Poche le scene di repertorio, giacché dei “soli” 75 minuti di documentario ne occupano appena due o tre: il resto del minutaggio è pregno di aneddoti, storia e racconti di emozioni che il calciatore argentino ha lasciato nei cuori di vecchi e giovani tifosi; il tutto volto a giustificare il motivo per cui le fotografie del calciatore (ma anche allenatore e dirigente sportivo) argentino vengono accostate senza problemi di sorta ai santini di San Gennaro.
Ancora provati dal terremoto del 1980, i cittadini videro l’arrivo di Maradona al Napoli come motore trainante per risollevarsi e trovare nuove speranze nel calcio: quando mai è capitato, infatti, che il giocatore considerato più forte al mondo arrivasse in una squadra che, sovente, veleggiava a metà classifica? La paura e la disperazione lasciarono presto posto all’euforia, con i cittadini che contavano i giorni del calendario che li separavano dalla domenica sportiva in cui potevano tifare per la propria squadra del cuore.
La passione per Maradona ha salvato la città in uno dei suoi momenti più difficili
Il documentario inscena una particolare e originale visione di come l’esagerazione dei napoletani verso Maradona – viva tuttora – non sia frutto di un amore eccessivo, ma di una riappropriazione di identità. I cittadini si sono sempre definiti napoletani e non italiani, sfogo di una urbe sempre più massacrata dai luoghi comuni e più volte abbandonata dalle istituzioni. Ecco, quindi, che una “semplice” vittoria del Napoli – trascinato dal giocatore argentino – su squadre quali Juventus, Milan o Inter acquisiva un valore di rivalsa: il meridione che “annientava” il nord. Era come se si levasse un urlo strozzato ad indicare che c’erano anche loro, e l’artefice di queste vittorie era sempre lui: Maradona.
Il regista trasforma sette stagioni calcistiche in una favola moderna
Il regista trasforma sette stagioni calcistiche in una favola moderna che arriva dritta al cuore. Da romano (e romanista), difficilmente riesco a capire o condividere un amore e una devozione così sfrenati anche a decenni di distanza, e che sembrano non sopirsi mai, ma questo è il grande pregio della pellicola, riuscire ad arrivare a tutti, senza la pretesa di convincere lo spettatore di un amore a lui sconosciuto, ma raccontando – semplicemente – quella passione che esula dal tipo di sport per cui tifiamo o dal colore della pelle. Una passione che – questo lascia intendere il documentario – ha salvato la città in uno dei suoi momenti più difficili, regalandole anche l’identità di cui parlavo poco sopra.
Maradonapoli è al cinema dall’1 al 10 maggio, fatevi un regalo. Parafrasando il film L’arte di vincere, come si fa a non essere romantici con il calcio?
VOTO 8
Genere: documentario
Publisher: Warner Bros.
Regia: Alessio Maria Federici
Colonna Sonora: Roberto Procaccini
Intepreti:
Durata: 75 minuti