Voglia di avventure grafiche

Voglia di avventure grafiche

Non poco tempo fa, il buon Turrini ha pubblicato su Facebook uno screen di un gioco che stava provando in quel momento: il titolo in questione era Gabriel Knight – Sins of the Fathers, in particolare l’edizione remake in occasione del ventennale del gioco. Oltre ad aver riconosciuto l’iconica location dei primi minuti di gioco catturata nell’immagine, mi sono soffermato a leggere i diversi commenti che si alternavano all’approvazione mista nostalgia (canaglia) o alla mera curiosità per un titolo che non tutti riuscivano a inquadrare nella memoria.

Parecchio tempo dopo, probabilmente  influenzato dallo stesso episodio, ho voluto riprendere il terzo capitolo delle avventure dello Schattenjager creato dalla penna di Jane Jensen, Gabriel Knight 3 – Il Mistero Macchiato di Sangue. Pure qui, la scelta è forse seguita a un eccesso di malinconia, mossa anche da un altro importantissimo fattore, ovvero l’organica scarsità di prodotti del genere nel panorama odierno nelle proposte videoludiche, al limite dell’assenza totale. In qualche modo il genere non è mai ufficialmente morto (come dimostrano isolate perle come Kentucky Route Zero o Thimbleweed Park, ndII-V); tuttavia, in casi come questi, quando si ha una gran voglia di avventure grafiche in senso classico, in che direzione deve guardare un videogiocatore?

gabriel knight

Quando abbiamo voglia di avventure grafiche, in che direzione dobbiamo guardare?

I tempi sono irrimediabilmente cambiati. Qualcuno ha anche riprovato a lanciare il genere con sequel di vere e proprie pietre miliari, come Syberia 3, ma l’accoglienza non è stata delle migliori, in parte per i demeriti di un titolo arrivato alle soglie dell’uscita senza la giusta ottimizzazione tecnica. Ormai è chiaro, per quel che mi riguarda: sono ormai lontanissimi i pomeriggi in cui trangugiavo merendine e succhi di frutta davanti il PC con il mio buon amico Fabrizio, che assecondava tutte le mie richieste di supporto morale per superare quella maledetta scacchiera nel Sancta Sanctorum di Gabriel Knight 3, o anche per raggiungere Rubacava in Grim Fandango , o ancora per battibeccare con LeChuck in Monkey Island.  A questo punto ci sarebbe da aprire una gigantesca parentesi sul periodo d’oro della LucasArts, ma è meglio soprassedere per non morire prematuramente di nostalgia.

Spostiamoci a oggi: tolti qualche remake o remastered, a che santo dobbiamo voltarci per rivivere simili sensazioni? Escludendo qualche esponente che difficilmente riesce a farsi notare oltre il palco degli indie, forse potremmo trovare nelle produzioni Dontnod (in particolare Life is Strange e il prossimo Twin Mirror) delle valide alternative e/o soluzioni. All’appello mi vengono da citare anche le produzioni Telltale o, prendendoli molto alla larga, i walking simulator. Non stiamo parlando di vere e proprie avventure grafiche, ma quasi di costole del genere o volendo, di una necessaria evoluzione del genere, così da ‘svecchiare’ la formula del punta e clicca, pur mantenendo intatto il valore narrativo dell’avventura.life is strange

Florido, a suo modo, sembra invece il mercato mobile, che fa della stessa funzionalità touch di tutti gli smartphone di oggi, la diretta evoluzione delle vecchie meccaniche di ricerca con il mouse. Pur avendo tutto nel palmo della nostra mano, però,  il risultato in termini emotivi non sempre è comparabile a quello di molti anni fa.

Mi rendo conto che queste righe sono pregne dei sentimenti di cui sopra, magari influenzate dall’evento citato in apertura, spolverando vecchie librerie che portano inevitabilmente a riesumare oggetti creduti quasi irrecuperabili. Eppure, nonostante tutto, ogni tanto torno con gioia a qualche bel titolo, anche usufruendo di remake o remastered; persino queste ultime operazioni   – talvolta odiate – hanno senso di esistere in funzione della storia del medium e della divulgazione tra le nuove generazioni, ponendo la debita distanza con ciò che, in termini prettamente narrativi, offre il mercato oggi. Titoli come Life is Strange, Gone Home, Virginia o What Remains of Edith Finch sono grandiosi, eppure ogni tanto sento la mancanza di qualche vecchia meccanica rozza o “esilarante”, per uscire da una lunga situazione di stallo emotivo.

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