Ghost in the Shell - Recensione

In un futuro più vicino di quel che pensiamo il mondo è completamente informatizzato, i paesi sono sempre in conflitto tra loro e gli esseri umani hanno a loro disposizione poteri cibernetici di ogni tipo. Una divisione di antiterrorismo cibernetico, la Sezione 9, ha nel Maggiore (Scarlett Johansson) il suo soldato migliore, grazie al corpo totalmente androide ma con cervello umano. Un incontro/scontro con un terrorista hacker che sta uccidendo i più alti funzionari della Sezione 9 porterà il Maggiore a dubitare di quelli che sono i suoi colleghi e chiedersi se i ricordi che possiede, della sua vita da umana, siano reali o no.

Compromesso: questo è il grande vocabolo da tenere bene a mente quando ci si avvicina al qui presente Ghost in the Shell in salsa cinematografica. È noto l’impatto culturale che ha avuto prima il manga e poi l’omonimo film d’animazione, tanto da influenzare all’epoca i fratelli, ora sorelle, Wachowski nella stesura e nella produzione di Matrix. Hollywood non avrebbe potuto riportare così fedelmente i temi trattati nell’opera di origine, e ha quindi optato per un compromesso (per l’appunto) che porterà inevitabilmente a una spaccatura di opinioni tra gli spettatori paganti.

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A dispetto di una sfiducia globale e di varie critiche, il risultato è più che soddisfacente

Di norma, quando si tratta di film tratti da opere esterne (quali fumetti, romanzi et similia), trovo la fedeltà all’opera originale, tanto chiamata in causa in special modo nell’ambito dei cinefumetti, un falso problema: il lungometraggio deve essere visto, analizzato e teorizzato all’interno di una cornice cinematografica, e non per nulla i famosi “diritti di sfruttamento cinematografico” si chiamano così per un preciso motivo. Qui, come altrove, Hollywood assorbe il succo generale dell’opera e lo ricuce attorno i propri standard: a dispetto di una sfiducia globale e di varie critiche, il risultato è più che soddisfacente.

Non mi soffermerò sulla trama, principalmente per evitare spoiler. Alcuni stravolgimenti rispetto alla matrice originale erano necessari, seppur non forzati: anzi, certe soluzioni sono molto coraggiose e non fanno mai cadere questo adattamento di Ghost in the Shell in una dimensione prettamente action. Le scene di azione sono dosate con il contagocce, lasciando agio a un fattore di totale immersione nella metropoli futuristica che fa da teatro alle vicende, pregna di sentori a metà tra i ghetti orientali e le cupezze della Los Angeles di Blade Runner. Lo stesso Rupert Sanders, che certo non ha un curriculum di regia di qualità, in questo caso lascia respirare il film in molte occasioni, ci lascia gustare paesaggi lontani, attività urbane e fondali marini, accompagnando per mano il Maggiore e i suoi relativi dubbi, curando quindi la parte estetica con una cura maniacale e che risulta il vero punto forte del film. Il viaggio verso i titoli di coda è infiocchettato da una colonna sonora mai troppo violenta, e anzi spesso dolce, quasi a ricordare una melodia infantile, trasmutando il Maggiore in una Alice che si addentra nel Paese delle Meraviglie alla ricerca della sua personale verità.

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I difetti maggiori di Ghost in the Shell emergono guardando alla scrittura

I difetti maggiori di Ghost in the Shell emergono guardando alla scrittura, troppo asciutta e compatta per un film che mette sul piatto diverse tematiche cyberpunk: i soli 100 minuti circa di durata, che in altre situazioni varrebbero alla stregua di un pregio, qui si tramutano in un vero e proprio problema. Gli stessi personaggi al di fuori del Maggiore vengono dipinte come macchiette e non hanno lo stesso carisma del protagonista ben interpretato dalla Johansson; per dire, i nemici del Maggiore – certo ispiratissimi a livello di design – hanno tuttavia lasciato il carisma a casa. Tutti, tranne Takeshi Kitano: cinefili incalliti vi avverto… troverete poche battute per lui, ma assolutamente clamorose, in perfetta linea con il personaggio che ha creato in anni e anni di carriera. Una leggenda vivente.

Per concludere, la risposta alla domanda da un milione di dollari: vale la pena recarsi al cinema per un film come Ghost in the Shell? Secondo me sì, perché nonostante abbia i problemi segnalati nella trama e nei contenuti, ha una resa visiva curata e ispirata. Nonostante non sia un prodotto riuscito al 100%, il film non è realizzato con approssimazione o superficialità, anche se qualche purista dell’opera originale inarcherà in malo modo più di una volta il sopracciglio.

VOTO 7

ghost in the shell posterGenere: fantascienza, azione
Publisher: Universal Pictures
Regia: Rupert Sanders
Colonna Sonora: Lorne Balfe, Clint Mansell
Intepreti: Scarlett Johansson, Takeshi Kitano, Michael Pitt, Juliette Binoche, Pilou Asbæk
Durata: 106 minuti

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