Le vite vuote dei videogiocatori

videogiochi ferrara

E ci risiamo, ovviamente. Nel giorno di Nintendo Switch, quando tutta l’attenzione della stampa videoludica e degli appassionati di videogame è concentrata sulle novità della casa giapponese, la “generalista” torna a fare quello che le riesce meglio, ossia sparare a zero, senza particolare motivo, sui videogiochi.

“PlayStation” è la prima parola nel titolo del Corriere, e non è un caso

Nei giorni scorsi avevano cominciato quelli de Il Mattino e qualche altro quotidiano “minore”; oggi arriva anche Corriere.it a mettere il proverbiale “carico”, aprendo il sito a tutta pagina (salvo la canonica e preziosissima colonnina di destra, dedicata a una “icona sexy” degli anni Settanta, eh, che ci sono anche le notizie importanti da dare), con il titolo “Playstation, bar e spinelli: i giorni vuoti di Riccardo e Manuel“. Attenzione, perché la scelta delle parole non è casuale. La prima che viene letta da chiunque passi da quelle parti è “PlayStation”. Poi c’è il bar, che non sapevo essere un aggravante di qualsiasi genere, né del resto non ho mai visto nessuna protesta/accusa nei confronti dei baristi, e infine gli spinelli. Prendendosi la briga di andarsi a leggere meglio l’articolo, verso la fine si dice che uno dei due ragazzi avrebbe anche assunto cocaina. Che, per quel poco che conosco del mondo delle sostanze stupefacenti, mi sembra una cosa un pochettino più grave e seria, sintomo di problematicità più importanti rispetto alla “PlayStation”.

videogiochi ferrara

Che poi, almeno si decidessero. PlayStation o PC?

È deprimente, nel 2017, essere ancora a questo punto della discussione

Certo, come scrivevano molti altri colleghi sulle loro bacheche, è veramente deprimente, a inizio 2017, trovarsi di nuovo qui a fare di questi ragionamenti, costretti a lamentarci della pochezza di certi articoli, e della miopia di certi direttori di giornale, che ancora pensano che il videogioco sia il male assoluto, e non – tanto per dire – il passatempo preferito da milioni di persone, e che se la gioca con l’industria del cinema per dimensione, portata e valore economico (consiglio la lettura di questo rapporto di ESA, relativo ai soli Stati Uniti, per chi fosse interessato a farsi un’idea degli ordini di grandezza di cui stiamo parlando). Oppure, che ancora considera il videogioco come un luogo di perdizione dell’anima, e non un mezzo espressivo che, nei suoi mille modi unici e diversi, coinvolge, appassiona, commuove e diverte almeno tanto quanto musica, cinema e fumetti.

Ancor più deprimente, però, è l’associazione tra i videogiochi e le “vite vuote”

Quel che più mi ha deluso, però, che mi ha fatto scendere l’entusiasmo (diciamo pure così) a livello delle caviglie è l’associazione tra la “PlayStation” (e passi l’eccesso di semplificazione) e i “giorni vuoti” nella vita di questi ragazzi, su cui non ho intenzione di entrare né ho alcun interesse a farlo. Il passaggio è rilevante, nella narrativa della stampa generalista: non solo i videogiochi insegnano la violenza e fanno diventare cattivi. Sono anche sintomo di disagio sociale, di vite che non hanno uno scopo, non hanno una prospettiva: chi si rifugia nella “PlayStation” lo fa perché non ha altro, né mai l’avrà, perché rimane intrappolato lì dentro. Sciocchi noi, a pensare che i videogame possano anche essere, al pari di qualunque altra esperienza della nostra vita, fonte di arricchimento personale, culturale ed emotivo. Sciocchi noi.

Nota: il titolo su Corriere.it è stato modificato in “Videogame, bar e spinelli”. Probabilmente, almeno secondo me, dopo una più che legittima telefonata in redazione da parte di Sony.

Aggiornamento: AESVI, l’Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani, ha pubblicato una nota sul modo in cui alcuni mezzi di informazione hanno trattato l’argomento.

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Parliamo di...
  1. 1.
    Questo sentire comune contro i videogiochi è tipico un po' di tutte le madri, quindi un po' di tutti. La colpa non è mai di chi educa (o maleduca), ma è dei videogiochi, o dei film violenti, o dei talk show cruenti (vedi la polemica di Fiorello) e così via. Io gioco ai videogiochi dal mese di ottobre del 1997, quando mi fu comprato il mio primo pc (anzi, da prima se consideriamo le volte che provai il computer del lavoro con gli scacchi violenti di cui non ricordo mai il nome), sarò anche diventato sociopatico e misogino, ma se un giorno farò una strage non sarà certo per colpa di TW3, Call of Duty od altro...
    2.
    Si rimane di sasso e si rabbrividisce a leggere questo articolo, due ragazzini minorenni che pianificano un omicidio, dei genitori per giunta.
    Considerando che i videogiochi ci sono da decenni, la droga idem...direi che sarebbe da fare una riflessione su cosa veramente può portare ad un aberrazione del genere.
    3.
    Le tesi di stampa (e genitori/educatori) sono sbilanciate ed esagerate. Ma possono esserlo benissimo, e per le stesse ragioni (il non guardare in faccia la realtà e/o esaltarne solo una parte arrivando a distorcerla), anche quelle del fronte opposto, che quasi li venera, i videogiochi. A me pare evidente che questi e il rapporto che hanno con la vita quotidiana di ognuno di noi possono essere entrambe le cose. Opportunità o rischio. Benessere o disagio. Passatempo (che magari diventa addirittura professione) o dipendenza ai limiti del patologico.
    Dei produttori di grosso calibro di videogiochi ancora non ci sono nella realtà italiana (affermazione molto rischiosa, perchè Milestone e Kunos sono tutt'altro che piccole realtà), quando la nazione entrerà a gamba tesa nel business e creerà posti di lavoro la gente si calmerà. Mi auguro solo che non si finisca all'estremo opposto rispetto ad adesso.
    PS pessima cosa comunque prendere spunto da cronaca nera e specularci sopra e/o strumentalizzarla. Voltiamo pagina per favore. Grazie.
    4.
    Daedra117
    Le tesi di stampa (e genitori/educatori) sono sbilanciate ed esagerate. Ma possono esserlo benissimo, e per le stesse ragioni (il non guardare in faccia la realtà e/o esaltarne solo una parte arrivando a distorcerla), anche quelle del fronte opposto, che quasi li venera, i videogiochi.

    E non mi sembra il caso di TGM, o dell'editoriale in questione. A dire il vero non mi sembra essere il caso di nessuna testata specializzata. A chi ti riferisci?
    Daedra117
    A me pare evidente che questi e il rapporto che hanno con la vita quotidiana di ognuno di noi possono essere entrambe le cose. Opportunità o rischio. Benessere o disagio. Passatempo (che magari diventa addirittura professione) o dipendenza ai limiti del patologico.

    Verissimo, ma non commettiamo l'errore di pensare che l'oggetto della patologia ne sia anche la causa, anche se è comodo e fa molto "stampa generalista", o "poco informata". Sarebbe come avere la pelle delicata, mettersi le mutande di lana e poi dare la colpa alle mutande di lana se ti grattano le chiappe.
    Daedra117
    Dei produttori di grosso calibro di videogiochi ancora non ci sono nella realtà italiana (affermazione molto rischiosa, perchè Milestone e Kunos sono tutt'altro che piccole realtà), quando la nazione entrerà a gamba tesa nel business e creerà posti di lavoro la gente si calmerà. Mi auguro solo che non si finisca all'estremo opposto rispetto ad adesso.

    Qui proprio non ti seguo: cosa intendi per "estremo opposto"? Gente che si metta ad idolatrare (qualsiasi cosa voglia dire) i videogiochi? Nel caso ti rimando a poco sopra, al passaggio circa il confondere l'oggetto di una patologia con la sua causa.
    Daedra117
    PS pessima cosa comunque prendere spunto da cronaca nera e specularci sopra e/o strumentalizzarla. Voltiamo pagina per favore. Grazie.

    Dunque secondo te difendere il proprio settore lavorativo dalle accuse poco informate (e piuttosto ingenue) di una della più grandi testate nazionali sarebbe speculare e strumentalizzare"? Per capire.
    5.
    C'hai preso sicuramente con il cambio di titolo da 'playstation' a 'videogame'... i lorsignori giornalisti generalisti capiscono le vaccate solo con la minaccia di ritorsione finanziaria (quando sanno palesemente di aver torto, sennò si spera tirino dritti puri e sicuri nella ricerca della verità).
    Ergo anche la AESVI dovrebbe farsi sentire tramite avvocato, sai mai che 'videogame' non passi in terza posizione nel titolo o sparisca.
    6.
    Sempavor
    E non mi sembra il caso di TGM, o dell'editoriale in questione. A dire il vero non mi sembra essere il caso di nessuna testata specializzata. A chi ti riferisci?

    Di fronte opposto a quello che spara a zero su questo tema ce n'è solo uno.
    Sempavor
    Verissimo, ma non commettiamo l'errore di pensare che l'oggetto della patologia ne sia anche la causa, anche se è comodo e fa molto "stampa generalista", o "poco informata". Sarebbe come avere la pelle delicata, mettersi le mutande di lana e poi dare la colpa alle mutande di lana se ti grattano le chiappe.

    Purtroppo qui non ti capisco. Provo però a riformulare quello che ho detto in altro modo, per metterti l'animo in pace. Utilizzo di videogiochi può avere ripercussioni positive o negative sull'individuo. Punto. Sono le due facce della stessa medaglia. Dire "i videogiochi sono il paradiso sulla Terra" (o se preferisci, i videogiochi mi hanno salvato la vita, se vuoi un riferimento più esplicito) e dire "i videogiochi sono pericolosi, ti lavano il cervello, ti sciolgono il cervello, ti fanno diventare un criminale etc." per me è lo stesso. Io chiamo questi atteggiamenti ideologia o generalizzazione. Tu invece se vuoi puoi chiamarmi bigotto.
    Sempavor
    Dunque secondo te difendere il proprio settore lavorativo dalle accuse poco informate (e piuttosto ingenue) di una della più grandi testate nazionali sarebbe speculare e strumentalizzare"? Per capire.

    Chi ha speculato secondo me non è TGM ma il Corriere. Scrivere un saggio riempitivo dai toni moraleggianti a partire da un fatto di cronaca nera... Io personalmente non lo sopporto. TGM ha agito però da cassa armonica, involontariamente. Anche tu ed io che stiamo discutendo stiamo facendo la nostra parte. Da qui il mio appello a voltare pagina. Ammettiamo anche di voler combattere questa mentalità (secondo me il tempo e il ricambio generazionale la batteranno da soli, senza bisogno del nostro aiuto), non potremmo, anzichè abbassarci al loro livello (polemiche e lamentele che lasciano il tempo che trovano), dare buona testimonianza di noi stessi? Penso soprattutto a coloro che non si limitano a videogiocare ma cercano di apprendere il loro processo produttivo (magari col sogno nel cassetto di aprire una attività, presto o tardi). Pensaci: dimostrare che il videogioco fa parte dell'industria dell'intrattenimento, che genera ricchezza e posti di lavoro (e opportunità) anche qui nella nostra nazione. Non ti sembra più giusto e produttivo?

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