Capisco l’entusiasmo per il film di Yeon Sang-ho ma non riesco a condividerlo, per lo stesso motivo per cui ho adorato World War Z, perché non ce la faccio più a vedere/sopportare soap opera à la The Walking Dead. Le cause sono da ricercarsi in un cinema di genere – e in questo i sudcoreani sono “portatori sani” di bellezza – e nelle pellicole dedicate agli zombie che nascono con George A. Romero e muiono con Lucio Fulci. Per il resto si tratta solo di escamotage volti ad estrapolare qualcosa di nuovo da quel messaggio sociale e capitalistico su cui Romero avevo fondato il mostro zombie.
Train to Busan, al netto di un’ottima regia e di una cornice drammatica che è il cuore di tutta la pellicola, non ha altro da dire. Attinge da diversi film, ne prende concetti, idee e rappresentazioni e li amalgama perfettamente, passando dal già citato World War Z a REC 3 – La Genesi e Snowpiercer del connazionale Bong Joon-ho, dove la metafora del treno, delle sezioni divise per classi sociali e quindi relativa lotta per rimanere in vita, è la medesima.
La trama è semplice: un virus che tramuta le persone in zombie, e si propaga tramite il classico morso, si abbatte sulla Corea del Sud
Oltre a questo, il film non riesce a rivoluzionare la figura degli zombie, che ormai non si trascinano più, ma sono feroci; corrono, diventano una massa continua di corpi putrefatti che inonda e infetta con una velocità tale da non concedere ai protagonisti momenti di lucidità o il tempo per fare le giuste decisioni; sembrano più una rappresentazione della paura dell’ignoto e del domani, di qualcosa di sinistro che sta per accadere e sui cui non abbiamo alcuna possibilità di controllo.
Il film non riesce a rivoluzionare la figura dello zombie
Forse non sarete d’accordo con me, ma chi urla piangendo di gioia riferendosi alla “scena finale” forse non ha mai visto La notte dei Morti Viventi di Romero.
VOTO 7
Genere: drammatico, horror
Publisher: Tucker Film
Regia: Yeon Sang-ho
Colonna Sonora: Lee Hyung-deok
Intepreti: Gong Yoo, Ma Dong-seok, Jeong Yu-mi, Kim Su-an
Durata: 118 minuti