La perfezione e la follia

nier automata

La mia personalità ha rischiato di dissociarsi definitivamente nel mix del fine settimana: un vero e proprio mostro partorito dalla fruizione congiunta di uno dei titoli più eccellenti del mio backlog, Uncharted 4 – Fine di un Ladro, e dell’ultima e sconvolgente opera di PlatinumGames, quel NieR Automata sui cui Davide Mancini ha riversato vera ammirazione e che, appena due giorni fa, abbiamo ricordato nell’intervista al director Yoko Taro (illuminante, per motivi bizzarri almeno quanto l’intervistato). Un cocktail ad altra gradazione che non ho avuto il tempo di bere fino all’ultimo sorso, ovviamente, e nemmeno a metà bicchiere, ma che è uno degli esempi migliori di antitesi tra eccellenze dei videogiochi. Due opere drasticamente diverse eppure ugualmente alte.

Il titolo dell’articolo non è casuale, perché tanto la perfezione quanto la follia possono portare a capolavori. I giochi di Naughty Dog sono forse il modello più importante di evoluzione degli action adventure, in un continuum che naturalmente è iniziato prima di Uncharted o The Last of Us ma che, con queste serie, ha raggiunto a ogni capitolo il massimo che potremmo augurarci sotto il profilo tecnico e stilistico. Uncharted 4 sembra addirittura la prova provata di una controversa teoria in ambito consolaro, secondo cui una piattaforma come PS4 può essere spinta a limiti incredibili, quasi paritari rispetto al PC, “semplicemente” con l’esperienza acquisita dagli sviluppatori su quel particolare sistema hardware e software, per quanto sorpassato esso sia. Questo non deve scalfire le fedi PCiste, essendo vero solo in teoria: per essere precisi è vero quasi e unicamente per Naughty Dog, capace di acrobazie tecniche che appaiono più alla stregua di isolatissimi “miracoli” – intesi come imprese che nessun altro è in grado di fare – più che come normali prodotti d’entertainment.

I giochi di Naughty Dog sono forse il modello più importante di evoluzione degli action adventure in senso classico

NieR Automata è un caso di follia, appunto, se confrontato con Uncharted 4: lo stacco col predecessore è profondo ma non nella resa tecnica, per cui scomodare la parola “evoluzione” sarebbe finanche eccessivo (anche se c’è stata, naturalmente); soprattutto, il gioco di Platinum riesce a non rientrare in un preciso genere d’azione con un approccio desueto, scegliendo di citarli tutti. Naturalmente è frutto di tanto lavoro di concetto, ma per come appare sembra un’opera quasi “informale”, creata d’istinto: non c’è nessuna paura di sembrare carenti in questo e quell’aspetto dei modelli coinvolti (dual-stick/side-scrolling shooter, brawler, platform bidimensionali e slasher 3D come ossatura principale), e nemmeno di associare concetti filosofici ed esistenziali a un linguaggio ludico frizzante e veloce, apparentemente adatto solo al puro intrattenimento. Il titolo di PlatinumGames non è l’evoluzione di nulla, nemmeno del primo capitolo: è solo e unicamente NieR Automata.

nier-automata-recensione-aperturaEppure, a livello di essenza videoludica, due cose accomunano NieR Automata e Uncharted 4: la coerenza e il talento. Uncharted 4 è coerente perché lo è l’intera storia della saga, e nemmeno il dilagare delle ambientazioni open world ha convinto Naughty Dog a cambiare DNA alle proprie opere, eccezionalmente grandi perché eccezionalmente brave nel guardare al dettaglio, e non per dimensioni. Pure il gameplay mischia fasi di shooting, di movimento fra “piattaforme” e  guida di veicoli, assegnando alle caratteristiche di contorno una sfida quasi inesistente ed elevandole, però, sul piano della perfetta e fluida rappresentazione, senza stacchi o plateali cambi di registro. Anche NieR Automata è coerentissimo, ma in modo più sfumato e concettuale: i generi citati e persino la pausa dei menu fanno parte dell’essenza computerizzata della personalità 2B e 9S (“to be” e “nein es”, come ha ricordato il buon Mancini), capaci in quanto androidi di “stilizzare” la rappresentazione del combattimento nel modo più utile o, ancora, di fruire delle opzioni in una forma che può quasi apparire ferma nel tempo, davanti alle capacità di calcolo di un’Intelligenza Artificiale. Un’interpretazione folle, la mia, ma non così assurda per NieR Automata.

NieR Automata riesce a non rientrare in un preciso genere d’azione con un approccio desueto, scegliendo di citarli tutti

Sul talento credo ci sia poco di cui discutere, al di là dei legittimi gusti personali, ed è facile sfociare (anche) in una questione di fruizione. Giocando ad Uncharted 4 ho avuto la tentazione di abbandonarmi definitivamente alle sue classiche spire, nel solco di ciò che ho sempre immaginato potessero diventare i videogiochi d’avventura e azione. Ho fatto tarda notte, ed è solo la forza di volontà che mi ha fatto lanciare NieR Automata, convinto più da consigli che non da consapevolezze acquisite: l’ho affrontato a livello difficile, ma nemmeno il lungo e tostissimo incipit mi ha distratto dall’insorgente idea di confrontarmi – ancora una volta – con qualcosa di straordinario. Il risultato è sempre stato lo stesso: ho alzato lo sguardo verso l’orologio, e mi sono dispiaciuto di non poter mettere in pausa anche lui.

Per un attimo sono stato quasi preso dalla disperazione, sapendo che dovrò infilarli in tutti i momenti liberi e che, ogni tanto, è anche bello trovare una barriera di gusti che ti libera automaticamente un po’ di tempo. Per NieR Automata e Uncharted 4 non è stato possibile, nonostante sembrino arrivare da universi distanti. Evidentemente il loro Dio è davvero lo stesso.

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