Sarà l’estate, che inevitabilmente ci rende più nostalgici e vulnerabili alle cose del passato, ma dopo aver letto l’editoriale di ieri del buon Davide Mancini non ho potuto esimermi dal rallegrarmi di come sia stato fortunato testimone di quel periodo aureo che sono stati gli anni Ottanta. Certo, è facile cadere nel tranello di pensare a quanto si stava bene nei bei tempi andati rispetto a oggi, ma non è il caso di questo editoriale. Anche io, come Davide, ritengo che siamo fortunati nell’avere, in tempi moderni, una vasta scelta di cose da giocare; tuttavia, quando siamo ormai a un passo dagli anni Venti del nuovo secolo, credo sia ora di archiviare definitivamente quella decade lontana come una delle migliori della Storia se guardiamo al mondo dell’entertainment, per tantissimi motivi.
Personalmente, ho avuto la fortuna sfacciata di vivere gli anni Ottanta nel pieno della pubertà, avendo compiuto 18 anni nel 1990. La mia generazione ha potuto assistere in pieno fermento ormonale alla nascita di pietre miliari del cinema e della musica; soprattutto, però, ha vissuto gli inizi del settore dei videogiochi, vagiti che all’epoca non lasciavano certo presagire che ci saremmo ritrovati – oggi – con un mercato talmente in espansione da fatturare più dei due già citati medium, che trent’anni fa avevano già raggiunto l’età della maturazione. Tra sale giochi, console e gaming su PC, gli anni Ottanta sono stati vere e proprie fondamenta dell’edificio nel quale abitano molti blockbuster del presente, per non parlare di quanto si ampli il calderone se consideriamo anche l’odierna scena indie.
Solo chi ha vissuto quegli anni può avere un quadro completo del panorama
Lungi da me sostenere che si stava meglio quando si stava peggio, perché davvero non è così. Sono estremamente felice di quello che abbiamo in mano oggi, sia guardando al cinema (alla musica un po’ meno), sia più strettamente al mondo dei videogiochi. Resto però dell’idea che solo chi ha vissuto quegli anni può avere un quadro completo del panorama: i più giovani, con lo studio del passato e il recupero delle vecchie glorie, possono farsi un’idea di massima; tuttavia, le sensazioni scolpite sul campo che noi “vecchietti” ci portiamo dentro sono – ahimè per chi è arrivato dopo! – uno strumento pionieristico essenziale per mettere a fuoco i contorni in maniera netta . E io, che gli anni Ottanta li ho presi come un treno in piena faccia, non posso che essere felice di averli vissuti così, senza pudore e freni inibitori.