Nelle ultime settimane ho recuperato Breaking Bad in una forma più continua e completa, per vederlo finalmente con la mia compagna e godermelo senza i buchi di stagioni che, per una ragione o per l’altra, hanno interessato la prima fruizione. In realtà volevo impostare questo pezzo come un’ode alla sostanza stessa di Breaking Bad, ma alla fine i miei pensieri non riguardano esclusivamente la storia di Walter White, almeno non nei termini di una celebrazione oltremodo tardiva.
Fino a qualche anno fa, solo i videogiochi e i libri erano in grado di farmi fare le 6 del mattino
IL PROSSIMO EPISODIO INIZIERÀ FRA 10, 9, 8…
La sinergia tra il ritmo di un serial come Breaking Bad, i continui twist finali e la struttura di una piattaforma come Netflix può risultare persino catastrofica per una mente debole come la mia, portata alla dipendenza persino dalla maionese.
È pur vero, però, che non voglio farmi togliere tutto il tempo per leggere: nutrirsi di romanzi significa mettere in moto il processare grafico e la memoria fissa che abbiamo nella testa, creando da soli i nostri “modelli” di personaggi, luoghi e situazioni del narrato. Nessun serial, videogioco o film potrà mai avere questo potere, anche se in tutti i casi hanno la non trascurabile facoltà di rappresentare in forma visiva e sonora il “sogno” di qualcun altro.
Allargando il discorso ad altre piattaforme e saghe televisive, l’ulteriore recupero eccellente di The Man in The High Castle (Amazon) mi ha restituito una riflessione molto simile, accanto all’ammirazione per un’impresa così’ filologicamente difficile. Il serial ispirato all’omonima opera di P. K. Dick è parecchio libero nell’approcciare i particolari del libro, ma allo stesso tempo aggiunge il fattore dell’estensione narrativa ai punti di contatto con l’opera originale; dà modo agli autori di esplorare i personaggi e le vicende con una profondità paragonabile, e talvolta riesce persino a riportare il filo del racconto sul romanzo quando ormai sembrava perso. Al cinema si è visto qualcosa del genere in A Scanner Darkly, nella sintesi difficile e ancora più meritoria di Richard Linklater, ma un serial “d’autore” può fare la stessa cosa senza omettere i dettagli.
Serial come Breaking Bad, The Man in The High Castle o anche Strange Things sembrano l’esatto contrario di quanto visto in Lost
Ognuno a modo suo, serial come Breaking Bad, The Man in The High Castle, Westworld o anche Stranger Things sembrano l’esatto contrario di quanto visto in Lost, nel senso che il progetto narrativo è ben chiaro fin dall’inizio – persino nel pazzesco disegno imbastito da Nolan – e diventa un processo di “cumulazione creativa” solo in alcuni e comprensibili casi (come l’episodio “La Mosca” nella saga di Walter White, concepito per temporeggiare sui problemi di budget). È vero che l’improvvisazione e la libera speculazione sono prerogative dei maestri, come ha dimostrato anche il sommo David Lynch, ma in mancanza degli stessi è molto più proficuo affidarsi a una storia degna del suo nome, meglio se hai a disposizione 10 o 15 ore per narrarla. Magari ti dimostri un genio lo stesso, come nel caso di Breaking Bad.