Che ambigua sorte che il destino ha riservato al tanto atteso sequel di Space Jam, film del 1997 che negli anni si è ritagliato la sua fetta di appassionati facendolo diventare alla stregua di un cult: un po’ come successo con Gli Incredibili 2, sequel chiamato a gran voce da tutti e realizzato in modo preciso e chirurgico, Space Jam: New Legends indovina qualche buon momento, per mancare proprio di una sua identità.
A distanza di anni, tanti e troppi anni, le aspettative per un film di gran qualità che riesca a recuperare lo spirito e la frizzante magia del primo fortunato capitolo erano davvero alte, e la missione ardua. Più il tempo passava e più tacitamente si comunicava la difficoltà nel realizzare un prodotto di quel calibro, o forse come talvolta capita la questione riguardava gli script presentati, non all’altezza delle aspettative dei dirigenti. Warner Bros non ha mai nascosto la testa sotto la sabbia, sapeva che il pubblico avrebbe apprezzato un nuovo capitolo, ma quando finalmente ha preso la sua decisione, ecco che fa il passo più lungo della gamba, sbagliando totalmente il target di riferimento.
da sequel tanto atteso, space jam:new legends arriva sbagliando totalmente target di riferimento quanto la stessa natura produttiva
Se il primo Space Jam ancora rientrava nel defunto genere di cinema per ragazzi, ma accessibile a una fetta ampia di pubblico, oggi film del genere non se ne realizzano più e c’è da sottolineare come negli ultimi venti anni l’importanza mediatica di Bugs Bunny e compagni sia drasticamente calata, riducendosi quasi a una piccola nicchia. La soluzione dunque si palesa in un vettore cinematografico utile a veicolare più di un obiettivo.
Se da una parte Space Jam: New Legends è palesemente un film che cerca di riportare i Looney Tunes al pubblico, togliendo polvere e ruggine decennale, la stessa major gioca con la sua identità e inserisce i personaggi in altri mondi di suo sfruttamento cinematografico: Matrix, Harry Potter, Il Signore degli Anelli, tutti gli eroi DC e le wasteland di Mad Max: Fury Road. Saltando nel mondo digitale e catapultando i Looney Tunes nei server della Warner, ecco che tutte le influenze non diventano più forzature, dando vita a una trama sin troppo superficiale a cui l’aggiunta della star dell’NBA del momento, LeBron James, fornisce il classico contorno delle sfide nella vita reale, regalando un quadretto padre-figlio sicuramente piacevole, ma dal gusto un po’ stantio.
Space Jam: New Legends non fallisce nella sua missione di regalare divertimento, anche se l’asticella è tarata verso il basso, da battute secche, dirette e pronte per essere assorbite facilmente da un pubblico molto piccolo. A far storcere il naso è proprio la natura stessa dell’operazione, costruita con un ritmo narrativo forsennato, con eventi che capitano in continua successione, senza dare il tempo di essere metabolizzati e dunque difficilmente digeribili. Si corre, si parla e nel mentre i Looney Tunes si divertono a farsi i dispetti. Tutto bello, colorato ed esplosivo, ma estremamente impalpabile nella consistenza cinematografica.
A fine visione ci si rende conto che – tolti un paio di momenti ben riusciti, divertenti e realizzati con perizia durante i quali ci si può divertire allegramente, perché i Looney Tunes alla fine sono sempre divertenti – a mancare, a risultare assente, è proprio il film, facendo scadere questo atteso sequel in una sorta di vetrina promozionale dei Looney Tunes, quanto della stessa Warner Bros, esercizio non nuovo e, per esempio, già presente in diversi episodi o film di Teen Titans Go!, con la differenza che se quest’ultimi hanno una deliziosa cornice totalmente ilare e divertente, Space Jam si costruisce su forzature che vengono tenute in piedi da LeBron James, di certo non un attore naturale ma che fa indubbiamente del suo meglio, mettendoci però tanta, tantissima fatica ad arrivare a fine film indenne.
VOTO 5.5
Genere: animazione, commedia
Publisher: Warner Bros
Regia: Malcolm D. Lee
Colonna Sonora: Kris Bowers
Interpreti: LeBron James, Don Cheadle, Khris Davis, Sonequa Martin-Green, Cedric Joe
Durata: 115 minuti