È da qualche giorno che sta girando un video buffo sul web – che poi in realtà risale all’estate, ma si sa, la viralità è un po’ come il Natale, quando arriva arriva (cit.) – in cui lo youtuber dall’identità segreta VirtuallyVain si diverte a impersonare un apparentemente innocuo giocatore dall’accento africano sui server di Black Ops. La cosa causa immediatamente ilarità diffusa nei simpatici bimbetti subito pronti a trollarlo felicemente per il suo modo di parlare, almeno finché il personaggio interpretato dallo youtuber non rivela di essere un narcotrafficante e comincia a sciorinare minacce nei confronti degli altri utenti, chiamandoli per nome e cognome e dimostrando di conoscere troppi dettagli delle loro vite, come indirizzi e numeri di telefono, il tutto condito da un sempre efficace pizzico di voodoo. D’altronde, se un kingpin dall’accento esotico vi punta, ve la sentireste ancora di prenderlo in giro?
La reazione degli altri utenti è esilarante, soprattutto per noi che sappiamo si tratti di uno scherzo, ma è chiaro (e comprensibile) che il panico generato dalle minacce di VirtuallyVain è del tutto genuino. L’idea che qualcuno abbia in mano una serie di informazioni che riteniamo inaccessibili e le usi per minacciarci è inaccettabile, oltre che un’invasione del nostro spazio intimo, per quanto virtuale. Ecco, proprio questo dettaglio apre una voragine su diverse questioni di responsabilità su cui poter/dover riflettere.
La prima, che non affronterò in questa sede riguarda l’uso irresponsabile che, spesso, facciamo dei nostri dati online (io in primis, che tendenzialmente sono del partito dello “sticazzi, lascio pubblico”). In questo articolo, infatti, VirtuallyVain spiega di recuperare i dati delle vittime dei suoi scherzi in maniera perfettamente legale, e di avere un’etica a riguardo, nella misura in cui dopo aver dato una lezione ai giocatori sgomenti li contatta per spiegare di come si trattasse solo di uno scherzo. In questo editoriale, però, vorrei concentrarmi su un altro tipo di responsabilità: quello che mi colpisce delle reazioni delle vittime dello scherzo è il momento di rottura, ovvero l’istante in cui crolla pubblicamente l’anonimato in chat vocale.
Bisognerebbe iniziare a considerare l’ambiente sociale di un server di gioco come un posto non franco dagli obblighi del vivere civile
Il problema sta alla base: manca l'educazione, e manca in maniera drammatica. Per questo, esattamente come per le crociate - quelle vere, temo che non ci siano speranze di vittoria. Anzi.