Lo Chiamavano Jeeg Robot - Recensione


Enzo Ceccotti è un delinquente di Tor Bella Monaca, solo, senza amici e sbarca il lunario con qualche furto quotidiano. Durante una fuga dalla polizia si tuffa nel Tevere e viene a contatto con una sostanza misteriosa: tornerà a casa barcollante e in fin di vita, ma la mattina successiva scoprirà di aver acquisito una forza sovrumana. Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2015, l’entusiasmo già serpeggiava tra il pubblico che aveva avuto modo di vedere il lungometraggio. Lo Chiamavano Jeeg Robot, il film di Gabriele Mainetti, arriva finalmente nelle sale italiane, dopo una campagna pubblicitaria azzeccata, anche grazie ad una serie di merchandising a tema dove spicca una sequel a fumetti, partorito dalla penna del celebre fumettista Roberto Recchioni.

Lo chiamavano Jeeg Robot, a dispetto di qualche detrattore prevenuto sulla qualità del cinema italiano, è un miracolo, una macchina di intrattenimento puro al servizio dello spettatore, un matrimonio di generi, situazioni, tecnica, interpretazione e contestualizzazione. Siamo senza ombra di dubbio di fronte al miglior prodotto di intrattenimento italiano degli ultimi 20 anni.

lo chiamavano jeeg robot

Un film dai forti richiami derivativi, ma con una forza inarrestabile

Gabriele Mainetti sapeva fin dall’inizio che la sfida sarebbe stata difficile: creare il primo superhero movie italiano significa affrontare un genere che mai è decollato qui da noi, col rischio altissimo di sfociare nel ridicolo. Così, con uno sguardo oltre oceano, Mainetti ruba al Cavaliere Oscuro di Nolan e allo Spider-Man di Raimi (con una strizzatina al gioiello Chronicle di Josh Trank), mescola tutti questi elementi portandoli nei borghi romani e ne tira fuori un film dai forti richiami derivativi, ma con una forza inarrestabile che riesce a donare all’opera una personalità ben definita. Come un abile prestigiatore, Mainetti spinge al massimo sull’acceleratore dell’empatia, così da distogliere lo sguardo dai piccoli difetti (presenti ma trascurabili) e incollare lo spettatore alla poltrona.

Lo Chiamavano Jeeg Robot ragiona sulla figura dell’eroe più di quanto riescano a fare ultimamente i film della Marvel. Enzo Ceccotti non ha nessuna voglia di salvare tutti e preferisce usare i suoi poteri per rapinare e rubare Bancomat. Un eroe si costruisce sulla base delle azioni della nemesi, qui incarnata nelle fattezze di Fabio Cannizzaro, detto “Lo Zingaro”. Gli applausi sono tutti per lui, un Luca Marinelli in stato di grazia che si muove sullo schermo quasi danzando: il suo personaggio è un mix micidiale di cattiveria, sadismo e anarchia, un Joker che sfrutta diversi attacchi terroristici nella Capitale per prendersi la sua fetta (di pubblico) nel mondo criminale. L’incontro/scontro tra i due metterà Enzo nella posizione di evolversi ed essere il giustiziere di cui la città ha bisogno. Nella Roma dipinta da Mainetti tutti credono che Enzo sia un eroe: tuttavia, finché non avrà una consapevolezza pura delle proprie azioni e dei propri poteri, agli occhi di se stesso rimarrà un delinquente al pari dello Zingaro. Immedesimarsi nelle avventure televisive di Jeeg Robot d’Acciaio sarà l’unico modo per prendere coscienza della sua seconda vita e della possibilità di redenzione a un’esistenza passata a essere nessuno.

VOTO 8.5

lo chiamavano jeeg robotGenere: fantascienza, azione, commedia, drammatico
Publisher: Lucky Red
Regia: Gabriele Mainetti
Colonna sonora: Gabriele Mainetti, Michele Braga
Interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli
Durata: 118 min

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  1. 1.
    Visto al cinema proprio ieri con la mia compagna. Una bomba! Peccato che in sala eravamo veramente quattro gatti, meriterebbe molto di più.
    2.
    L'ho visto anch'io al cinema ieri e confermo che in sala eravamo veramente pochi. Tuttavia non condivido il giudizio positivo: sicuramente il film è un ventata d'aria nuova nel panorama italiano ma nonostante ciò ho faticato a digerire alcune cose come il personaggio di Alessia e il suo rapporto con Enzo, al limite dell'abuso. Paradossalmente quello che doveva essere uno dei punti centrali del film (la loro relazione) è proprio l'aspetto più debole, insieme alla descrizione eccessivamente stereotipata del personaggio dello Zingaro. Per me un 6,5/10, volendo premiare il coraggio.

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