Life is change

life is change editoriale (2)

Ieri sera, mentre le zanzare della Bassa Brianza decidevano di cibarsi amabilmente di ciò che resta di me, mi sono soffermato a osservare le attività dei miei due figlioli. Erano lì, appollaiati sul divano, intenti a videogiocare: la più grande stava capendo come approcciare il terzo Sacrario di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, mentre il secondo – PS Vita in mano – si trastullava con una partita di blitzball dopo l’ennesima boss fight vinta in quel di Final Fantasy X. Quando Giulia, qualche giorno fa, si è avvicinata alla mia postazione lavoro per chiedermi «papà… posso iniziare una partita a Zelda?» non ho creduto a ciò che sentivano le mie orecchie. Ma come? Proprio lei che, fino a qualche settimana prima, mi guardava come fossi un matto quando tenevo in mano Switch e mi esaltavo per aver scoperto l’ennesimo luogo nascosto della mappa? Lei che, fino all’altroieri, non si scollava manco a schiaffoni da Pokémon e Animal Crossing? Ancor più incredibile è la metamorfosi di Matteo, dieci anni e un carattere da maschiaccio incazzato, che fino alla fine della scuola era tutto Mario Kart, Clash Royale e FIFA, e che improvvisamente ha scoperto l’esistenza di robe come Fire Emblem e Final Fantasy, quest’ultimo perché è rimasto folgorato sulla via di Damasco mentre mi ha visto alle prese con Final Fantasy XII: The Zodiac Age (la cui recensione arriverà nei prossimi giorni), tanto da implorarmi in ginocchio che gli procurassi qualcosa di simile.

Va da sé che, nel processo di crescita da bambini a ragazzini, i gusti cambino, e non solo in fatto di videogiochi. Se ripenso al fatto che fino a 15 anni mi facevano schifo le patatine fritte e i gamberoni alla griglia, mentre ora ne mangerei fino a scoppiare, quasi mi esplode il cervello. È sempre affascinante osservare come la mente umana sia fatta di argilla, malleabile alle vicissitudini e aperta ai cambiamenti, anche repentini.

life is change editoriale (1)

È sempre affascinante osservare come la mente umana sia fatta di argilla

Quella dei gusti in fatto di videogiochi è comunque una questione valida anche per chi un ragazzino più non è, come me e come almeno alcuni di voi. Grazie al lavoro che svolgo ho occasione di giocare un po’ a tutto, ma è inevitabile come ci siano generi che amo ben più di altri e che approccio con un piglio e un piacere differenti. Tuttavia, se solo cinque anni fa mi aveste detto che avrei passato centinaia di ore su un 4X, come è capitato quest’anno con Civilization VI, vi avrei dato degli spostati di testa. Parimenti, negli ultimi tempi ho scoperto il piacere di giocare ai roguelite, un genere che ho sempre guardato di traverso e che invece, con la complicità di piccole perle come il recentissimo Cryptark (di cui Mario Baccigalupi ci ha donato oggi la recensione, qui), mi sta coinvolgendo sempre di più.

Viene da chiedersi quale sia il meccanismo per cui, nonostante siano tanti i lustri passati a videogiocare e i gusti si siano ormai per lo più fossilizzati, capiti che ci si lasci ammaliare da cose che ci erano passate sotto il naso un botto di volte, ma che abbiamo ignorato (per non dire schifato) fino a quel momento. Non so quanto ciò accada perché alcuni generi maturano e riescono a cambiare volto di quel tanto che basta ad accendere un interesse sopito, o perché invece – in quanto esseri umani – siamo sempre aperti al cambiamento e a lasciarci colpire al cuore da Cupido alla prima occasione. Quel che è certo è che i gusti cambiano anche dopo una certa età, anche quando credevi di aver ormai raggiunto la tua forma definitiva nel grande puzzle dell’universo. Persino in fatto di videogiochi sono una persona in eterna mutazione, e la cosa un po’ mi stupisce, ma anche mi stuzzica non poco. Stai a vedere che, tra qualche tempo, potrei riuscire perfino a esaltarmi per un RTS…

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