È indubbiamente vero che la cultura dell’hype si sia trasformata in qualcosa di eccessivo, a volte tossico, ma così com’è altrettanto giusto che un gioco esiste davvero soltanto quanto esce, sarebbe inumano evitare ogni genere di aspettativa. A volte però, succede che ci si può innamorare, perché è comunque lecito incontrare un trailer, un articolo, o anche semplicemente un annuncio che sembra prefigurare esattamente ciò che desideriamo; da lì in poi siamo pronti ad aspettarlo, sperando che desideri e realtà possano combaciare una volta che riusciamo finalmente a giocarci. È inevitabile, succede, perché, un po’ come l’amore vero e proprio, non si può evitare e neanche spiegarlo. Volgarmente potremmo chiamarlo scimmia, ma a volte è proprio un sincero desiderio quasi fanciullesco, di quelli che ti immagini lì che lo stai installando gongolante e già ti prefiguri la prima nottata insieme.
https://www.youtube.com/watch?v=ceJcHUoO734
Prima l’amore era figlio di un tempo in cui ogni informazione su un gioco era rara e preziosa
Così è stata la storia di tutti noi (con qualche variazione), e immagino che pure per i videogiochi si possono raccontare storie di innamoramenti precoci felici o meno: vi ho già raccontato dei mesi di venerazione per Grand Prix 2 culminati in quell’estate in cui l’unica lettura possibile era il suo manuale di istruzioni, ma potrei raccontare di percorsi analoghi con LiberoGrande, Final Fantasy VIII e IX, ogni episodio di WipEout dopo il 2097. Preferisco rimembrare però una grande delusione, di quelle che ancora non ho mentalizzato del tutto: Elveon, action RPG con grandissima attenzione riservata al combat system, annunciato nel 2008 per PC, Xbox 360 e PS3, sviluppato dagli slovacchi 10tacle Studios e cancellato dopo alterne vicende (era stato anche riannunciato nel 2015, dopo che Climax ne ha acquisito i diritti, ma mi sa che è morto male di nuovo). Ricordo benissimo l’anteprima su TGM e, sbam, l’amore per quegli elfi cattivi e arroganti che si mazzulavano. E niente, è una di quelle breve storie tristi che vanno tanto di moda.
Oggi, per me, l’amore è figlio di fiducia e speranza
Nel mio piccolo, oggi le cause principali di sentimentalismo d’attesa, inevitabilmente frutto anche della comunicazione dei singoli prodotti, sono relative alla fiducia e alla speranza. La prima è nei confronti dei singoli studi di sviluppo; la seconda, figlia evidentemente del sapere chi ci sia alle spalle del progetto, è credere di poter essere sorpreso. Paradossalmente, nel momento in cui posso sapere tanto, troppo, tutto di un titolo prima di provarlo, inizia a diventare molto più importante che le mie aspettative, in un certo senso, siano disattese (in maniera positiva, chiaramente). È una forma d’amore forse più matura, o forse solo semplicemente figlia del tempo, e che dunque funziona nello stesso modo di prima, ma si concentra su quella piccola porzione di ignoto che speri che alcuni titoli possano custodire. Ribadisco, forse si tratta semplicemente di un cambio di prospettiva dovuto anche alla posizione che occupo, ma sono convinto che ognuno di noi ha i suoi colpi di fulmine, e pur senza trascendere nella scimmia obnubilante, secondo me è giusto e sano provare quei brividi. Volete sapere al momento il mio cuore da chi è occupato? Due titoli, in particolare: In the Valley of Gods di Campo Santo e Heaven’s Vault di Inkle. Due giochi diversi, entrambi accomunati dal senso di scoperta. D’altronde, cos’è l’amore se non un’avventura alla cieca?