Alla fine,
il progetto chiamato “The Woods” del regista Adam Wingard, altro non era che Blair Witch, sequel diretto del primo capitolo del film cult datato 1999,
The Blair Witch Project, forse una delle pellicole più importanti del nuovo millennio per promozione e narrativa presentata.
Più che una review, questa vuole essere una sorta di “analisi” del perché sia praticamente inutile creare sequel o remake di film che, per diversi motivi, hanno segnato la storia del cinema, come già scritto per I Magnifici Sette.
Blair Witch è una sorta di sequel/remake mediocre
The Blair Witch Project era un film che riportava in auge lo stile narrativo dei found footage – che, ricordiamo, è stato inventato da noi italiani, vedere
Cannibal Holocaust di Deodato per credere – elevandolo ad un nuovo livello di comunicazione: improvvisamente la camera e il filmato preesistente a cui assistevamo diventavano di un’importanza fondamentale.
Gli eroi facevano spazio alla videocaamera, vero e unico mezzo di comunicazione per rievocare i ricordi passati, un oggetto di ripresa che si sposa perfettamente con le memorie umane. Insomma, sembrava un grandissimo omaggio all’evoluzione dei media e alla loro importanza.
Messaggio ripreso anni dopo da J.J. Abrams nel produrre
Cloverfield, dove la stessa videocamera – qui digitale, a mostrare l’evoluzione della tecnologia – registrava brandelli di un’umanità posta davanti a una crisi cittadina, usando il mostro che distrugge la città come grande allegoria dell’11 settembre 2001.
Se accompagnate tutto questo a una campagna marketing tramite web – parliamo del web del 1999 – che portò molti a pensare che il filmato presentato fosse il montaggio di una cassetta realmente trovata, capirete perché il film fece parlare di sé per parecchio tempo, con gli spettatori che cedettero di assistere alla vera tragica storia di tre ragazzi.
Blair Witch, praticamente, non regala emozioni
Cos’è, dunque, questo Blair Witch targato 2016? Poca cosa. Dopo diversi anni, il fratello della protagonista del primo film decide di andare alla sua ricerca. Nulla di più. Il resto sono battute, situazioni e ambientazioni identiche al primo capitolo; insomma,
come hanno detto alcuni di Star Wars VII: Il Risveglio della Forza,
Blair Witch è una sorta di sequel/remake mediocre, senza inventiva o soluzione narrativa o tecnica degna di nota. Anzi,
il continuo passaggio da una camera all’altra tra i protagonisti non crea alcun senso di terrore, regalando solo un continuo mal di mare. Anche l’introduzione di tecnologie attuali, quali GPS o droni, risulta assolutamente futile ed inutile nel film; inserimenti che regalano solo nuovi modi per creare tristi destini ai protagonisti.
Al netto di quello che era stato The Blair Witch Project, forse il primo progetto con una delle campagne marketing più azzeccate della storia, con annesse versioni videoludiche di survival horror ad episodi, Blair Witch, praticamente, non regala emozioni. Paradossalmente, porta il nome di un film che aveva dato linfa vitale al found footage, ma qui ne sancisce la totale morte per mancanza di idee e, forse, saturazione inevitabile del genere.
VOTO 5
Genere: horror
Publisher: Eagle Pictures
Regia: Adam Wingard
Colonna Sonora: Adam Wingard
Intepreti: James Allen McCune, Callie Hernandez, Corbin Reid, Brandon Scott, Wes Robinson, Valorie Curry
Durata: 90 minuti