Generazione 1000 euro

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Ieri è stato presentato da Samsung il nuovo Galaxy Note8, il phablet della casa coreana che dovrebbe far dimenticare – nelle intenzioni – la brutta esperienza che abbiamo avuto col suo predecessore, ritirato dal mercato per problemi di sicurezza, visto che le sue batterie erano a rischio esplosione (e qualcuno si è fatto davvero male). Il device è un piccolo (beh… piccolo nemmeno tanto) gioiellino di potenza, come potete leggere dalla news che abbiamo pubblicato ieri in merito e che trovate qui. L’unico problema? Il prezzo, visto che per metterselo in tasca serve scucire la bellezza di mille, dicasi 1000 euro, cui si aggiungono i prezzi accessori di una scheda SD per aumentare lo spazio disponibile di storage.

Ora, chi mi conosce un minimo sa che – sulle robe tecnologiche soprattutto – adotto la politica che prevede l’acquisto di un top di gamma che mi duri un tot, piuttosto che spendere meno ma trovarmi insoddisfatto a livello di prestazioni, con la necessità di cambiare con più frequenza. In ambito TV, ad esempio, ho tenuto per 7 anni il primo plasma HD Ready di Pioneer  (uno dei precursori che, all’epoca, vantava un’avveniristica porta HDMI, che mi tornò utilissima per allungare la permanenza del TV in salotto), per poi passare a un plasma Full HD di Panasonic, durato 8 anni, e di recente a un 4K OLED di LG, che spero tenga botta tutto il tempo necessario prima che si giunga alla generazione 8K.

Gli smartphone, tuttavia, rappresentano per me un’eccezione importante alla regola. Se metto a budget una spesa grossa è perché voglio essere libero di scegliere “il come e il quando” fare lo step successivo, o comunque posticiparne la necessità il più a lungo possibile. Coi TV di cui sopra ha sempre funzionato, laddove l’acquisto del 4K è stata una “mia” decisione: volendo, avrei potuto continuare tranquillamente con il Full HD di Panasonic, che si comportava ancora benissimo dopo anni di fatiche. La velocità con la quale i device mobile diventano inutilizzabili (e nella categoria, oltre agli smartphone ci metto anche i tablet) va tuttavia contro qualsiasi tipo di ragionamento simile, a meno di non chiamarsi Paperon de Paperoni e potersi permettere di spendere vagonate di denaro ogni due anni, se non ogni anno.

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inorridisco al pensiero di tirare fuori 1000 euro per un prodotto che so per certo diventerà obsoleto prima che il suo costo sia effettivamente ammortizzato dalle ore di fruizione

Questo è il motivo per cui, qualche anno fa, ho abbandonato Apple: dopo aver speso vagonate di soldi per un iPhone 4, dopo meno di 2 anni e mezzo me lo sono ritrovato inutilizzabile a suon di aggiornamenti forzati, pensati solo per supportare i nuovi modelli e “spingere” l’utente a passare a un nuovo modello. Non che su Android le cose vadano molto meglio, ma almeno c’è un po’ più di elasticità e il mercato consente di fruire di offerte un po’ più variegate, soprattutto nel rapporto potenza/prezzo. Samsung fa tuttavia parte di quelle aziende che montano una versione di Android estremamente customizzata: anche qui la mia esperienza non è stata delle migliori, visto che un Galaxy Note 2 – acquistato a un prezzo “da amico”, poco prima che uscisse il modello successivo – è diventato letteralmente inutilizzabile in poco meno di 3 anni.

Per tutti i motivi sopra esposti, sono uno che non si è fatto problemi, al momento opportuno, nel pianificare poco alla volta la spesa di 3.500 per un TV (il lavoro che svolgo è una bella scusante psicologica, va detto onestamente), mentre inorridisco al pensiero di tirare fuori 1000 euro per un prodotto che so per certo diventerà obsoleto prima che il suo costo sia effettivamente ammortizzato dalle ore di fruizione, senza contare il rischio di mandare in fumo tutti quei soldi per cadute accidentali o eventuali difetti che si palesino una volta scaduta la garanzia, visto che l’obsolescenza programmata sembra essere molto più efficace in ambito mobile che nel resto del panorama tecnologico.

Insomma… se anche uno come il sottoscritto, che di bei soldi ne spende in tecnologia (spesso ben oltre quanto potrei), guarda a certe cifre con sospetto – financo con una punta di ribrezzo – forse qualcosa sta cominciando ad andare nella direzione sbagliata. È vero che i prezzi li fa il mercato, ma è altrettanto vero che talvolta ci sono bolle che si gonfiano indipendentemente, e che a un certo punto rischiano di scoppiare di fronte a una svalutazione così repentina del bene che acquistiamo. La corsa al prezzo più alto, in fatto di smartphone, potrebbe tornarci indietro come un boomerang: forse sarebbe ora di dare un freno al nostro celodurismo e dare un bel segnale, lasciando sullo scaffale prodotti che – per quanto fantastici – rischiano di non valere nel tempo il prezzo che costano.

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