Ricordo di aver già scritto qualcosa sull’argomento in un vecchio Backstage sulla rivista, ma credo sia giunto il momento di parlarne anche online, non fosse per il crimine che mi è salito in questi giorni. Odio maledettamente, fottutamente e indiscriminatamente tutti gli spoileratori seriali. Seriamente, se fossero dei Lemmings, attenderei il momento dell’autodistruzione per godermi il countdown sulle loro teste, seguito da un laconico “oh, no!” e l’esplosione di “pop” che ne conseguirebbe. Se tu che leggi queste righe sei uno spoileratore seriale, ecco… sappi che ti auguro un attacco di dissenteria senza carta igienica a tiro (e magari anche senza un water, ma solo un campo di ortiche).
Non se ne può davvero più di gente che non ha altro da fare nella sua giornata che rompere le scatole a chi non ha tempo di vivere le cose “in diretta”. Fatevi una vita, ma prima fatevi curare, ché ne avete davvero bisogno. Davvero non capisco quale divertimento ci sia a rovinare la fruizione di un film, di un serial, di un libro o di un videogioco al resto del mondo. Siete dei poveretti frustrati: in altro modo non saprei definire chi si bea nel danneggiare volontariamente un’esperienza a chi vorrebbe godersela in santa pace, nei tempi e nei modi che preferisce.
Che poi – intendiamoci – non è certo un fenomeno nuovo quello degli spoileratori seriali, per quanto oggigiorno sia estremamente amplificato da internet, un mezzo tanto delizia quanto croce dei tempi moderni. A cavallo tra il liceo e il primo anno di università – ormai eoni fa – mi registravo su videocassetta le puntate di Twin Peaks, per guardarmele con calma poi, visto che avevo altro da fare, tra studio, allenamenti e un po’ di vita sociale. Manco a dirlo, il giorno dopo il plot twist più importante delle prime due stagioni (“Chi ha ucciso Laura Palmer?”), appena sceso dalla metropolitana mi sono trovato lo spoiler scritto a caratteri cubitali sulla parete della stazione. Ancora oggi, a distanza di 25 e rotti anni, se mi trovassi di fronte al fenomeno che ha partorito quella genialata, gli spiegherei probabilmente un paio di cose sul significato della sua meschina esistenza.
Davvero non capisco quale divertimento ci sia a rovinare la fruizione di un film, di un serial, di un libro o di un videogioco al resto del mondo
Nel nostro lavoro capitano dei momenti in cui è difficile raccontare un videogioco senza incorrere in spoiler. Scrivere una recensione di titoli come Last Day of June (giusto per fare un esempio recente) senza rovinare l’esperienza a chi vorrà giocarlo è ben più di un esercizio di stile. Da queste parti stiamo molto attenti a questo aspetto, anche se mi rendo conto che sia impossibile essere del tutto immuni alla questione. Di recente, in una delle videoanteprime che abbiamo partorito in occasione della gamescom, al nostro Davide Mancini è “scappato” un mezzo spoiler su un fatto di una delle scorse stagioni de Il Trono di Spade. Sebbene sia stato un errore dovuto alla concitazione del momento (e figlio dei ritmi di lavoro folli cui siamo sottoposti in occasione delle fiere di settore), è solo parzialmente scusabile. Tuttavia, l’episodio mi ha fatto riflettere sui tempi di fruizione oltre i quali un dettaglio può ancora essere bollato come spoiler. Qual è, secondo voi, il punto di non ritorno in cui i contenuti di un film o di un videogioco possono essere considerati di dominio pubblico e quindi sdoganati ai fini di una discussione? Se, nel raccontare cose di Life is Strange: Before the Storm, facessimo riferimento a questioni del primo capitolo della serie, sarebbe un atteggiamento condannabile o perdonabile perché stiamo pur sempre parlando di un titolo con 2 anni e rotti sul groppone? Che si fa con certi capolavori del passato – come, ad esempio, I Soliti Sospetti – che basano tutto il piacere sul plot twist finale? Si può dare per terminato il periodo di purgatorio, o la regola del “no spoiler” deve valere infinitamente? Onestamente, non ho una risposta da darvi. Magari ce l’avete voi, nel qual caso, beh… sono tutto orecchi e la leggerò tra una partita e l’altra a quella gran figata di Mario + Rabbids: Kingdom Battle.
NB: L’immagine di apertura di questo editoriale è stata scelta solo perché un minuto al giorno di Emilia Clarke fa bene al cuore e aiuta a tenere a bada il colesterolo.