Il cast ufficiale del titolo è composto da lottatori con caratteristiche molto diverse tra loro che incidono direttamente sul gameplay
Il cast ufficiale è però ben altra cosa: Axel e Blaze tornano con le loro tecniche classiche, ampliate dalla possibilità di compiere un inedito attacco speciale a mezz’aria, assieme a quelli da posizione neutra o in movimento. Tra di loro sono presenti piccole differenze, vedi la padronanza del pugnale della bella ex poliziotta, ma il grosso della differenza arriva dagli altri lottatori. Floyd è un colosso che può portarsi dietro i nemici per scaraventarli dove fa comodo, coinvolgendo un altro eventuale sventurato in una doppia testata e compensando la scarsa mobilità con l’estensione delle sue braccia bioniche, mentre la piccola Cherry è in grado di correre, un elemento che cambia pesantemente il ritmo al gioco per rendere la vita dura a quei boss che trovano nella gestione dello spazio il punto di forza. Adam Hunter si unisce al gruppo dopo un paio di stage, tanto per donare pathos alla prima, vera (lo avete giocato l’ottimo nonché amatoriale SoR Remake, sì?) riunione tra i tre protagonisti originali, e offre una via di mezzo grazie a brevi scatti, utili per coprire le distanze e continuare il rushdown. Ognuno vanta colpi caricati con una sana propensione al wall bounce e una mossa finale da usare con parsimonia, ripristinabile tramite un pickup discretamente raro.
L’ARTE DELLA RISSA
Il nuovo aspetto grafico è generalmente ottimo, ma comprensibilmente divisivo: i protagonisti sono eccellenti, ma il character design di parecchi nemici (specialmente quelli inediti) potrebbe non piacere a tutti, così come l’aspetto dei fondali, alcuni riusciti, altri invece piuttosto blandi come nel caso della galleria d’arte.

Cherry può effettuare dannosissimi assalti in corsa: quello che ci vuole contro la difesa di quel karateka.
Una cosa che metterà d’accordo tutti è la resa finale, impreziosita da un uso ben ponderato di luci, ombre ed effetti particellari che contribuiscono ad animare egregiamente l’azione senza sconfinare nel pacchiano. Bocciati invece i classici filtri retro simil CRT, eccessivamente marcati e inadatti a sprite e fondali in alta risoluzione. Non male la colonna sonora, che resta fedele al beat della saga grazie anche alla preziosa presenza di Yuzo Kojiro tra i compositori; quando il maestro picchia forte sulla tastiera la differenza si nota, ma anche le altre tracce conservano un sapore sufficientemente ”autentico”. Il nuovo aspetto grafico è generalmente ottimo, ma comprensibilmente divisivo
Trovano posto anche il Boss Rush, con tanto di classifica online, e la modalità Duello dove sfidare gli amici in otto diverse arene, mentre, ahimé, in questo risicato periodo di prova non ho trovato nessuno per testare il gioco online. È solo rimandata, e nei prossimi giorni sapete dove trovarmi.
In Breve: Non mi divertivo così da parecchio: Streets of Rage 4 evolve le vette raggiunte dall’eccellente Bare Knuckle 3 (ben superiore alla controparte occidentale, come confermeranno gli intenditori) in un sistema di combattimento fluido e soddisfacente. Con quattro livelli di difficoltà la sfida è aperta a tutti, e le numerose modalità doneranno parecchie ore di gioco ai fanatici delle risse digitali. A conti fatti l’unico appunto che posso muovere al gioco è una certa mancanza di coraggio per quanto riguarda gli stage, lineari come la tradizione arcade vuole. Non mi sarebbero dispiaciuti bivi e percorsi secondari à la Tower of Doom, nonostante qualche segreto in salsa retro sia comunque presente negli anfratti più nascosti, ma anche così il risultato è assolutamente di prim’ordine. Ci si becca online!
Configurazione di Prova: Intel i7, 16 GB RAM, Nvidia Geforce GTX 1070, SSD
Com’è, Come Gira: Streets of Rage 4 è un gioco vecchio stile anche per quel che riguarda i requisiti: con le impostazioni tarate a Ultra non ho notato un attimo di incertezza sulla configurazione indicata.
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