Ho abbracciato con grande curiosità un progetto come Playing Hard, documentario sulla realizzazione di For Honor da parte del direttore creativo e di Ubisoft, trovando inedita e pregna di sfida l’idea di applicare una tale struttura storico-analitica alla realizzazione di un videogioco.
Per lo stesso motivo, l’arrivo di God Of War: Raising Kratos ha avuto per me quasi il valore di una ricerca personale, in cui trovare o meno conferma sulla funzionalità di una simile operazione documentale; questa seconda opera, tuttavia, vista nell’arco di pochi giorni dal recente Playing Hard, solo in parte riesce a ottimizzare la formula.
Cos’è God Of War: Raising Kratos? Nulla di più semplice, il titolo è tutto un programma; il regista Brandon Akiates ha condensato in circa 110 minuti cinque anni di riprese, seguendo giorno dopo giorno la nascita, la lavorazione e il lancio nel 2018 di God of War, esclusiva Sony PlayStation dal successo globale.
Se Playing Hard faceva del conflitto tra publisher e direttore creativo il fulcro su cui costruire attorno diverse situazioni, God Of War: Raising Kratos , al contrario, non si pone problemi produttivi nella stesura del progetto e, anzi, cerca di indagare nel rilancio di Kratos non tanto la voglia di Santa Monica Studio di rilanciarsi prepotentemente nel mercato videoludico, quanto i motivi per ci il gioco è stato fatto in un certo modo, figlio della maturazione di tutto il team che ha dato i natali al primo God Of War del lontano 2005.
Corey Barlog quindici anni fa era un “cazzone”, come lui stesso ammette senza vergogna; l’irascibile Kratos era una diretta estensione di quel tipo di persona, allegramente superficiale, compresa la sua sete di sangue e vendetta.
Anni dopo Corey cresce, lavora comportandosi da vero leader, ascolta, si prende del tempo, spera e ha paura del suo progetto.
Diventa marito, padre e la visione del mondo cambia drasticamente. Già dopo pochi minuti, in cui vengono dipanati i successi precedenti del franchise, il documentario spiana la strada a una morale strettamente umana, concentrandosi solo in piccola parte sui problemi in sede di sviluppo – l’unico vero tentennamento di Barlog arriva con la presentazione ufficiale all’E3 del 2016, quando cerca di capire se lui e il suo team potranno essere all’altezza dello standard presentato nella demo. Il vero nocciolo del documentario si interroga su quanto sia concreta la metafora del cambiamento che si palesa già nelle primissime fasi di gioco, con Kratos intento a tranciare un albero (simboleggiante la vecchia saga) e trascinarlo verso il funerale della sua amata. La cenere che porta a una nuova vita e una nuova avventura.
In questo contesto di grandi speranze, parabole umane e affiatamento del team, culminato nel celebre video in cui Barlog si registra commosso mentre legge le prime recensioni online, allo scadere dell’embargo, c’è essenzialmente lo stesso problema che si era presentato anche in Playing Hard, ovvero la mancanza di un vero e proprio obiettivo documentaristico che possa far ricordare quest’opera al di fuori della semplice cronaca di alcuni eventi, riportati in modo didascalico per poi essere fagocitati dal successo del gioco senza una giusta contestualizzazione.
il documentario come genere atto a narrare i lunghi processi dietro la creazione di un videogioco ha ancora molti angoli da smussare
Il prodotto videoludico mostra ancora una volta un modus operandi che taluni ignorano, magari pensando che un un tripla A di queste dimensioni possa essere completato in un cammino lineare non troppo lungo nel tempo. Ancora una volta viene illustrato quanto sia difficile portare a termine la tabella di marcia di un titolo così ambizioso, in particolare quando a pochi mesi dal lancio ci si ritrova con più di 2000 bug da risolvere, tanto da dover rimandare l’uscita di diverse settimane – forse la parte più divertente, folle e dannatamente razionale di tutto il documentario.
Il settore videoludico ha moltissimo da raccontare in termini di genesi dei prodotti, come ben dimostrano indagini come quelle di God Of War: Raising Kratos o Playing Hard . Opere che spianano la strada a un approccio interessante che, tuttavia, presenta ancora una forma grezza, bisognosa di smussare più di un angolo ed esaltare meglio i temi centrali.
Ricordiamo che il documentario è disponibile gratuitamente sul canale YouTube ufficiale di PlayStation.
VOTO 7
Genere: documentario
Publisher: Sony PlayStation
Regia: Brandon Akiates
Colonna Sonora:
Interpreti: Corey Barlog, Christopher Judge, Sunny Suljic
Durata: 115 minuti