È una brutta strada quella intrapresa nell’ultimo periodo da Activision Blizzard. Un sentiero che ha portato al licenziamento di circa 800 dipendenti tra sviluppatori e personale amministrativo, mettendo in atto una politica di riduzione dei costi che – nell’immediato – porterà a una ristrutturazione dell’organico al fine di concentrare le risorse su quelli che sono i franchise di maggior successo della compagnia. Si parla ovviamente di Call of Duty, ma non mancano Candy Crush, Overwatch, Hearthstone, Diablo e il sempreverde Warcraft. Insomma, quelle che nel linguaggio economico vengono definite le “cash cow”, le mucche da mungere: massimo risultato con il minimo sforzo.
VIVIAMO IN UNA SOCIETÀ PER AZIONI
Dove sta il problema, quindi? Chiunque abbia anche un minima infarinatura di economia sa che queste mucche sono essenziali al mantenimento di un flusso di cassa costante che possa finanziare le altre attività d’impresa, spesso molto più rischiose e che quindi richiedono investimenti ingenti prima di diventare profittevoli. La strategia esposta dai manager di Activision Blizzard durante l’ultima conference call con gli investitori, però, mette in risalto più di qualche perplessità. In primis il taglio dell’8% del personale, per ridurre i costi delle attività meno profittevoli, e in secondo luogo l’aumento del 20% degli sviluppatori che si occupano di quelle proprietà intellettuali di maggior successo citate in apertura. Ora è chiaro che ciò non impedisce al publisher di investire in nuovi progetti in un secondo momento, ma nell’immediato potrebbe non essere la cosa più saggia da fare, soprattutto in considerazione del fatto che tutti quei franchise – chi più e chi meno – sono in costante e inevitabile declino. Durante l’anno in corso, quindi, Activision Blizzard aumenterà la forza lavoro impegnata in progetti collegati a queste proprietà intellettuali, a discapito di tutte quelle attività che nel recente passato non hanno raggiunto gli obiettivi fissati dal management.
La riduzione dei costi porterà a una ristrutturazione dell’organico per concentrare le risorse sui franchise di maggior successo
LO SPAURACCHIO DEI SINDACATI
Inutile dire che negli ultimi giorni si è innalzato un vero e proprio polverone in merito a tale questione. C’è chi ritiene che la responsabilità sia dei manager di Activision Blizzard, rei di non aver portato la compagnia verso gli obiettivi prefissati; gli stessi soggetti, però, hanno semplicemente attribuito la colpa a quei costi che non sono stati in grado di generare abbastanza introiti. Per questo Game Workers Unite, un’associazione che si batte per l’istituzione di un sistema di sindacati a tutela di chiunque lavori nell’industria videoludica, ha avviato una petizione per richiedere il licenziamento di Bobby Kotick, il controverso amministratore delegato di Activision Blizzard. È chiaramente difficile che tale proposta venga presa in considerazione dall’assemblea degli azionisti, ma questa presa di posizione sottolinea un altro problema dell’industria, perlomeno di quella d’Oltreoceano: l’assenza di tutela sindacale.
Game Workers Unite ha avviato una petizione per richiedere il licenziamento del CEO Bobby Kotick