We choose to go to Andromeda

We choose to go to Andromeda Editoriale 01Prima di stilare queste righe, ho visionato nuovamente il discorso “We choose to go to the moon” pronunciato da J.F. Kennedy nel 1962 e, ancora una volta, mi perdonino gli estimatori, mi è parso un concentrato di luoghi comuni e celodursimo, una filza di iperboli mirata ad affermare che gli americani lo avrebbero fatto meglio e prima dei russi. Come risultato di cotanta retorica, una “lattina di Coca-Cola” è stata sparata lassù oltre il cielo: tre coraggiosi astronauti hanno viaggiato – aridamente là – dove nessun uomo era mai giunto prima, hanno piantato una bandiera a stelle e strisce e scompigliato la polvere del suolo lunare.

Quel “piccolo passo” ha fatto palpitare il cuore della generazione precedente a quella del sottoscritto, ma – ahimè – è rimasto anche un passo isolato, quasi una téma dell’ignoto si fosse impadronita della nostra vis esplorativa. Certo, abbiamo lanciato alcune sonde nello spazio (che, recentemente, ci hanno mostrato il volto di Plutone), insediato una stazione orbitante sopra Terra, curiosato nei cieli col potentissimo Hubble, e abbiamo inviato a zonzo per il freddo siderale l’ormai vetusto Shuttle, un mezzo che sembra uscito direttamente da un film di James Bond (e non viceversa), Moonraker. Nondimeno, in termini di esplorazione spaziale con equipaggi umani siamo fermi, ancora, a quel magico 1969. Tutto questo per dire che conosciamo, effettivamente, nulla dello spazio che ci circonda, ancor meno sappiamo cosa – in termini di specie, strutture ed ecosistemi – ci aspetti là fuori.

We choose to go to Andromeda Editoriale 03

dello spazio che ci circonda conosciamo, effettivamente, nulla

Nonostante ciò, Mass Effect: Andromeda si spinge presuntuosamente e pretestuosamente (vedremo dopo perché) in un’altra galassia, per illustrare quello che in definitiva già conosciamo. Fra quanto mostrato fino ad oggi del nuovo gioco di BioWare, infatti, non ho scorto alcunché di innovativo: continua la tradizione di modellare le forme aliene sugli animali già noti, e dunque – così come le Asari richiamano i delfini, i Turian dei predatori alati e i Krogan delle tartarughe – avremo gli Angara, dall’aspetto leonino, e altre forme di vita – fra i mostri – che si rapportano ai quadrupedi del nostro pianeta; abbiamo visto ecosistemi di funghi (come in Morrowind), strutture modulari (non nuove alla fantascienza), e ancora armi a proiettili, al plasma e laser (niente di eclatante), e poi laghi, montagne, valli, mezzi spaziali o terrestri che sono solo un’evoluzione di quanto sperimentato nella trilogia originale.

Eppure, in un’epopea che “ha scelto di andare su Andromeda” mi aspetto di venire stupito, di scorgere qualcosa di alieno, di mai visto da umani occhi, come i Bastioni di Orione, per esempio. Il mio discorso, forse, potrebbe apparirvi un rant dell’inutile, e neppure vorrei darvi l’impressione ch’io non abbia apprezzato la saga di Mass Effect (al netto di un finale, a mio giudizio, particolarmente orrendo), perché a ben vedere, ai fini del divertimento, conteranno il monte ore, il gameplay marcatamente shooter, le romance e il vastissimo open world messo a disposizione del giocatore. In definitiva, quel che temo di più è che ancora una volta l’epica intessuta da BioWare si riveli un pretesto per indugiare su concetti e dilemmi prettamente e meschinamente umani – fra intrighi, politica e razzismo – e che lo Spazio, come nei titoli passati, scivoli in secondo piano, per lasciare spazio (pun intended) al derrière di un companion o a generosissimi décolleté blu. E per tutto questo, era proprio necessario scomodare un’altra galassia?

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