”. “Non saprei nemmeno in che modo si accend-”. Aspetta, qualcuno ha detto che gioca a FIFA?
Che senso ha cercare di nascondere la propria passione per i videogiochi?
La serata finisce a tarallucci e vino, mentre cerco di spiegare che no, TGM non ha chiuso, che è sempre lì in edicola e che esiste un videogioco, magari poco famoso, perfetto per ogni palato. Sono tornato a casa entusiasta, ma al contempo amareggiato: che senso ha cercare di nascondere la propria passione per i videogiochi? Perché vergognarsi di ammettere che ci si emoziona con un pad in mano? Non lo capirò mai, ma questa piccola esperienza, con tutta probabilità leggermente parafrasata, mi ha donato speranza. I tempi non sono maturi, ma presto lo saranno. E quel giorno, prima di timbrare il cartellino, loderemo tutti il Sole.
Dai, ti è andata troppo bene, forse per l'età matura media dei commensali... e comunque poteva finire mestamente con PokemonGo, CandyCrash, Birds quel che ti pare.
E invece no, ottimo.
Chissà come si sono trovati quelli che non avevano nulla da dire in tema?
P.S. "Brace yourself. (Serious) Videogamers are coming!"
beato te che hai tirato fuori l'argomento e ne hai "parlato"
non penso di conoscere praticamente nessuno con la passione dei videogames...qualcuno ci sta ma per me sono amici lontani e non mi capita mai di passarci una serata insieme...
C'era una ragazza, in particolare, che li odiava, avendo forse solo visto da lontano la console del fratellino... Beh, è bastato iniziare a parlare di Her Story, To the Moon e concludere facendole provare The Stanley Parable. Non è diventata videogiocatrice, ma ha rimosso i suoi pregiudizi sul genere e su di me