Immaginate, per esempio, di essere un cittadino americano e di aver studiato l’italico idioma in un prestigioso istituto. Immaginate anche di giungere nel Bel Paese e di ascoltare, sempre per esempio, una canzone del mitico Vasco: fra la voce roca (nondimeno melodica) e il gergale di certe espressioni giungereste forse a mettere in dubbio le conoscenze duramente acquisite! In realtà, abbisognereste dell’ausilio di alcuni efficaci sottotitoli per apprezzare appieno ciò che, semplicemente, non può essere colto, ovvero le belle sfumature di poesie cantate. Lo stesso vale per i videogiochi in lingua originale, laddove i dialoghi di avatar e NPC non sempre si rivelano di facile comprensione, pure possedendo una conoscenza della lingua inglese superiore a quella scolastica fornita “di default”, rendendo, di fatto, indispensabile la presenza dei sottotitoli.
Questa condizione si rivela vera quando il parlato risulta contaminato da macchinari in azione, rumore statico di fondo, voci di passaggio, o riverberi EAX, se non addirittura composto da poche sillabe intelligibili in un contesto alieno, da una sovrapposizione di diversi campioni sonori (avete presente i deliri di The Many in SS2?) o dall’ansimare incomprensibile di un personaggio robotico, vetusto o moribondo. Come non citare, poi, quei fastidiosi e posticci accenti spesso intercalati nel contesto di alcuni GDR dal party misto? Qualcuno ha menzionato lo pseudo-francese di Leliana in Dragon Age: Origins? I Brividi!
i sottotitoli riportano immediatamente l’attenzione sulla realtà ludica dell’esperienza
In ogni caso, con le presenti considerazioni, va a chiudersi la mia personalissima triade di editoriali mirata a dissertare di quegli elementi a schermo che rischiano di contaminare la visuale del giocatore. Rispetto a HUD e segni vitali, i sottotitoli sono forse la componente che incide maggiormente dacché, sospesi “a mezz’aria”, stonano decisamente nel contesto e riportano immediatamente l’attenzione sulla realtà ludica dell’esperienza; soprattutto distolgono dalla mimica facciale, oggi particolarmente curata. Nondimeno, per quanto detto, subtitles always on. E certo sarebbero tornati comodi per interpretare l’astiosa SHODAN, il cui mutevole timbro mi ha costretto, in più di un’occasione, a riascoltare quanto sproloquiato o a consultare il log delle registrazioni.