Mia mamma ha il brutto difetto di cominciare a vedere le serie TV quando sono già cominciate da un po’. Non si cura minimamente di cosa si è persa prima: prende e va, indomita, pretendendo di riuscire a capire tutto ciò che succede. Forse è figlia di quella narrazione non lineare che le serie TV, proprio per la loro natura episodica, mantenevano fino a qualche anno fa. Insomma, lo faceva quando vedevo Lost. Arrivava, si godeva 10 minuti e poi, magari, tornava un paio di episodi più tardi a farsi spiegare tutto quello che era accaduto nel frattempo. Se avete visto anche una sola stagione di Lost, sapete che una domanda del genere ti può mettere in croce, perché, senza tanti giri di parole, bravo chi ci ha capito qualcosa. A quel punto mia mamma si adirava per la mia incapacità espositiva e se ne andava, salvo poi tornare, magari un paio d’ore dopo, per verificare se avevo fatto pace col cervello ed ero finalmente in grado di spiegarle. Quando mai…
Nonostante io non abbia mai fatto lo stesso con le serie televisive (e possiamo quindi presupporre che questa sua simpatica caratteristica non sia stata trasferita nel mio corredo genetico), devo ammettere che con i videogiochi mi è successo tante volte. A volte per colpa mia, perché riprendere in mano un titolo dopo più di un mese è come non averlo giocato mai, specie in quei casi in cui la trama è fondamentale e dopo qualche giorno non ricordi nemmeno più il nome del protagonista. Soprattutto, però, mi è successo con i multiplayer in continuo aggiornamento.
Prendiamo Destiny. L’ho giocato all’uscita e poi per qualche mese successivo. In quel periodo avevo chiare più o meno tutte le meccaniche. Sapevo come il gioco mi avrebbe segnalato missioni, ricompense e taglie. Poi l’ho abbandonato giusto in tempo per ripescarlo un paio di anni dopo, con l’espansione I Signori del Ferro. Navigando tra i menù ho avuto l’impressione di dover imparare da capo: era cambiato tutto, dalle voci del menù al modo in cui venivano segnalate le missioni ancora da completare, dalle ricompense alle meccaniche di gioco. Fortunatamente, però, il gameplay di Destiny è abbastanza intuitivo e semplice e ci ho messo un amen a riabituarmi alla cosa.
Un titolo può cresce insieme alla community e al giocatore, fino a mutare forma in modo importante
Scherzi a parte, è evidente come Destiny (maggiormente, visto che ne ho potuto seguire l’evoluzione almeno un pochino) e For Honor non siano stati concepiti come titoli che si possono mollare e riprendere a piacimento. Cambiamenti anche radicali da un periodo all’altro, in moltissimi videogiochi, sono ormai un fatto consolidato. Come per le serie TV, sembra ci sia stato un cambio di paradigma importante anche nel nostro medium preferito: un titolo può cresce insieme alla community e al giocatore, fino a mutare forma in modo importante, e chi resta indietro fa una fatica doppia a riprendere il filo del discorso. Giusto o sbagliato che sia.