Le musiche che ti entrano nella testa (e non ci escono più)

Le musiche che ti entrano nella testa

Chi mi conosce sa come dia personalmente molta importanza alla OST di un videogioco, e d’altronde non è la prima volta che tratto questo argomento nello spazio dedicato agli editoriali (ma anche attraverso il Backstage sulla rivista, come ben sa chi ancora ci professa amore attraverso l’acquisto del cartaceo). Legare un’esperienza a un tema musicale particolarmente riuscito è un ottimo modo per riaccendere la rimembranza, grazie anche alle numerose proposte che, tra colonne sonore ufficiali e cover, sono facilmente raggiungibili su YouTube, Spotify o altri servizi simili.

Di base, il mio “soffrire” di sinestesia ,seppur in forma leggera, amplifica ancora di più il riaffiorare di vecchie sensazioni: bastano i semplici incipit del tema di The Elder Scrolls o di Metal Gear Solid 2, così come le prime note al pianoforte di To Zanarkand o Roses of May, perché nei miei occhi compaiano le immagini di quei momenti e, al contempo, percepisca nelle narici il profumo della torta di mele preparata da mia nonna che ero solito “tenere a tiro” per alimentare le sessioni di gioco notturne con una sana dose di zuccheri. Il mondo si ferma, mentre io finisco in una bolla spazio-temporale tutta mia e mi godo l’attimo, in attesa che termini il brano o che qualche impudente interrompa la magia, facendomi squillare lo smartphone.

Le musiche che ti entrano nella testa

Legare un’esperienza a un tema musicale riuscito è un ottimo modo per riaccendere la rimembranza

Il nirvana, però, è raggiunto quando “si fa scopa” all’interno della stessa serie. Proprio ieri sera, in una delle full immersion nelle terre di The Legend of Zelda: Breath of the Wild (di cui domani vi racconterò il mio pensiero in un’accorata recensione), è partito in sottofondo un arrangiamento di uno dei temi classici della saga: ecco che subito mi sono fermato, smettendo di pensare alla missione in corso, e ho assaporato il momento; ho ammirato la vastità del panorama con occhi diversi e ho scorto in esso frammenti di memoria storica dei vecchi episodi, schegge che nel mio cervello sono legate a doppio filo con quelle note. Lo stesso è accaduto percorrendo la rotta che ha portato Master Chief dai prodromi del primo Halo ai giorni nostri, e altrettanto potrei dire in merito ad altre celebri serie, tanto che se mi mettessi qui di buzzo buono a stilare un elenco, probabilmente finirei di scrivere questo editoriale tra un paio di giorni.

Non so se vale lo stesso per voi, ma quando ciò accade è, per me, al pari di un’esperienza mistica. Le musiche, a volte ancor più di quanto accade a schermo, mi strappano via come la corrente impetuosa di un fiume in piena e mi portano in un limbo metafisico tra passato e presente, dove amo stanziare, anche solo per qualche minuto. Ed è ancor più bello quando ciò succede in modo sorprendente, all’improvviso; senza andarsela a cercare, la sinestesia. Come nel caso di Zelda di cui sopra, o come quando – proprio mentre sto scrivendo queste righe – Claudio Todeschini decide di ascoltare a tutto volume la OST di The Last Ninja, meritandosi un abbraccio sincero subito dopo aver messo un punto a questa frase.

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