Punch Club è il gioco di combattimento per chi non sa tenere un pad in mano. Allo stesso modo, è il manageriale per chi non sa cosa fare mentre il matchmaking della beta di Street Fighter V si decida a scovare qualche nuovo sfidante. Principalmente, è il titolo di debutto dei Lazy Bear Games, gruppo di sviluppatori indie russi cresciuti a film d’azione e videogiochi a otto e sedici bit, un invidiabile bagaglio culturale che si riflette in quasi ogni schermata del gioco. Perché, nonostante un incipit cupo a base di omicidi e sete di vendetta, Punch Club non si prende mai completamente sul serio, con riferimenti alla cultura pop che tirano in ballo Clerks, Pulp Fiction, Senza esclusione di colpi e e tanti altri capisaldi dell’immaginario nerd.
GIVEN STRENGHT BY THE BREATH OF LIFE…
Va bene così, perché la voglia di scovare questa o quella citazione diluisce uno schema di gioco altrimenti piuttosto monotono, almeno inizialmente. Ogni giornata è una lotta per la sopravvivenza, con il bisogno di dormire e mangiare che vanno a braccetto con la bolletta cronica dell’anonimo protagonista (che chiameremo Frank Dux in questa recensione, vedi anche i titoli dei paragrafi) e la necessità di allenarsi e vincere, puntando al trono del re dei combattenti e scoprire alla fine il segreto dietro l’assassinio del padre.
Punch Club è pieno di riferimenti alla cultura pop, da Clerks a Pulp Fiction, e tanti altri capisaldi dell’immaginario nerd
… I’M GONNA STAKE MY CLAIM, I FIGHT TO SURVIVE!
Non è però necessario essere l’alter ego di Daigo Umehara per avere la meglio sugli avversari, perché i combattimenti di Punch Club sono gestiti dal computer, che si prenderà la briga di effettuare i tiri di dado virtuale e determinare l’andamento dello scontro, nonostante la squisita grafica in stile Super Famicom possa apparire come il palcoscenico adatto per un picchiaduro indie con i fiocchi. Il giocatore sceglie quali tecniche usare in combattimento tra schivate, attacchi e abilità speciali, riservandosi la possibilità di modificare il corredo tra un round e l’altro, magari scegliendo mosse meno spossanti qualora il fiato venisse meno. Perché lo scontro non si vince solo picchiando sodo, ma soprattutto concentrando lo sviluppo del nostro Frank su uno o più valori tra forza, agilità e stamina.
Gli scontri si vincono concentrando lo sviluppo del nostro Frank su uno o più valori tra forza, agilità e stamina
Punch Club è un gioco piacevole, ma il suo ritmo ciclico e lento lo rende un candidato poco appetibile su un PC da mille euro e passa, sebbene le esigue richieste hardware ne fanno un prodotto alla portata di praticamente ogni sistema. È il gioco ideale da tenere in finestra mentre si fa altro, ma non si tratta certamente dell’opzione ideale; per questo ne consiglio l’acquisto su dispositivi mobile, dove l’assenza di input diretti e reattivi durante gli scontri ben si sposa con qualunque touch screen. Combattere per la vita nei panni del nostro amico Frank Dux è coinvolgente mentre si fa la fila alla posta o durante una pausa in ufficio, molto meno davanti a un computer equipaggiato con scheda video megaborg; per quei momenti lì c’è bisogno di quella varietà e di quella voglia di stupire che al momento Punch Club non può vantare, mettendo a nudo fin dai primi minuti la sua anima da gioco per cellulari. Non che sia un male, ci mancherebbe, ma è bene che sappiate a cosa andate incontro.