Uno degli aspetti più interessanti del nostro lavoro è rapportarsi con prodotti controversi. Alla fine sono quelli più difficili da valutare che ti restano nel cuore, nonostante i flame che si portano dietro su forum e social, perché in linea di massima smontano quella strana teoria per cui una recensione debba avere l’oggettività assoluta come dogma portante. È chiaro che alcuni problemi debbano essere sottolineati, ed è chiaro che dal punto di vista tecnico ci sono problemi oggettivi che non devono e non possono essere taciuti; tuttavia, a conti fatti l’esistenza di prodotti controversi dal punto di vista dell’esperienza dimostrano un dato inequivocabile: un videogioco è il frutto di una visione (artistica, di game design, di concetto, ma pur sempre una visione) che richiede una determinata sensibilità per essere letto, giocato, esperito e percepito.
Visione e sensibilità possono mancarsi, essere incompatibili, semplicemente non dialogare e non produrre incanto. Questo dato, che per alcuni è frutto di chissà quali marchingegni messianici o dell’immancabile dialettica onestà/disonestà, in realtà andrebbe letto in maniera critica, perché non è nel giudizio che una recensione si compie, ma nei dettagli ottusi che a volte sfuggono anche allo stesso autore di un pezzo. Se c’è stata una frizione tra intenzione e percezione molto semplicemente vuol dire che il gioco in questione non è per tutti, non è facilmente leggibile o semplicemente richiede una sensibilità particolare per essere letto. Non c’è nulla di male in questo: non si tratta di un difetto, ma della naturale evoluzione di un medium che prova, in alcuni casi, a raffinare la sua offerta per raggiungere determinati risultati. A volte si porta con sé enormi problemi tecnici, soluzioni magari farraginose, a volte sacrifica l’esecuzione sull’altare di un messaggio, ed è anche giusto così. Il bello di raccontare la propria esperienza in modo critico è proprio riuscire a mettere insieme i diversi elementi per inseguire il senso delle cose: il nostro lavoro impone il concetto di giudizio perché parte della funzione della stampa specializzata è tutelare l’interesse di chi vuole investire soldi in un prodotto, ed è chiaro che si tratta di un aspetto che merita la massima attenzione e responsabilità, ma è altrettanto vero che lo strumento critico, per arrivare al giudizio, permette di andare a caccia del perché delle cose, e provare a darsi delle risposte.
Evidenziare le criticità non vuol dire schierarsi, e non vuol dire neanche essere censori del divertimento