Checché se ne dica, i videogiochi sanno essere, a parer mio, uno strumento comunicativo e aggregativo dalle molteplici capacità. Possono comunicare un messaggio più o meno profondo, far vivere esperienze fantastiche alla pari -o quasi, dipende dai gusti- di libri e film e, proprio come la musica e le fotografie, far riaffiorare ricordi sfumati e sensazioni sopite a distanza di anni. Sono convinto che molti videogiocatori siano, sotto sotto, degli inguaribili romantici, ognuno legato ai compagni digitali di scorribande virtuali con cui è cresciuto.
Da piccolo, personalmente, rimanevo affascinato dai cabinati che mi capitava di incontrare nei locali in cui mi infilavo per un gelato durante le vacanze estive (ah quanto rimpiango quei tre mesi di vacanze, a saperlo non avrei mai superato l’esame di quinta elementare). Poter essere il protagonista di ognuna di quelle incredibili avventure era un richiamo irrinunciabile, la varietà e l’originalità delle scuse cui mi aggrappavo per elemosinare un ultimo, vitale gettone avrebbero potuto facilmente farmi passare per un caso patologico, ma fortunatamente nei primi anni Novanta le dipendenze ritenute gravi erano altre. Street Fighter 2, Shinobi, Toki, Banshee, The New Zeland Story, Snow Bros, Golden Axe e Altered Beast, giusto per citare i primi arcade che mi vengono in mente, mi regalarono momenti appassionanti che non potrò mai dimenticare: davvero, a volte non ricordo se ho 34 o 35 anni, ma se mi chiedete come si fa un horiuken posso mimarvelo anche nel sonno.
LA LEGGE DEL CUCCHIAIO DI LEGNO
Il momento in cui mi resi conto che, grazie alle prime console casalinghe, potevo finalmente crearmi una mia personale sala giochi, fu il Big Bang che diede inizio a un lungo e ancora in corso viaggio nel mondo dei videogiochi. La coda per potermi godere una partita al mio titolo preferito, la malinconica fine dei gettoni o l’abbandono coercitivo della manopola erano solo ricordi lontani: non c’erano più impedimenti che si sarebbero frapposti tra me e il tanto agognato the end.
i videogiochi sanno essere uno strumento comunicativo e aggregativo dalle molteplici capacità
Da un videogiocatore all’altro condividiamo tutti la medesima, infinita passione
Ecco, nonostante il modo di divertirsi cambiasse di anno in anno e noi mutassimo con lui, le risate genuine hanno sempre composto la colonna sonora che ha accompagnato tutte le nostre sessioni di gioco, sia quando si trattava, magari nei periodi più freddi, di esplorare mondi fantastici con un joypad in mano, sia quando rincorrevamo un pallone o giocavamo a guardie e ladri in cortile. Ultimamente ho ripensato spesso a quei giorni di un’epoca lontana perché la mia ragazza ha riscoperto il piacere di rilassarsi giocando al primo Prince of Persia. Era proprio questo il gioco cui si dedicava, molti anni fa, assieme al fratello maggiore sul loro vecchissimo computer, e sono stato intimamente felice di notare quanto, giocarci oggi, riesca a ricordarle le emozioni vissute in quei momenti di videoludica complicità fraterna.
Ciò che il tempo separa, la condivisione può unire, indipendentemente dagli anni trascorsi e dai chilometri percorsi nel frattempo perché le sensazioni non muoiono mai. Da un videogiocatore all’altro condividiamo tutti la medesima, infinita passione e, in fondo, anche se ognuno di noi predilige un genere o uno stile piuttosto che un altro, questo stesso amore finisce per legarci invisibilmente quasi fossimo tanti vecchi amici: non potrai sopprimerci tutti, dannato cucchiaio di legno!