Qualche tempo fa, e parlo di un annetto e passa addietro, buttando giù idee per possibili articoli, ce n’era uno in cui parlavo del perché, dopo tanti anni passati con un joystick, con un mouse o un joypad in mano, non avessi mai apprezzato particolarmente il multiplayer. Vuoi per l’ansia da competizione, come sanno bene quelli che mi conoscono, che mi porta a diventare immancabilmente incapace in un gioco nel quale – da solo – riesco tutto sommato a cavarmela; vuoi perché in compagnia di me stesso fruisco di un videogame nei tempi e nei modi che decido io, senza dover dipendere dalle – legittime – esigenze altrui; vuoi perché con gli sconosciuti, in generale, è difficile avere esperienze positive, sia ludiche che sociali in senso più stretto.
Col tempo la componente cooperativa è diventata più raffinata, organica all’interno di un gioco
Il primo pensiero che mi viene in mente è che si è modificato molto il concetto di multiplayer: quella che un tempo era quasi esclusivamente una modalità competitiva, in questi ultimi anni si è sempre più evoluta, affiancando agli scontri con altri giocatori la possibilità di affrontare missioni, raid, incursioni, quando non intere campagne con altre persone. Non che prima non ci fosse, intendiamoci; dico proprio che la struttura della componente co-op online si è raffinata e migliorata, diventando più fluida, organica, inserita nella struttura complessiva del gioco (laddove questo lo preveda, ovviamente). A questo, ed è sicuramente l’aspetto più rilevante, si è aggiunta la presenza di un gruppo di persone con cui giocare, e che amorevolmente tra di noi chiamiamo #teamcrimine. Parlo della banda di disperati che compone la redazione di The Games Machine, grazie a cui ho (ri)scoperto le gioie e i dolori del gioco online, che si tratti di menare fendenti con i cavalieri di For Honor, di arpionare gente a caso con Warthog, di massacrare a martellate i Guardiani del Crogiolo, o di sconfiggere narcotrafficanti in Bolivia.
Mi diverto ancora a videogiocare da solo, e ogni occasione per farlo è sempre accolta con grande piacere, soprattutto di questi tempi; in egual misura, però, quelli che una volta erano titoli che ignoravo in toto o che magari degnavo solo di una rapida occhiata sono entrati nella “heavy rotation” delle mie sessioni ludiche. Il risultato è doppiamente positivo, quello che gli americani chiamano win-win: io mi diverto un sacco, e questa è sempre una cosa buona; in seconda battuta, la mia cultura ludica ne beneficia parecchio, e anche questo non è male. In tutto questo, continuo a non essere un fan sfegatato delle modalità competitive, con l’unica eccezione (ormai l’avrete capito) di quelle a squadre, purché il team sia composto, almeno in parte, da membri del #teamcrimine.
Vale anche per voi lo stesso? Oppure siete di quelli che “naaah, il gioco online non fa per me“? O magari giocate online da prima di imparare a camminare, e avete un K/D di 2.4?